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Bolognetti: Trump a Roma e Zingaretti in Basilicata


Roma, la capitale d’Italia, rischia il razionamento idrico e l’ottimo Zingaretti, anziché interrogarsi sulle condotte colabrodo e il nulla fatto nel Bel Paese per limitare gli sprechi, se la prende con il certo pessimo Trump che ha deciso di non ratificare gli accordi sul clima.

Al posto del Presidente della Regione Lazio inizierei ad interrogarmi sull’imminente overshoot day, cioè sul giorno – come spiega ottimamente lifegate – “che indica l’esaurimento ufficiale delle risorse naturali che la terra è in grado di rigenerare in un anno”.

Prima dell’avvento di Trump, caro Zingaretti, non abbiamo fatto granché per ascoltare i suggerimenti degli scienziati dell’IPCC(Intergovernmental Panel on Climate Change) o il grido di dolore di coloro che, lungi dall’essere catastrofisti, ci raccontano che è in atto una “sesta estinzione” e che stiamo portando a sbattere la nostra specie.

Stiamo consumando più di quanto il nostro pianeta sia in grado di offrirci e, allo stato dell’arte, per far fronte al nostro fabbisogno di risorse ecologiche, abbiamo bisogno di 1,6 pianeti grandi quanto la terra. Questa la media mondiale, caro Presidente, ma – ahinoi – se guardiamo all’Italia le cose vanno anche peggio. Se tutto il mondo vivesse come vivono i cittadini italiani, sarebbero necessari 2,7 pianeti come la Terra.

Il 60% della nostra impronta ecologica è prodotta dal carbonio. Ecco, caro Zingaretti, cosa è stato fatto a Roma per ridurre il trasporto su gomma e sul fronte del rinnovamento termico dei nostri edifici?

In un mondo che sta finanziarizzando le vita di noi tutti occorre un cambio di paradigma, occorre una transizione ecologica.

Caro Zingaretti, lei vorrebbe invitare Trump; io mi accontenterei di invitare Renzi, Prodi, Monti, Tabarelli, quei parlamentari che hanno votato il decreto liberalizzazioni e quelli che hanno votato lo sblocca energia a Viggiano, in Val d’Agri. Vorrei invitarli per fargli vedere che nel 1996 è stata consentita l’ubicazione di un impianto di preraffinazione a ridosso di una diga e in un’area ricca di risorse idriche. Di recente l’impianto in oggetto, il Centro Olio Val d’Agri, ha perso oltre 400 t. di greggio dai suoi serbatoi e il greggio disperso è giunto fino alle porte del Fiume Agri.

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