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Villa d’Agri: Tartufi, un tesoro che la Basilicata non può ignorare


In Basilicata le aziende che producono e commercializzano il tartufo sono ancora poche, più consistente è invece il numero dei tartufai privati che riforniscono i grandi produttori. Purtroppo, ad oggi, nella nostra regione ancora non è presente un registro sui dati relativi al numero preciso di aziende, né sulla quantità di tartufi freschi raccolti annualmente. Una storia di successo arriva da Villa d’Agri, dove dal 2011, l’azienda «Lauria Tartufi» si occupa di acquisto e trasformazione del tartufo fresco lucano, e commercializza i suoi prodotti non solo in Italia ma anche in Europa. Dall’azienda hanno fatto sapere: «Acquistiamo il Tartufo direttamente dai cercatori della zona, in questo modo possiamo garantire freschezza, qualità e la certezza della sua provenienza.
Il nostro obbiettivo è portare sulle tavole dei consumatori prodotti in grado di raccontare la storia di una terra straordinaria e delle sue tradizioni secolari fatte di bontà e di genuinità ». Abbiamo chiesto all’azienda cosa si aspetta dalla Regione Basilicata in termini di valorizzazione del prodotto, e la risposta è stata questa: «La realizzazione di una filiera. Una vetrina nelle fiere di food and beverage a livello nazionale e non solo. Contributi regionali ed europei destinati a privati, aziende del settore e associazioni per la realizzazione di tartufaie controllate dalla regione e incremento delle tartufaie naturali esistenti con rimboschimento». Abbiamo intervistato
anche un 48enne di Corleto Perticara, Vincenzo Toce, piastrellista di professione ma appassionato e ricercatore di diamanti lucani da ben 20 anni. Vincenzo è un collaboratore volontario della facoltà di biologia dell’ Università degli Studi della Basilicata.
Il suo compito consiste nel prelevare campioni di tartufo non commestibile nelle aree che vanno dal Pollino alle Dolomiti Lucane, dopo averli conservati e schedati li consegna ai laboratori dell’Unibas dove vengono rivitalizzati
ed analizzati completamente.
Grazie al contributo di questo cercatore di tartufi è stato stabilito che in Basilicata, su nove tipologie di tartufo commestibile riportati nella tabella A della legge nazionale, ne sono presenti otto. Vincenzo Toce che ama definirsi un selvaggio, ha elaborato un suo pensiero facendolo diventare una vera e propria tesi: «L’epicentro della diffusione del Tuber Magnatum Pico (il tartufo bianco) ha avuto origine sul massiccio del Pollino sin dai tempi della sua emersione. Dalla Lucania si è poi diffuso nel resto d’Italia e del mondo. Noi vantiamo tartufi contenenti una percentuale di Adenine e Temine sette volte maggiore rispetto agli altri. I tartufi lucani soddisfano una fetta considerevole del fabbisogno mondiale,quello del tartufo è un mercato sotterraneo e dobbiamo difenderlo perché questa terra ancora non ha imparato a sfruttarlo come ricchezza e come risorsa». Da qui parte l’appello di Toce rivolto a chi amministra questa regione: «La Basilicata è una terra ricca di tartufi ma urge il riconoscimento delle tartufaie controllate cioè di quelle già esistenti a livello naturale seguito dal riconoscimento di un marchio di origine protetta. Infine vanno rivisti i diritti di raccolta ai residenti su demani e dove esiste il diritto di usi civici».

FONTE: ENZA MARTOCCIA – LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO

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