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Sacchetti biodegradabili e l’azienda ‘amica’ di Renzi: facciamo chiarezza


Continua la polemica sui sacchetti biodegradabili per gli alimenti freschi e sfusi, obbligatori dal 1° gennaio e a pagamento per i consumatori. E, dopo le accuse dei quotidiani Il Giornale e Libero, anche sui social, in particolare su Whatsapp, sta girando un messaggio secondo cui la legge che impone le biobuste anche per ortofrutta, pesce e mozzarelle sarebbe in realtà un regalo a “un’amica di Renzi, che è l’unica a produrre questo tipo di sacchetti biodegradabili”.

Vale la pena allora chiarire alcuni punti, per fare chiarezza, visto che la situazione è come sempre più complessa. La signora chiamata in causa dalla stampa di destra è Catia Bastioli, ad della Novamont che nel 2011, sei anni fa, partecipò come oratrice alla seconda edizione della Leopolda renziana e per questo definita ‘amica’ dell’ex premier.

Ma Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente, su Repubblica nega che la norma avvantaggi solo quella ditta produttrice di buste: “Quella del monopolio è un’accusa senza fondamento, le bioplastiche le fanno le maggiori aziende al mondo e anche la difficoltà di approvigionamento è pretestuosa”.

Sicuramente la norma aumenterà il fatturato delle aziende che producono bioplastiche e la Novamont è leader italiano nel settore ma ci sono anche altre aziende a produrre sacchetti biodegradabili. Ma soprattutto all’estero le bioplastiche sono prodotte anche da colossi come Basf.

Anche sull’obbligo europeo o sulla decisione del governo c’è da chiarire meglio. La legge recepisce la direttiva europea 2015/720/UE che ha come obiettivo ridurre l’utilizzo di plastiche dannose per l’ambiente e completa il bando delle buste per la spesa del 2011, che ha riabituato molti a portare con sé la vecchia sportina per non vedere sul conto finale i 10 centesimi in più per il sacchetto con i manici biodegradabile.

La direttiva, all’articolo 1, comma 2, riporta:

  • Le misure adottate dagli Stati membri includono l’una o l’altra delle seguente opzioni o entrambe:

    a) adozione di misure atte ad assicurare che il livello di utilizzo annuale non superi 90 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2019 e 40 borse di plastica di materiale leggero pro capite entro il 31 dicembre 2025 o obiettivi equivalenti in peso. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse dagli obiettivi di utilizzo nazionali;

    b) assicurare che, entro il 31 dicembre 2018, le borse di plastica in materiale leggero non siano fornite gratuitamente nei punti vendita di merci o prodotti, salvo che siano attuati altri strumenti di pari efficacia. Le borse di plastica in materiale ultraleggero possono essere escluse da tali misure.

Da più parti si sottolinea che l’obbligo non è contenuto nella direttiva, che permetteva di escludere i sacchetti ultraleggeri (quelli usati per frutta e verdura). È vero che la norma è stata recepita dall’Italia in maniera più stringente.

· IL PREZZO
A due giorni dall’entrata in vigore il prezzo medio dei sacchetti rilevato dall’associazione dei consumatori Adoc è pari 3 centesimi di euro, in linea con le previsioni. Considerando un acquisto di circa 200 sacchetti l’anno per singolo consumatore, la maggiore spesa a carico del singolo cittadino è pari, in media, a 6 euro.

“Per una famiglia composta da 2 adulti e un bambino la spesa potrebbe essere lievemente superiore – dichiara il presidente Adoc Roberto Tascini – considerando la maggiore quantità di prodotti acquistati, ma non dovrebbe superare i 15 euro annui. Un rincaro contenuto ma che poteva essere evitato se il governo avesse previsto alternative, ecologiche e sostenibili, ai nuovi sacchetti biodegradabili. I nuovi sacchetti, difatti, non si potranno riutilizzare per altri acquisti né si potranno utilizzare sacchetti propri, o di carta, per l’acquisto dei prodotti alimentari sfusi”.

Ad ogni modo, secondo un breve sondaggio dell’Adoc il 65% dei consumatori è d’accordo con la scelta di introdurre sacchetti biodegradabili.

FONTE. REPUBBLICA.IT

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