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Rapporto CREA SANITÀ: la Basilicata in grave difficoltà


L’11 Dicembre 2019, come ogni anno, il Centro per la Ricerca Economica Applicata in Sanità (C.R.E.A. Sanità) in collaborazione con il Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università di Tor Vergata di Roma, ha presentato presso la Camera dei Deputati il 15° Rapporto CREA Sanità”, dal titolo: “Il ritorno della Politica nazionale in Sanità (?)“.

Il titolo del rapporto fa riferimento ad un interrogativo che gli autori pongono e si pongono sulla inversione di tendenza, come rilevata dagli stessi, rispetto agli ultimi anni in cui evidenziano l’assenza di programmazione ed una mera gestione per contingenze e per slogan della Sanità italiana (ora le liste d’attesa, ora le risorse del personale, ecc.). Sottolineano, secondo il loro modo di vedere, il ritorno di una visione di politica sanitaria citando alcuni elementi come l’incremento del Fondo Sanitario Nazionale e l’abolizione del superticket, pur evidenziando come siano ancora al palo il nuovo patto per la salute e la nuova governance farmaceutica.

Il rapporto è l’esito di una indagine condotta annualmente che mira a indagare una serie di parametri ed indicatori che riguardano sia la sanità in senso stretto, sia aspetti di natura sociale, ma che hanno un elevato impatto sanitario.

Il rapporto è strutturato in 4 parti. La prima svolge un’analisi del contesto per il settore sociosanitario indagando i parametri socioeconomici e demografici. Inoltre, la spesa sanitaria ed il finanziamento pubblico.

La seconda parte è dedicata all’area sanitaria in senso più stretto ed alle sue diverse componenti quali la prevenzione, l’assistenza ospedaliera, quella residenziale e quella specialistica.

La terza parte analizza gli impatti economici della sanità e, infine, la quarta parte tratta di temi quali l’industria in sanità, gli osservatori permanenti, l’accessibilità, ecc. . Per ognuna di esse sono stati individuati specifici indicatori per un totale di 20 rispetto ai quali è stata misurata la performance di ciascuna regione.

RISULTATI IN SINTESI

Il rapporto è veramente molto complesso ed analizza moltissimi aspetti. Si pensi che consta di oltre 500 pagine. Comunque, analizzando gli indicatori che esprimono la performance dei servizi sanitari delle singole regioni, emerge in modo chiaro come Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna siano le regioni allocate nella così detta “area critica” con valori che non superano il 31%. Ciò equivale a dire che mostrano una performance complessiva inferiore allo standard di riferimento (benchmark) che è rappresentato dall’andamento medio nazionale degli stessi indicatori presi in esame. Essi sono riferiti a: appropriatezza dell’assistenza, esiti delle cure, equità di accesso, innovazione e situazione finanziaria. Purtroppo emerge, ancora una volta, il divario Nord-Sud. Infatti i risultati migliori si registrano nelle province autonome di Trento e Bolzano ed in Toscana laddove i valori oscillano tra il 63 ed il 70%. Ma tutte le regioni a nord della Campania hanno performance migliori delle 6 regioni del sud. Infatti, Lombardia, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Piemonte, rientrano nell’area dell’eccellenza con valori di performance tra il 57 ed il 61%. Liguria, Valle d’Aosta, Marche, Lazio, Abruzzo e Molise, occupano una posizione intermedia con valori di performance che oscilla tra il 44 ed il 52%. La Basilicata, come si evince dalla figura che segue, presenta risultati migliori del dato medio nazionale solo in 5 dei 20 indicatori esaminati.

Solo una piccola riflessione sul dato relativo alla mortalità a 30 giorni per infarto del miocardio che mostra un valore che si discosta enormemente da quello medio nazionale. La sopravvivenza o meno a 30 giorni è fortemente correlata alla tempestività con cui si attiva l’iter diagnostico-terapeutico. Forse in Basilicata qualcosa in merito all’attuale organizzazione della rete per l’infarto acuto del miocardio andrebbe rivista.

 

Bruno Masino

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