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Il SARS-COV2, l’uomo e l’ambiente: riflessioni sulla pandemia COVID-19


di Bruno Masino

In queste settimane tutti, ma proprio tutti, abbiamo discusso di COVID-19, del virus che ne è il responsabile, delle modalità di trasmissione, dei sintomi, delle complicanze e della mortalità, delle misure di prevenzione, dei vaccini, delle terapie, delle ripercussioni economiche, delle nostre libertà.

Tutti, ma proprio tutti, siamo diventati come d’incanto esperti di microbiologia, malattie infettive, pneumologia, terapia intensiva, epidemiologia, sicurezza, economia.

Tutti, chi più e chi meno, ci siamo sentiti letteralmente assorbiti da questa pandemia che ci ha scosso fortemente minando le nostre certezze, le nostre convinzioni ed i modi di agire e di socializzare.

Tutti, forse, abbiamo percepito sensazioni mai vissute prima, che nel mondo che procede spedito ed immerso nel terzo millennio d.C., mai pensavamo di provare perché accattivati e presi da tecnologia, globalizzazione, sviluppo, finanza, industrializzazione, profitto, ecc. .

Ci siamo poi ritrovati a dover fare i conti con le paure. Prima fra tutte la paura di poter essere infettati da un virus che, per avere un’idea delle sue dimensioni, è un microrganismo che misura un decimo di micron, vale a dire un decimillesimo di millimetro, cosa impercettibile ed inapprezzabile visivamente e fisicamente. E pure è in grado di infettarci, di farci ammalare ed ahimè, di ucciderci. Ma anche di mettere in crisi i sistemi produttivi, economici, politici, formativi, dei servizi, ecc. .

Non è neppure sfuggito un sistema sanitario mondiale orientato, giustamente, alle grandi tematiche della modernità ma che, purtroppo e forse dimenticandosene, non si è mostrato preparato ad una tale evenienza. Ci siamo ritrovati così a fare i conti con la limitatezza delle nostre conoscenze ed a percepire tutte le nostre debolezze ed incertezze. Ma, ricorrendo ad una frase fatta, non tutti i mali vengono per nuocere. Anche se avremmo preferito che questo male non ci avesse interessato.

Abbiamo così riscoperto tante cose. Ad iniziare dalla famiglia quale nucleo fondamentale del nostro vivere, abbiamo ascoltato di più i nostri figli che avevamo trascurato perché presi dal vortice frenetico del lavoro e degli impegni vari. Abbiamo riscoperto piccole cose considerate banali ma che in queste settimane, invece, sono vorticosamente salite a ranghi di vitale importanza. Insomma, una sorta di salvagente nel mare della pandemia e delle sue ricadute sulla nostra società.

E, tra le tante cose materiali ed immateriali, più o meno prossime a noi, abbiamo anche riscoperto l’aria. Si, abbiamo riscoperto, pur essendo costretti al chiuso delle nostre abitazioni, questo elemento fisico in cui siamo immersi e da cui traiamo l’elemento indispensabile alla vita. Abbiamo letto sulle riviste specializzate che le condizioni dell’aria sono migliorate. Sono bastate poche settimane perché il carico di inquinanti, come brillantemente dimostrato da immagini satellitari, si fosse notevolmente ridotto rendendo l’aria più salubre o, forse più correttamente, meno insalubre. Potenza del nuovo Coronavirus! È riuscito in poche settimane a fare quanto non sono riusciti a fare anni di trattati, conferenze sul clima, iniziative di ogni genere che hanno miseramente fallito perché i governanti dei diversi Paesi hanno anteposto sempre altri interessi a quello della reale salvaguardia ambientale, sempre e solo annunciata ma mai veramente perseguita. Senza lungimiranza perché accecati dall’oggi e dagli interessi ad esso legati, e non sapendo cogliere il valore strategico per il mondo di oggi e del mondo futuro, ma anche per il futuro del mondo, che avrebbero bisogno di una vera e seria politica a favore dell’ambiente.

    L’emergenza mondiale del coronavirus ha un effetto positivo: meno inquinamento!

 

Ora, senza voler andare oltre nel discutere della complessità di un tema come quello ambientale che è di una enorme e volendo, per così dire, restare alla pandemia, mi preme evidenziare come alcuni studi abbiano posto l’attenzione sulle relazioni tra danni all’ambiente e diffusione di microrganismi, vecchi e nuovi. Se abbiamo un poco di memoria, ricorderemo come il virus dell’HIV, i virus della SARS e della MERS, il virus della pandemia H1N1 e quello responsabile dell’Ebola, siano tutti originati negli animali, dai pipistrelli alle scimmie. E, come oramai tristemente noto, anche il virus SARS-COV2 ha avuto origine da animali. Ora, che vi siano batteri, virus, protozoi, ecc. che possano infettare gli animali e da questi trasmettersi all’uomo, è ben noto da tantissimo tempo. Pensiamo, come esempi emblematici, a malattie infettive quali la brucellosi, le salmonellosi, la rabbia, solo per citarne alcune. Le infezioni dovute a questi microrganismi e le malattie da esse derivate sono classificate con il termine onnicomprensivo di zoonosi.

Ritornando alle correlazioni tra le nuove zoonosi e l’ambiente, affascinante appare però l’ipotesi, che a mio avviso è più di un’ipotesi, che la sempre più diffusa antropizzazione, e con essa la sempre maggiore sottrazione a molte specie animali di habitat naturale stravolgendone anche la biodiversità naturalistica, porterebbe con sempre maggiore frequenza all’instaurarsi di rapporti più stretti tra uomo e animali in una sorta di competizione vitale. Ne deriva che questa commistione può favorire, come ampiamente dimostrato, la trasmissione di microrganismi dagli animali all’uomo.

E questa evenienza, se ci si fa caso, riguarda in particolare i virus i quali, essendo microrganismi meno complessi rispetto ai batteri, sono dotati di maggiori capacità di adattarsi alle diverse condizioni ambientali ed a ospiti diversi, ed anche con maggiore rapidità. In tal modo mutano le loro proprietà come l’infettività, la patogenicità e le proprietà antigeniche in una sorta di lotta filogenetica orientata alla sopravvivenza. Ed è soprattutto la variabilità delle proprietà antigeniche che può permettere ad essi di sottrarsi alla risposta di un sistema immunitario che, avendo acquisito dopo l’infezione o a seguito di vaccinazione la competenza immunologica specifica verso una determinata configurazione antigenica, non risulta essere in grado di proteggerci nei confronti di virus mutati. In futuro, temo, si assisterà sempre più a questa lotta tra animali ed esseri umani da un lato, e patogeni dall’altro.

Essendo, inoltre, i virus microrganismi subcellulari per i quali gli organismi filogeneticamente sovraordinati come gli animali e l’uomo sono indispensabili per poter loro assicurare, per così dire, la sopravvivenza nel tempo, tutte le situazioni che favoriscono la penetrazione antropica negli ecosistemi naturali saranno loro ben gradite, e non solo.

Cosa si può fare allora?

Si può sicuramente intervenire seriamente con politiche ambientali adeguate. Queste devono essere intese prima di tutto come opzione necessaria e non più emendabile per salvare il nostro pianeta e con ciò incidere positivamente su di esso assicurando un ambiente meno insalubre e perciò più vivibile, riducendo nel contempo i molteplici e ben noti fattori di rischio sanitario. Allo stesso tempo però, si potrà incidere positivamente sul futuro dei rapporti e della competizione biologica tra uomo e parassiti. Tenendo a mente che in futuro si potranno altre pandemie e non è detto che saranno meno aggressive!

 

 

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