Un’Italia più verde, più vivibile, innovativa e inclusiva. Così potrà diventare la Penisola da qui al 2030 se saprà utilizzare al meglio le opportunità e le risorse che l’Europa ha messo a disposizione dell’Italia con il Next Generation EU (NGEU). Di ciò è convinta Legambiente che, nel giorno in cui viene audita in Parlamento in Commissione Ambiente della Camera dei deputati, per dare una “scossa” alla recente discussione poco centrata sui contenuti, presenta il suo RecoveryPlan, frutto di un lungo dialogo durato 5 mesi con istituzioni, imprese, associazioni, sindacati, e di una scrittura collettiva e condivisa. Il documento in questione ci proietta verso l’Italia del 2030 e indica, per le 6 missioni indicate dall’Europa, le priorità di intervento, i progetti faro territoriali da realizzare – tra rinnovabili, mobilità sostenibile, economia circolare, adattamento climatico e riduzione del rischio idrogeologico, ciclo delle acque, bonifiche dei siti inquinati, innovazione produttiva, rigenerazione urbana, superamento del digital divide, infrastrutture verdi, turismo, natura e cultura – insieme alle riforme trasversali necessarie per accelerare la transizione ecologica del Paese per renderlo più moderno e sostenibile, dando il via ad una nuova stagione della partecipazione e della condivisione territoriale. Il faro che ha guidato Legambiente nella redazione del suo Recovery Plan è la lotta alla crisi climatica che riguarda trasversalmente tutte le priorità nazionali di intervento. Nel documento, inoltre, l’associazione ambientalista descrive, Regione per Regione, quelle che a suo avviso sono alcune delle opere da realizzare e da evitare, indicando in maniera chiara come spendere i quasi 69 miliardi di euro destinati per la “Rivoluzione verde e transizione ecologica” e i 32 miliardi destinati alle “Infrastrutture per la mobilità sostenibile”.
“Negli ultimi mesi – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – il percorso di definizione del PNRR da parte del governo italiano è stato a dir poco confuso e, soprattutto, per nulla partecipato. Per dirla con una battuta auspicavamo un “PNRR partecipato” e ci siamo trovati un “PNRR delle partecipate”, come poi è emerso dalle bozze circolanti con i progetti proposti da Eni. Il nostro auspicio è che, una volta superata la crisi governativa in corso, l’Esecutivo abbia il coraggio di cambiare registro e passo, pensando ad un Recovery Plan diverso, modificandolo e mettendo al centro la crisi climatica, anche magari prendendo spunto dal nostro documento. Questi interventi devono essere accompagnati da un profondo pacchetto di riforme per accelerare la transizione ecologica: servono più semplificazioni, controlli pubblici migliori, un’organizzazione burocratica aggiornata professionalmente e all’altezza della sfida, una maggiore partecipazione con una nuova legge sul dibattito pubblico che riguardi tutte le opere per la transizione verde, per coinvolgere i territori e ridurre le contestazioni locali. Solo così – conclude Ciafani – si darà concretezza al nome scelto per il PNRR: Next Generation Italia, con un forte richiamo agli impegni che si assumono per le prossime generazioni. Ma perché alle intenzioni dichiarate corrispondano i fatti è necessaria quella volontà politica che non abbiamo visto finora. È il momento di mostrarla”.
Nel documento di Legambiente, per la Basilicata, tra i progetti da finanziare sono indicati quelli nelle reti ferroviarie (con la priorità della tratta Battipaglia-Potenza-Metaponto), la realizzazione di digestori anaerobici per il trattamento della frazione organica differenziata dei rifiuti, il rilancio in chiave di Green economy dei siti da bonificare con investimenti nelle rinnovabili.
“Ma queste sono solo alcune delle proposte – spiega Antonio Lanorte, Presidente di Legambiente Basilicata – contenute nel nostro documento regionale che verrà diffuso nelle prossime settimane con l’obiettivo è contribuire a mettere in campo nei prossimi mesi una visione e delle proposte per il Piano di Ripresa e Resilienza che, dal nostro punto di vista, serve davvero alla Basilicata. Un Piano che dovrà essere in grado di guardare ai prossimi dieci anni e individuare gli interventi necessari per accelerare la transizione ecologica guidata da obiettivi di giustizia sociale”.
