Cucina e Prodotti tipici

Cia-Agricoltori: finalmente un decreto a tutela dei salumi lucani


E’ destinato finalmente a cadere l’alibi di utilizzare il termine “lucanica” per salumi esteri – in buona parte di provenienza tedesca e olandese – da spacciare ai consumatori per salumi tipici lucani. Con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.230 del Decreto interministeriale sulle Disposizioni per “l’indicazione obbligatoria del luogo di provenienza nell’etichetta delle carni suine trasformate” è entrato in vigore l’obbligo di indicare in etichetta l’indicazione di provenienza su salami, mortadella, prosciutti, ecc. a tutela dell’autentico Made in Italy. Per La Cia-Agricoltori Basilicata è un ulteriore passo avanti della lunga battaglia condotta contro l’agropirateria. Il business dell’agropirateria anche nella nostra regione raggiunge un giro di affari milionario, sottratti agli agricoltori autentici, e mette a rischio la salute dei consumatori. Oltre alla fragola del Metapontino “taroccata” in Spagna, sono vittime di agropirateria numerosi prodotti tipici lucani come il caciocavallo, il pecorino di Moliterno, i salumi di Picerno, l’aglianico del Vulture, l’olio delle colline del Materano, la farina di grano duro “senatore” del Materano, il peperone di Senise. Un affare da 60 miliardi di euro l’anno, di cui un terzo realizzato solo con la contraffazione dei nostri formaggi di qualità. Questa la portata economica del business dell’agropirateria internazionale nei confronti del ‘made in Italy’.

E tra i prodotti tipici del comparto agricolo-zootecnico i salumi risentono in particolare di contraffazioni e raggiri. A testimonianza dell’origine lucana ci sono i contributi, oltre a quelli di Cicerone e Marziale, anche dello storico Marco Terenzio Varrone che, nel De lingua latina scrisse: “Chiamano lucanica una carne tritata insaccata in un budello, perché i nostri soldati hanno appreso il modo di prepararla dai Lucani”. Accade però che usando la dicitura “lucanica” sulle confezioni di salumi presenti in scaffali dei supermercati, con costi ribassati, ad avvantaggiarsene siano aziende estere di trasformazione delle carni suine.

Ora il decreto sui salumi prevede – spiega la Cia – che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali)”; “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali)”; “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali)”. Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”. La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.  Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.

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