Salute

Economie e strategie di guerra per combattere la pandemia da coronavirus


Scrivo questa nota, per sostenere quanto affermato dal Prof Filippo Anelli Presidente del FNOMCEO circa gli errori commessi nel contrastare questa pandemia.Non si combatte solo negli ospedali(solo le complicanze gravi) ma sul territorio con uomini, mezzi adeguati e supporti tecnologici efficienti.

Anticamente le malattie che colpivano la umanità, e specie la peste ma anche il colera,si manifestavano per lo più con sintomi spesso eclatanti, per cui  coloro che prestavano assistenza potevano essere preparati a svolgere questo compito anche se al tempo  non esistevano maschere, camici e disinfettanti e gli ospedali quasi inesistenti.

La storia ci ricorda  che i monatti svolgevano questo compito, aiutati da persone che avevano superato la malattia e quindi protetti dalla natura.

Già con la SPAGNOLA del 1918 abbiamo iniziato a combattere malattie subdole che non facilmente venivano identificate, diagnosticate e curate con circospezione, dato l’alto contagio non sempre evitabile.Dopo di allora ci sono state altre epidemie di modeste entità, determinate da virus dei quali con molta difficoltà si identificava la provenienza e quindi si era impotenti a premunirsi contro il contagio.

Tutto questo si è ripetuto con il CORONAVIRUS,che si diffonde silente, alcune volte asintomatico, per cui viene trasmesso e nel soggetto molto ricettivo manifesta i sintomi con evidenza.

Certamente la esecuzione del test per accertare la sua presenza(con tempi lunghi ora provvidenzialmente ridotti)  è indispensabile ma spesso non viene eseguito in pazienti completamente asintomatici.Questo è un problema.

Una epidemia di questa portata non si combatte, come scrive il Presidente: solo con l’ospedale motore centrale, ma sul territorio con identificazione dei casi, con test affidabili e rapidi,la sorveglianza e la cura dei casi positivi sintomatici,la sorveglianza con la tracciabilità dei contatti, il monitoraggio e l’isolamento…

Sulla base di quanto stiamo vivendo, uomini di scienza dovrebbero mettere a punto e codificare una strategia sanitaria assistenziale, che dovrebbe nei dettagli stabilire come ci si deve comportare in questi casi. Squadre di personale esperto su come muoversi sul territorio ben protetti da eventuali contagi,   diagnosticare rapidamente i sintomi, iniziare sul posto le cure in caso di bisogno e ricoverare in zone protette quelli che già manifestano sintomi curabili solo in ospedale. Bisognerà cambiare la mentalità per queste circostanze di recarsi in ospedale, altrimenti la presenza di un contagiato potrebbe causare la chiusura del pronto soccorso e dello stesso ospedale, come è capitato.

E’ necessario un patient engagement,un coinvolgimemto attivo del cittadino, dal  momento che essendo il soggetto attivo nella trasmissione del virus interrompa questa catena.Se si limita al massimo la vicinanza di persone ,il virus, non avendo soggetti a cui trasmettersi in modo attivo, scompare ma non definitivamente, dal momento che molti virus che provocano malattie solo negli animali possono mutare e diventare patogeni anche per l’uomo.

Sono poi inaccettabili le pubblicità televisive nella quali si vedono persone ed anche bambini baciare animali e mi fermo a questo punto, perchè altrimenti potrei essere tacciato come anti-animalista. Bisogna amare gli animali ma devono restare sempre animali.

Antonio Molfese

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