“La Regione – continua Lanorte – si appresta ad affrontare questa decisiva fase storica in uno scenario di opportunità, grazie a potenti programmi d’intervento come appunto Next Generation EU e il Quadro Finanziario Pluriennale comunitario 2021-2127, senza però aver ancora approvato il Piano Strategico Regionale, strumento di fondamentale importanza per definire gli indirizzi dei futuri processi di sviluppo regionali. Il rischio è che, ora più che mai, venga a mancare la necessaria visione senza la quale diventa più probabile mettere in campo risorse e progetti non in grado di produrre valore nei territori. Per questo è necessario che la Regione Basilicata sappia dotarsi al più presto del suo Piano Strategico che sia però all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte e coerente con gli obiettivi della transizione ecologica e della giustizia sociale“.
“Altro elemento di grande preoccupazione – sostiene ancora Lanorte – è quello legato alle difficoltà in cui versa la macchina amministrativa che senza una riforma strutturale rapida ed efficace, anche a livello locale, rischia di vanificare ogni tipo di scenario che si potrà aprire con l’utilizzo degli ingenti finanziamenti europei in arrivo”.
“In ogni caso è evidente – secondo Lanorte – che la “chiave ambientale”, per la Basilicata, non è uno dei temi sul tavolo ma “la questione” che definirà le forme dello sviluppo, è la grande opportunità per creare lavoro, per rendere più competitiva l’economia, per spingere innovazione e ricerca e combattere le disuguaglianze economiche, sociali e territoriali. La transizione ecologica ed energetica non è solo, quindi, una grande priorità politica globale, ma rappresenta l’unico vero fattore di sviluppo per un territorio come quello della Basilicata, che ancora conserva un vantaggio competitivo rispetto a molte regioni italiane in termini di elevata dotazione di infrastrutture ambientali e basso impatto antropico. Tale condizione di “vantaggio” non solo deve essere conservata ma dovrebbe costituire, potenziandola, il fulcro attorno al quale impostare tutte le politiche di sviluppo regionale. Mettere in campo, quindi, una vera innovazione, sintesi virtuosa di ruralità e modernità in grado di apportare un reale progresso sociale ed economico della Regione. Pensare ad una mobilità nuova, pubblica e privata, al rafforzamento delle reti digitali come elementi fondanti di uno sviluppo sostenibile e strumenti utili per colmare il gap di comunicazione dato dalla particolare orografia delle aree interne e dalla distanza dai grandi centri. Puntare alla diffusione sostenibile delle fonti rinnovabili, verso un modello di ‘democrazia’ energetica e di salvaguardia del paesaggio, insieme con lo sviluppo di un modello circolare di gestione dei rifiuti. La costruzione di un quadro coerente delle politiche ambientali è un aspetto essenziale per garantire la concreta realizzazione di una rete di interventi e attività pienamente rispondenti alle necessità della conservazione e valorizzazione della biodiversità degli ambiti naturali dell’intero territorio regionale. Tale quadro deve essere strutturato all’interno delle politiche di coesione che prevedano opportune misure di adattamento ai cambiamenti climatici in atto, che hanno effetti diretti sulla perdita di biodiversità e sulle strategie di sostegno per il mantenimento o ripristino dei servizi ecosistemici. Politiche che si possono attuare attraverso interventi sulle infrastrutture verdi e sulle reti ecologiche, ma che vanno anche finalizzate a contenere i processi di desertificazione, a salvaguardare gli ecosistemi, a migliorare l’utilizzo delle risorse idriche e a valorizzare le attività agricole tradizionali secondo approcci innovativi. Attuare azioni e progetti per la valorizzazione delle risorse naturali, culturali e paesaggistiche locali, trasformandole in vantaggio competitivo per aumentare l’attrattività del territorio, migliorare la qualità della vita dei residenti e promuovere nuove forme di sviluppo economico sostenibile”.
“Data la rilevanza del momento – conclude Lanorte – noi auspichiamo che si apra nei prossimi mesi anche in Basilicata un confronto partecipato e trasparente in cui tutti i soggetti in campo, istituzioni, imprese, soggetti civici e territoriali. si sentano coinvolti e disponibili ad impegnarsi nella costruzione del Piano di Ripresa e Resilienza.
A questo link è possibile scaricare le schede e le cartine dell’Italia con le opere da realizzare e quelle da evitare: https://we.tl/t-VXYaVXn9Cu
Sul sito di Legambiente è possibile scaricare il documento completo “Per un’Italia più verde, innovativa e inclusiva. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza che serve al Paese“