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Truffe agli anziani, la grande escalation non risparmia la Basilicata


Alcuni giorni fa la notizia di un maxi blitz in Emilia – Romagna che vede una trentina di indagati  – si tratta soprattutto di campani – tra cui alcuni che agivano anche nella nostra regione. Allo stesso tempo, sui tavoli dei magistrati di Lagonegro, stanno fioccando le denunce presentate da pensionati che abitano nei paesi intorno a Lagonegro o nel Vallo di Diano. L’anno scorso, secondo alcuni dati, c’è stato un incremento del 9 per cento in Basilicata dei casi di truffe alle persone anziane. Tra gli ultimi episodi quelli avvenuti nel Vulture – Melfese dove un uomo ha chiesto soldi a due anziani fingendosi un funzionario dell’Inps. L’uomo è stato scoperto e denunciato dai carabinieri su una segnalazione fatta da uno dei due anziani che stavano per cadere nel tranello. I due casi si sono verificati uno a Melfi e l’altro a Rionero.

Tornando all’operazione di Reggio Emilia, denominata dai carabinieri “Porta a Porta”, sono 31 le persone complessivamente indagate (alcune delle quali sono state colte in flagranza durante le indagini e quindi arrestate) per truffe e rapine nei confronti di persone anziane. Un centinaio i colpi messi a segno dall’organizzazione criminale, un terzo dei quali nel Reggiano, il resto in altre regioni, tra cui la Basilicata. Un bottino complessivo di 400mila euro. Il gruppo ricavava i nomi degli anziani dagli elenchi del telefono. Spacciandosi per carabinieri, avvocati, assicuratori, raccontavano quasi sempre la stessa storia: un parente aveva avuto un grave incidente stradale (spesso il figlio o il nipote) e necessitava immediatamente di denaro per risolvere i guai in cui era incappato.  Ogni componente della banda, aveva il suo ruolo: c’era chi forniva auto, alloggi, telefoni e schede dei cellulari; chi contattava gli anziani e chi bussava alla loro porta per riscuotere il denaro.

In media ogni telefonata alla vittima di turno fruttava 4mila euro; ma c’è anche chi è stato derubato di 100mila euro in gioielli. In alcuni casi la truffa è diventata a tutti gli effetti una rapina, quando le vittime si accorgevano del raggiro in corso e si rifiutavano di consegnare il denaro. Secondo le indagini, la banda agiva anche in Liguria, Piemonte, Lombardia, Veneto, Toscana, Lazio, Umbria, Abruzzo, Molise, Puglia, Campania, Calabria e Sardegna. “E’ stata grande la determinazione nel contrastare un genere di reato ignobile – ha detto il colonnello Antonino Buda, comandante provinciale dei carabinieri di Reggio Emilia – per le conseguenze anche psicologiche che può provocare nelle vittime, persone cui in certi casi è stato sottratto quanto faticosamente risparmiato anche nel corso di una vita”.

Giulia Giarletta

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