Politica

Recovery Fund, Bardi e Sindacati: “con il 34% si mortifica il Sud”


“Ancora una volta il Sud è mortificato. Se all’Italia è stata attribuita la fetta più consistente delle risorse del Recovery Fund, lo si deve proprio al Meridione. Ora, invece, il governo Conte dirotta al Nord la parte più cospicua. E questo nonostante il parere contrario di tutti i presidenti della Regioni del Sud al di là degli schieramenti politici”.

Lo dichiara il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi, che si appresta ad inviare al governo Conte con gli altri governatori meridionali una lettera con la quale si chiede il rispetto degli impegni che l’Italia ha preso in Europa.

“Siamo di fronte alla più importante manovra economica dal dopoguerra, dove si decideranno la prossima programmazione e la ripresa dopo la pandemia. Il governo inspiegabilmente ha interrotto il confronto con le Regioni, facendo da solo”.

All’Italia sono stati assegnati 209 miliardi di euro. L’Europa ha attribuito i fondi, tenendo contro della popolazione, del reddito pro-capite e del tasso medio di disoccupazione negli ultimi cinque anni.

“Se il criterio fosse stato solo quello della popolazione – ha aggiunto Bardi – il nostro Paese avrebbe ricevuto solo 97 miliardi e mezzo di euro. E se le risorse del Recovery Fund assegnate all’Italia sono ben maggiori è per le condizioni economiche della popolazione del Mezzogiorno. È inaccettabile che al Sud vada la quota residuale del 34 per cento stabilita dal governo e che anche su questo ci sia una chiusura da parte dell’esecutivo. Dobbiamo pretendere che il 70 per cento delle risorse complessive vada al Mezzogiorno così come stabilito dalla Commissione europea. La posta è alta. È in gioco il futuro stesso della Basilicata ed è una partita che non possiamo perdere. Per questo faccio appello ai deputati e senatori lucani perché impediscano questo scippo di risorse a vantaggio delle Regioni del Nord e della pesantissima macchina statale”.

 

 “L’idea di destinare alle regioni del Mezzogiorno solo il 34 per cento delle risorse previste dal New Generation EU, meglio noto come recovery fund, è non solo sbagliato sotto il piano logico ma ingiusta dal punto di vista sociale perché perpetua cristallizzandolo il divario Nord-Sud”. È quanto sostengono i segretari generali di Cgil Cisl e Uil di Basilicata Angelo Summa, Enrico Gambardella e Vincenzo Tortorelli. “Pensare di utilizzare un parametro ordinario, quale è la percentuale di ripartizione della spesa pubblica nazionale, per un intervento di investimenti straordinario com il NGEU è frutto di miopia politica e denuncia anche l’incapacità e la scarsa accortezza delle classi dirigenti meridionali, evidentemente troppo abbacinate dai valori assoluti delle risorse”.
Per Summa, Gambardella e Tortorelli “con una dotazione di poco superiore a 60 miliardi – a tanto ammonterebbero le risorse destinate al Mezzogiorno in base alla popolazione residente – si potrà incidere poco e male per rimuovere le diseconomie storiche che zavorrano le regioni meridionali. Con il criterio della popolazione residente il Sud è destinato sempre a soccombere a favore delle parti più ricche del paese. Il Sud ha bisogno di infrastrutture materiali e immateriali, ha bisogno di una nuova architettura della sanità, di un sistema educativo in grado di assecondare l’evoluzione tecnologica della società, di una svolta digitale e green del suo tessuto produttivo fatto in massima parte di piccole e medie imprese. Senza contare il fatto che un euro investito al Sud produce, secondo stime attendibili, un ritorno di 1,3 euro in termini di valore aggiunto, il 25 per cento del quale destinato alle regioni del Centro-Nord”.
“Ebbene, con questo meccanismo di ripartizione delle risorse, non solo non saranno risolti i deficit strutturali del Mezzogiorno, ma sarà destinato ad allargarsi il già ampio fossato che divide il Nord dal Sud, con conseguenze che nel lungo periodo danneggeranno l’intero paese. Ecco perché serve un fase di vera concertazione con le parti sociali e serve un fronte comune delle regioni del Mezzogiorno perché il NGEU è l’ultima occasione che ci concederà la storia”, la conclusione dei tre massimi esponenti di Cgil Cisl Uil.

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