Società e Cultura

Localismo. L’eredità del futuro


Negli ultimi anni, una delle esigue conseguenze a carattere fruttuoso delle politiche neoliberiste che hanno interessato anche la nostra recondita terra si traduce in un forte e sentito localismo, assecondato anche da una pandemia che non sembra lasciarci tregua. Un fenomeno che ha una duplice veste: da un lato si ritrova l’etica, dall’altro quella economia di “base” che si era persa nell’ultimo trentennio. Per farsene una prima idea, basterebbe prestare anche una trascurabile attenzione negli esercizi commerciali che quotidianamente frequentiamo per trovare diversi alimenti del territorio come il pecorino di Moliterno, il caciocavallo podolico, i fagioli di Sarconi, i cruschi, salsicce, sopressate e biscotti prodotti e confezionati a pochi chilometri dai nostri borghi. Questo solo se citiamo l’alimentare. Se dovessimo ragionare anche sul turismo e sul settore secondario, suddetta considerazione andrebbe per le lunghe, quello che ci preme è, invece, questa “reazione” nella gestione delle eccellenze lucane rispetto ad un  marketing di cassetta consolidato da tempo. Nel corso degli anni abbiamo perso decine, se non centinaia di occasioni ad opera di una politica regionale imbarazzante capace di alimentare mostruosi errori di valutazione che hanno fatto di questa terra la cenerentola dello stivale. Ma, a un certo punto di questa triste storia qualcuno, dal basso, ha preso coraggio decidendo di investire sui prodotti del territorio, qualcuno ha scommesso sul “Prodotto Basilicata”, combattendo una guerra fredda con la politica per estrometterla da taluni meccanismi. Riuscendoci perfettamente. Dando origine al “nostro” localismo. Che vuol dire  obblighi verso le comunità indigene, acquisti etici, consumo consapevole. Proviamo ora ad immaginare di alzare l’asticella sulle persone. Di “riconnetterci” alle competenze e all’autorevolezza acquisite dai nostri giovani che hanno studiato e fatto esperienze lavorative fuori Regione pronti certo ad affrontare un localismo a carattere lavorativo che li vedrebbe protagonisti. E’ questo l’ultimo passo, quello più difficoltoso, perché non bastano le parole di Bardi quando afferma che “ i giovani lucani devono fare esperienza ma poi tornare a lavorare nella loro terra”. Bisogna, quindi, lavorare sodo per proporre, nel medio e lungo periodo, un progetto lavorativo legato alle identità e ai bisogni del territorio. Farlo. Ora. Come eredità per il futuro.

Mimmo Toscano

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