Società e Cultura

Basilicata Terra di Mezzo


“Quando un popolo ha la tendenza ad accantonare la propria, millenaria, storia – osservo mentre il Professore annuisce convinto- si ritrova a dover affrontare una seria crisi identitaria che genera molte disuguaglianze nelle comunità”. “E’ certamente così- garantisce il Prof.- però devo confessarti che il mio senso critico viene sovente distratto dal fatto che ogni volta io decida di trascorrere qualche giorno in Basilicata, mi sembra di essere nella Terra di Mezzo descritta da Tolkien”. Ecco accendersi la lampadina: E se la Terra di Mezzo degli Hobbit fosse, in realtà, la Basilicata? E se sotto il cielo lucano ci si potesse imbattere nella Contea, in Gondor, in Lorien? Certo, potrebbe sembrare un azzardo, una inutile forzatura ma, guardando la nostra terra sotto una prospettiva diversa, potremmo ritrovarci con una maestosa trasposizione del Mondo di Mezzo, immersi in paesaggi che tolgono il fiato e atmosfere che non si distaccano poi molto dai colori, dagli odori, dai sospiri descritti nell’opera del genio anglosassone. Perdiamoci un istante in questa evasione così da affacciarci nelle evocazioni di un universo vetusto e misterioso. Cos’è, infatti, la Basilicata se non una terra arcaica e arcana, a volte fantastica e surreale in cui coesistono paesaggi lunari come i calanchi, oceani di verde e cupi totem divorati dalla ruggine che si stagliano, indifferenti, su colline e montagne che evocano una cartografia fiabesca? Una terra ostaggio di forze oscure legittimate da un ambiente apparentemente adagiato e tranquillo, soggiogata da una politica arrogante e baldanzosa.

Proiettare, quindi, i luoghi e le tematiche del “Signore degli Anelli” viene quasi naturale. Sforziamoci, anche solo per pochi minuti, di pensare a questa “idea” come una sorta di “Corpus” da vivere sotto una nuova angolazione in modo da caratterizzare frangenti che, visti nella propria interezza, siano genesi di una nuova, originale opera che possa fornire strumenti pacifici e trasparenti per affrontare, senza difettare nei ragionamenti, quei cavalieri neri che, da decenni, hanno trasformato una terra feconda nella quintessenza della povertà morale, sfregiando quel patto millenario di soccorso che ci ha condotti verso sfortunate conseguenze. Potenza come Minas Tirith, il Centro Oli della Val d’Agri come la Fortezza di Sauron, Fenice come il Monte Fato.

A est, verso Matera, gli Elfi di Gran Burrone, a sud gli Hobbit, a Ovest i Nani, in Val d’Agri, Valle del Noce e Melandro, gli Orchi. Un mosaico di genti che comincia ad acquisire consapevolezza solo nel momento in cui, sul territorio, un potere irremovibile e non identificabile, anomalo, egemonico e, per certi versi, trasudante di malvagità, li ha messi all’angolo con strumenti poco convenzionali, scardinando il dogma di una esistenza consuetudinaria così da rendere i riferimenti alla trilogia Tolkieniana palesemente fondati. Rimane un’unica domanda, la più rilevante, forse: E l’anello? L’ordine delle cose e così via? Il quadro generale ci dice che, ad oggi, pochi “Frodo” si sono fatti avanti per distruggere l’Unico Anello (metafora del Potere e delle Royalties) malgrado la consapevolezza di vivere in una terra violentata e senza futuro la cui salvezza dipende dal rifiuto e dalla ribellione a un potere autocratico che ha costretto, con l’appiglio del bene comune addolcito da una dubbia ricchezza, una intera popolazione ad accettare passivamente il dogma dell’oro nero di Sauron. L’unica certezza è che non possiamo aspirare, al contrario del romanzo di Tolkien, a un lieto fine.

Mimmo Toscano

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