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Qualche chiarimento sull’immunità di gregge (Herd Immunity)


Abbiamo sentito parlare in questi giorni, anche con riferimento alla strategia scelta dal governo inglese, di immunità di gregge. Proviamo a spiegare in modo semplice di cosa si tratta.

Innanzi tutto chiariamo il concetto di immunità. Essa consiste nell’acquisizione, da parte del sistema immunitario dell’organismo, della capacità  di difendersi contro un qualsiasi antigene, vale a dire qualsiasi sostanza capace di stimolarlo a reagire. Le sostanze che si comportano come antigeni sono quelle che vengono riconosciute come not-self, cioè come estranee all’organismo. Si possono comportare così da antigeni, per esempio, i pollini, molti alimenti, polveri, sostanze chimiche varie, acari, ecc. Tutti questi, non in tutti i soggetti, possono stimolare il sistema immunitario che reagisce in modo abnorme. Questo è quanto si verifica nel caso delle allergie che in sostanza sono dovute ad una, per così dire, esagerata risposta immunitaria in questi soggetti c.d. ipersensibili.

In altri casi, una risposta esagerata del sistema immunitario può manifestarsi con malattie come ad esempio, l’artrite reumatoide, il LES o lupus eritematoso sistemico, alcune malattie croniche intestinali, ecc.. In questi casi il sistema immunitario non agisce contro una qualsiasi sostanza o un qualsiasi agente estranei all’organismo, ma verso i propri costituenti, aggredendoli e provocando queste malattie  le quali, per tale ragione, sono definite malattie autoimmuni. Ma il sistema immunitario ha anche un’importante ruolo nel riconoscere ed attaccare le cellule dell’organismo che presentano alterazioni, come nel caso di trasformazione tumorale.

Questa è la c.d. sorveglianza immunologica ed è proprio grazie ad essa che  vengono prontamente riconosciute ed aggredite le cellule che si trasformano. Non sempre questa azione, ahimè, è efficace, ed in tali casi si assiste allo sviluppo dei tumori. E veniamo alle difese contro i microrganismi patogeni. Un ulteriore modalità di intervento del sistema immunitario è quello di difenderci dall’aggressione, per così dire, degli agenti infettanti come batteri, virus, protozoi, prioni,  ecc. . Il principio che ne è alla base è quello  di riconoscere gli antigeni di questi agenti infettanti e attivare una risposta immunitaria per difendere l’organismo ospite.

Questi antigeni possono, ad esempio, essere componenti della parete dei batteri o proteine di superficie dei virus, come la oramai famosa proteina S o spike del SARS-COV2. L’intervento del sistema immunitario  può risultare fondamentale per contrastare l’infezione. In questi casi esso, venuto a contatto con gli antigeni dei microrganismi, una volta superata la malattia, acquisisce la c. d. memoria immunologica per cui quando si viene a contatto nuovamente con lo stesso agente infettante il sistema prontamente reagisce proteggendo l’organismo. Cioè si viene a determinare “un’immunizzazione naturale”. Una seconda modalità di immunizzazione è quella che si concretizza a seguito della somministrazione di un antigene o più antigeni appartenenti al microrganismo nei confronti del quale si vuole stimolare l’immunità. È quello che sostanzialmente accade con i vaccini la cui somministrazione, in tempi, con modalità, con frequenza e in sedi diversi, fa sviluppare l’immunità che, per le modalità proprie con cui si determina, è detta artificiale e ciò per distinguerla da quella naturale innanzi illustrata. Anche in tal modo, pertanto, l’organismo sviluppa la capacità di difendersi.

Oggi, proprio grazie alle vaccinazioni molte malattie infettive sono rare ed altre addirittura scomparse. Si pensi ad esempio al vaiolo che dal 1980 l’OMS ha dichiarato essere stato eradicato, proprio grazie alla vaccinazione di massa.

E veniamo al concetto di immunità di gregge.

Il termine indica un livello di immunità, inteso come numero di soggetti che si immunizzano tra i suscettibili ad un’infezione, necessario per ridurre al minimo o eliminare del tutto la circolazione dell’agente infettante nella popolazione.

Come si può realizzare?

A seguito di numerosi casi di infezione che interessino quasi tutta la popolazione (epidemia), oppure attraverso la vaccinazione di massa. È importante sottolineare che nel primo caso la diffusione dell’infezione è  frutto della casualità e comunque dipende, tra l’altro, dal mancato rispetto di regole preventive comportamentali, come nel caso della COVID19. Con il vaccino, invece, si attuano interventi mirati tendenti a raggiungere elevati livelli di copertura vaccinale e, quindi, di immunizzazione.

Il termine immunità di gregge, quindi, indica il raggiungimento nella popolazione di un sufficiente numero di soggetti immunizzati, che non necessariamente deve essere la totalità della popolazione, in modo da ridurre sensibilmente le possibilità di contagio, essendo parimenti  ridotta la probabilità delle “poche” persone non immunizzate di venire a contatto tra loro. In tal modo si evita  di perpetuare la circolazione dell’agente infettante. Questo valore, cioè la percentuale della popolazione che deve essere immunizzata per ottenere il risultato innanzi illustrato, varia a seconda del diverso agente infettante e dipende da vari fattori tra i quali, ad esempio, la modalità di diffusione.

In via di principio, per le infezioni a trasmissione aerea e, quindi, con elevata contagiosità,  i livelli efficaci di immunizzazione per ottenere l’effetto immunità di gregge, devono raggiungere almeno il 95%. Questo è l’obiettivo che si prefiggono le vaccinazioni contro malattie ad alta contagiosità come il morbillo.

Il virus SARS-COV2, per quanto non ben note tutte le sue caratteristiche, è sicuramente dotato di alta contagiosità trasmettendosi per via aerea, ed essendo un virus “nuovo” non vi sono soggetti già  immunizzati. Questo favorisce ulteriormente la sua circolazione nella popolazione essendo, ab initio, tutti suscettibili. Per ottenere l’immunità di gregge, anche in questo caso, sarebbe necessario che venisse infettata grandissima parte della popolazione ma con tutti i rischi connessi, essendo gravata, la malattia COVID19, da una frequenza di complicanze severe di circa il 20% ed una letalità di circa il 4%, secondo i dati attualmente disponibili ( 20/03/2020). Esse tra l’altro, interessano particolarmente i soggetti anziani e più deboli.

Nel caso del virus SARS-COV19, come noto, il vaccino attualmente non è ancora disponibile per quanto diversi vaccini, preparati contro l’antigene S, siano in fase di sperimentazione. Oggi le uniche strategie di prevenzione sono quelle messe  in campo basate sulle misure a tutti ben note. L’obiettivo è quello di diluire nel tempo i casi di infezione con minori effetti drammatici sulle strutture sanitarie già in grossa difficoltà al nord, e nello stesso tempo avere anche il tempo di poter disporre di farmaci e vaccini efficaci. È, in fondo, quello che tutti ci auguriamo.

 

Dott. Bruno Masino

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