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Cia-Agricoltori: candidatura cucina italiana quale patrimonio dell’umanità Unesco per il 2023 rafforza la nostra strategia


La candidatura ufficiale, da parte del Governo, della pratica della cucina italiana quale patrimonio dell’umanità Unesco per il 2023 rafforza la strategia degli agricoltori della Cia che  solo due anni fa ha trovato un momento di alto riconoscimento nella “Dichiarazione di Matera” approvata dal G20 sulla sicurezza alimentare.

 Cia Basilicata ricorda, inoltre, l’impegno dell’organizzazione nel sensibilizzare le persone sul tema del diritto al cibo che prevede un reale governo dei sistemi connesso alle produzioni alimentari, dimostrando come sia importante prevenire le malattie attraverso una dieta sicura, sana ed equilibrata, incentivando la discussione sull’importanza di approcci collaborativi per sistemi tracciati e di qualità, in tutti i settori. E ancora promuovere soluzioni che in applicazione della Dieta Mediterranea garantiscano la salubrità degli alimenti per gli abitanti dell’intero pianeta.

Per tornare alla “Dichiarazione di Matera”,  Cia Basilicata sottolinea come in essa sia centrale il nodo della valorizzazione del rapporto tra cibo e territorio. C’è il riferimento alla distintività della produzione agroalimentare italiana che ha pochi eguali nel mondo e l’accento sulla Dieta Mediterranea, patrimonio dell’Unesco. Sono note le qualità, le tipicità e i valori con i quali i prodotti agroalimentari italiani si presentano ai consumatori, al punto che il mercato dei prodotti simili e delle contraffazioni del made in Italy agroalimentare vale ormai oltre 60 miliardi di euro l’anno.

 Secondo Cia Basilicata occorre, dunque, salvaguardare e conservare questa tradizione, organizzarla con adeguate forme di tutela e farne strumento di sviluppo economico per imprese e comunità locali. In particolare, è importante il legame fra territorio, consuetudini alimentari e tradizioni enogastronomiche: tutto ciò offre identità e sviluppo alle comunità locali. Sono necessarie iniziative di promozione della vendita diretta dei prodotti dell’azienda agricola, delle “strade enogastronomiche” collegate ai prodotti tipici e ai vini di qualità, del turismo attraverso le tipicità agroalimentari, i musei del cibo e la tradizione contadina. Puntando su una ristorazione dedicata alle ricette e prodotti locali, anche nelle mense pubbliche, su un’ospitalità turistica alberghiera che valorizzi le tradizioni alimentari locali.

In Basilicata, sottolinea ancora la Cia regionale, possiamo creare un reale circuito virtuoso partendo dalla realizzazione del marchio “Qualità Lucana” quale brand di riconoscimento e valorizzazione del nostro sistema agroalimentare, agriturismo e agroambiente. Insieme al sistema delle amministrazioni locali possiamo dar vita alla Basilicata “giardino del mezzogiorno e il vivaio del mediterraneo”, riversando diretti vantaggi alla nostra economia e ai nostri territori con protagoniste le imprese agricole.

La forza del Made in Italy agroalimentare – dice il presidente di Cia-Agricoltori Italiani, Cristiano Fini – sta nella stretta sinergia tra agricoltura e ristorazione, tra chi produce e chi trasforma. Nella collaborazione lungo la filiera, dal campo alla tavola, risiede il valore aggiunto del cibo italiano nel mondo. La cucina nazionale viene definita, nel dossier di candidatura ufficiale, come un insieme di pratiche sociali, riti e gestualità basate sui tanti saperi locali. Saperi e sapori -spiega Fini- che riflettono l’immensa biodiversità di prodotti e territori rappresentata dalla nostra agricoltura e valorizzata nelle tante ricette di agriturismi e ristoranti che raccontano cultura e tradizioni regionali. Così vaste e peculiari da rendere la cucina tricolore la più amata e ricercata “in casa” e all’estero.  Ora, quindi, occorre fare squadra -aggiunge il presidente di Cia- e centrare questo nuovo riconoscimento Unesco: opportunità unica per tutelare, garantire e promuovere sempre di più la cucina italiana nel mondo, a partire dalle materie prime agricole.

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