Sarà una lunga estate calda. Secondo una fonte vicina alla Procura che indaga per epidemia colposa, dalle scrivanie del pool di magistrati di Bergamo coordinati da Maria Cristina Rota, rientrata recentemente da un periodo di ferie, sarebbero pronti a partire a giorni una raffica di avvisi di garanzia. L’ipotesi su cui starebbe lavorando la Procura guidata da Antonio Chiappani ruota su una direttiva Ue, la 1082 del 2013 e ratificata in Gazzetta Ufficiale dall’allora ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che obbliga l’Italia «a sviluppare un piano generico di preparazione a serie minacce transfrontaliere che potrebbero costituire un’emergenza sanitaria internazionale».
Un obbligo a cui, questa è l’ipotesi dei pm, si sarebbero sottratti ministri e dirigenti del ministero della Salute ma anche chi avrebbe dovuto tradurre le linee guida in piani operativi regionali. Nel mirino ci sarebbero la stessa Lorenzin, Giulia Grillo e Roberto Speranza, titolari del dicastero dal 2014, Claudio D’Amario e il suo predecessore come responsabile della Prevenzione Ranieri Guerra (già indagato per false dichiarazioni ai pm sul report Oms sparito per le implicazioni politiche negative sull’Italia), il direttore dell’Iss Silvio Brusaferro e il capo di gabinetto di Speranza Goffredo Zaccardi, sentito nei giorni scorsi e le cui chat sono state passate al setaccio, e l’assessore al Welfare Giulio Gallera, del quale la Finanza ha già acquisito chat integrali da febbraio a giugno 2020. È lo stesso filone che vede indagato l’ex direttore generale della sanità lombarda Luigi Cajazzo. Sul tavolo la mancata «zona rossa» in Val Seriana e l’improvvida riapertura, il 23 febbraio 2020, del pronto soccorso dell’ospedale di Alzano Lombardo, dove erano stati scoperti i primi casi di positività nel territorio. L’ex direttore medico dell’ospedale di Alzano, già sentito dai pm, si costituirà parte civile e all’Agi punta il dito contro il Pirellone e il ministro Speranza. Perché fu lui a chiudere il «Pesenti Fenaroli» per la presenza di due pazienti Covid poi deceduti. Ma la decisione di riaprire poche ore dopo fu «un ordine dei vertici aziendali e regionali», sostiene Marzulli, che ha scelto di essere difeso dal team di legali guidati da Consuelo Locati che tutela i familiari di 500 vittime della Bergamasca. L’ipotesi della Procura è che quella decisione innescò il devastante focolaio della Val Seriana. Una «bomba biologica», come l’ha definita Ranieri Guerra nella sua intervista al Giornale, su cui a suo avviso hanno inciso anche le campagne come BergamoNonSiFerma, o la partita Atalanta-Valencia, «eventi che hanno amplificato la trasmissione del virus».