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Primo trimestre 2020: impatto dell’epidemia sulla mortalità totale della popolazione residente


di Bruno Masino

In data 4 maggio 2020 è stato pubblicato da ISTAT e ISS il rapporto congiunto dal titolo “IMPATTO DELL’EPIDEMIA COVID-19 SULLA MORTALITÀ TOTALE DELLA POPOLAZIONE RESIDENTE PRIMO TRIMESTRE 2020”.

Il rapporto fa una disamina dell’andamento della mortalità nel corso del primo trimestre dell’anno in corso a confronto con l’analogo periodo delle annualità precedenti. Naturalmente, essendo riferito al solo primo trimestre, in quanto solo i dati ad esso riferiti sono già consolidati, non è esaustivo di tutto il tributo di vite che sino ad oggi il nostro Paese ha pagato all’epidemia COVID-19.

Il rapporto si prefigge la finalità di descrivere, in maniera integrata, i dati di diffusione dell’infezione da virus SARS-COV-2 e quelli relativi alla mortalità totale, cioè per tutte le cause, opportunamente validati da un punto di vista statistico-epidemiologico. I dati sono stati rappresentati per ambito provinciale e per aggregazioni di provincie, oltre che per ambiti amministrativi (regioni). Essi fanno riferimento a 6.866 comuni, pari all’87% di tutti i comuni italiani ed all’86% della popolazione residente permettendo di valutare l’impatto della COVID-19 sulla mortalità complessiva nel primo periodo di diffusione dell’infezione (sostanzialmente il mese di marzo).

Tralasciando la metodologia statistico-epidemiologica utilizzata e tutte le variabili prese in considerazione, passiamo ad illustrare in maniera sintetica i principali risultati emersi.

Come tutti ricorderemo il primo caso di COVID-19 fu registrato in Lombardia il 20 febbraio u.s. con un andamento geografico che ha visto interessare in misura decisamente maggiore le regioni del nord rispetto a quelle del centro e del sud. Il 52,7% dei casi di infezione registrati, pari a 104.861, riguarda il sesso femminile, mentre l’età mediana è di 62 anni (range 0-100). Nelle fasce di età 0-9 anni, 60-69 e 70-79 anni si osserva un numero maggiore di casi di sesso maschile, mentre nella fascia di età  >90 anni, il numero di soggetti di sesso femminile è più del triplo rispetto a quello di soggetti di sesso maschile ed è dovuto, probabilmente, alla prevalenza di donne in questa fascia di età.

La letalità che è data dal numero dei decessi per una data malattia a confronto con tutti i soggetti affetti da quella malattia, è più elevata nei soggetti di sesso maschile in tutte le fasce di età, ad eccezione della fascia 0-19 anni. Interessante l’aspetto legato alle co-morbidità. Nel 34,7% dei casi riportati si segnala almeno una co-morbidità tra patologie cardiovascolari, patologie respiratorie, diabete, deficit immunitari, patologie metaboliche, patologie oncologiche, obesità, patologie renali o altre patologie croniche. L’indagine analizza 13.710 decessi di persone con COVID-19 registrati al 31 di marzo rispetto al totale pari a 14. 324, pari al 96%. Il dato che emerge in modo evidente è che nel mese di marzo si registra un incremento medio nazionale del 49,4% dei decessi. Il confronto fatto con il dato di mortalità complessiva dal 20 febbraio al 31 marzo, considerata la media registrata nello stesso periodo degli anni dal 2015 al 2019, registra un incremento da 65.592 a 90.946 decessi. Questo eccesso è pari a 25.354, ben 13.710 di essi, pari al 54% del totale, riguarda soggetti con diagnosi di COVID-19. I comuni del nord sono quelli dove si registra il maggior eccesso di mortalità sono 3.271 e le province sono 37, comprendendo anche quella di Pesaro ed Urbino.

Nell’insieme di queste province, i decessi per il complesso delle cause sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo. Se si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, i decessi sono passati da 26.218 a 49.351 (+ 23.133 ); poco più della metà di questo aumento (52%) è costituita dai morti riportati al Sistema di Sorveglianza Integrata Covid-19 (12.156). Le province più colpite dall’epidemia hanno pagato un prezzo altissimo in vite umane, con incrementi percentuali dei decessi nel mese di marzo 2020, rispetto al marzo 2015-2019, a tre cifre: Bergamo (568%), Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).

Se si considerano i comuni dove si è registrata una diffusione media dell’epidemia (1.778 comuni e 35 province prevalentemente del Centro-Nord), si rileva un incremento dei decessi per il complesso delle cause nel periodo 20 febbraio-31 marzo più contenuto, da 17.317 a 19.743 (2.426 in più rispetto alla media 2015-2019). Il 47% è attribuibile ai morti risultati positivi al Covid-19 (1.151). Infine, nelle aree a bassa diffusione (1.817 comuni, 34 province per lo più del Centro e del Mezzogiorno) i decessi del mese di marzo 2020 sono mediamente inferiori dell’1,8% alla media del quinquennio precedente.

L’analisi statistico-epidemiologica dei due istituti, ISTAT e ISS, ha anche evidenziato come la mortalità diretta attribuita alla COVID-19 con diagnosi confermata è pari a 13.700 decessi. Interessante, inoltre, il dato relativo ad altri 11.600 decessi per i quali, con i dati attualmente a disposizione, si può ipotizzare che siano dovuti a tre possibili condizioni che sono: 1-una ulteriore mortalità da COVID-19 (pazienti ai quali non è stato eseguito il tampone), 2-una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di vari organi come il cuore, i reni, ecc. e dovute al virus che le scatena), 3-una quota di mortalità indiretta non dovuta al virus in quanto tale ma al sistema che non è stato in grado di affrontare adeguatamente la gestione dei pazienti (posti in terapia intensiva ad esempio) o al mancato accesso da parte dei pazienti alle strutture ospedaliere.

Infine, qualche riferimento all’andamento dei decessi per classi di età. L’analisi evidenzia come solo l’1% di essi ha riguardato soggetti con età <50 anni e la classe mediana di età al decesso è quella 80-84 anni (75-79 per gli uomini e 80-84 per le donne).

Naturalmente i dati relativi alla diffusione dell’epidemia ed alla mortalità, come più volte ribadito, sono riferiti al primo trimestre dell’anno in corso per cui è ragionevole pensare ad un ulteriore aggiornamento nella prossima estate per i dati relativi al secondo trimestre e, di conseguenza, al primo semestre. Con l’augurio che a quel momento l’epidemia sia un ricordo, spiacevole, ma un ricordo.

 

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