Notizie dal Territorio

Un atlante delle emozioni al posto del TomTom


Può una piccola terra come la Basilicata essere un enorme luogo di emozioni? In che senso i luoghi e gli spazi di questa terra hanno e danno emozioni? Si può definire questo territorio come un atlante delle emozioni? E addirittura mapparle?

Una mappa è un insieme di luoghi e linee fisiche, con attinenza al reale comune e condiviso. Indica dove andare e come fare per andare. Lo indica a chiunque. Una cartina fisica non ha bisogno di esperienze condivise per essere letta e pur avendo un codice linguistico universale è individuale.

La mappa delle emozioni, invece, è uno spazio solitario ma che si trasforma in comunitario nelle esperienze. Leggo “Atlante delle emozioni” di Giuliana Bruno e mi chiedo quanto la realtà che ci circonda sia influenzata dalle emozioni, gli sguardi, i paesaggi, quanto influiscano sui nostri percorsi e quanto nella trasformazione da cartina stradale a mappa emozionale?

E i pensieri diventano immagini: i calanchi, i boschi del Pollino, i sentieri dei parchi e delle riserve, o l’apparente infinita Bradanica, la violenza della mutazione paesaggistica della Basentana, i borghi picchettati qua e là, l’ordine imposto alla natura dei campi coltivati nel Metapontino o del Vulture.

E penso alle storie di ogni luogo, ai segni antichi di prima dei Greci, ai tanti santuari mariani, alle quasi 500 feste dei paesi e contrade, alle bande musicali, alle luminarie che accedono le notti, ai carnevali di diavoli e animali, al fuoco che fa saltare gli uomini e agli alberi che invitano al cielo, ai Sassi e ai borghi persi, alla cultura immateriale che da voce a manufatti, altrimenti silenti e invisibili, degni di Italo Calvino:

“Anche le città credono d’essere opera della mente o del caso, ma né l’una né l’altro bastano a tener su le loro mura. D’una città non godi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”.

Subentra la sensibilità tattile, visiva, percettiva in ogni sua forma, in ogni sua dimensione. Una sensibilità molto personale e al contempo condivisibile. Una nuova frontiera del viaggio e dell’esplorazione. Un viaggio che si esalta nella dimensione geo-conoscitiva di un territorio.

Un viaggio che si integra con la dimensione del cinema, dell’immateriale, della storia, dell’esperienza dell’abitante; tutto viene mischiato e violentemente frullato con la propria personale esperienza. Per questo dico personale e condivisibile, poiché la condivisione finisce nel punto in cui, come una ricetta magica dell’alchimista medioevale Roger Bacon, inizia il personale. Si può essere l’Hobo (vagabondo) tanto descritto da Jack Kerouac o ritrovarsi negli appunti di Chatwin.

La geografia emozionale diventa l’opposto del nonluogo, definito da Marc Augè in contrapposizione ai luoghi antropologici, non identitari, relazionali e storici. Fanno parte dei nonluoghi quelle strutture necessarie per la circolazione accelerata delle persone e dei beni (autostrade, svincoli e aeroporti), i mezzi di trasporto, i grandi centri commerciali, i campi profughi, eccetera.

Spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione sospinti dal desiderio frenetico di consumare o di accelerare le operazioni quotidiane. I nonluoghi sono prodotti della società della surmodernità, incapace di integrare in sé i luoghi storici confinandoli e banalizzandoli in posizioni limitate e circoscritte alla stregua di “curiosità” o di “oggetti interessanti”. Quindi la geografia emozionale diventa “il luogo” dove ognuno si ritrova o si trova.

Una bella definizione è data da Laura Broggi di “Aria”:

“In un’epoca di sovraccarico visivo, proprio le immagini sembrano non bastare. La città, il paese, tornano a essere uno spazio da percorrere. Si desidera riscoprire un luogo per l’emozione che trasmette piuttosto che per il tempo, inutilmente accelerato, che costringe a scandire. Lo si desidera ascoltare anziché guardarlo come semplice catalogo di superfici esteriori: palazzi, oggetti, abiti o atteggiamenti che dir si voglia. Geografia emozionale vuol dire guardare a cose e persone e ascoltare ciò che riaffiora alla mente magari anche in relazione alle cose più improbabili. Pensare a persone mentre si guarda un pianoforte, una vetrina, un’opera d’arte, una strada”.

La Basilicata è un’opera d’arte che attraversa le emozioni, una dimensione sensoriale. Poi, forse, per convenzione e vivibilità ordinata, evitando l’anarchia dei sensi, la Basilicata è anche un territorio con due province e 131 comuni, con due mari e alcune montagne.

Ma in nessuna cartina, neanche con l’aiuto dei cartografi cinesi, raccontati da Borges, o dal geografo arabo Edrisi, troverete le indicazioni per la Basilicata emozionale. Bisogna esserci dentro, spegnere il TomTom e lasciarsi andare!

FONTE: huffingtonpost.it

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