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L’App “Immuni” per il tracciamento del contagio nella fase 2. Tecnologia bluetooth e senza geolocalizzazione


Qualche giorno fa pubblicavamo un articolo sulla task force guidata da Vittorio Colao che sta lavorando intensamente alla “fase 2“. Due le novità a cui si starebbe pensando: da un lato, un’ App per gestire le autocertificazioni un calendario di ritorno alla “normalità” scaglionato in base alle fasce d’età.

L’App in questione è ancora al vaglio della task force guidata da Colao. Nel frattempo il Commissario Domenico Arcuri ha firmato il contratto per l’app italiana del tracciamento del contagio da coronavirus. La scelta del governo è per l’app “Immuni” progettata dall’azienda milanese Bending Spoons,  scelta tra le 319 proposte arrivate, in collaborazione con il Centro Medico Santagostino.

L’app sarà “un pilastro importante nella gestione della fase successiva dell’emergenza” commenta il Commissario Arcuri. La sperimentazione avverrà in alcune Regioni pilota, poi verrà estesa. Il sistema traccerà il contagio italiano  del coronavirus a cui stanno lavorando il ministero dell’Innovazione e la Presidenza del Consiglio.

Ecco come funzionerà nel dettaglio Immuni:

Il Bluetooth rileva il “contatto” – La scelta della tecnologia Bluetooth è stata determinante. La comunicazione tra apparecchiature attraverso il Bluetooth è determinato da una distanza sostanzialmente breve. Quasi come quella che dovrebbe intercorrere tra le persone che seguono le norme da distanziamento sociale. Se due cellulari arrivano a distanza tale che il Bluetooth si aggancia allora vuol dire che le due persone sono state troppo vicine e a rischio virus.

I codici identificativi memorizzati – Una volta attivata la app comincia a memorizzare i codici identificativi anonimi con cui entra in contatto. Se una persona risulta essere infettato dal Covid-19 l’operatore sanitario riceve il codice col quale può scaricare dal server centrale i dati della app del paziente ivi compresi i codici delle persone “incrociate” dall’infetto. Il server quindi calcola il “rischio” contagio in base a vicinanza e durata del contatto e di conseguenza genera le notifiche da inviare agli smartphone delle altre persone.

Nessuna localizzazione (al momento) – Per motivi di privacy non è stata inserita una geolocalizzazione con Gps. Una richiesta che pare fosse invece arrivata dalla task force della ripartenza per cercare di cogliere possibili contagi anche tra chi non scarica la app. La funzione però potrebbe essere inserita successivamente magari con l’autorizzazione delle singole persone.

Il diario clinico – La seconda importante funzione di Immuni è poi la presenza del diario clinico. Una sezione che contiene e informazioni rilevanti del proprietario del cellulare: sesso, età, malattie pregresse, assunzione di farmaci. Diario che poi verrebbe costantemente aggiornato in presenza del Covid-19 con sintomi, stato di salute e terapie.

Intanto l’Europa ha dettato le regole per l’app – anonimato e niente geolocalizzazione, sì a bluetooth e volontarietà. Criteri che vedono il plauso del Garante Privacy Antonello Soro. “I Paesi Ue stanno convergendo verso un approccio comune” con “soluzioni che minimizzano il trattamento dei dati personali”, scrive l’Europa nel documento stilato ieri in collaborazione con i governi. Oltre ai requisiti di volontarietà e interoperabilità tra Stati, già ribaditi, l’Ue si sofferma in particolare sulla tecnologia giudicata più idonea per le app di tracciamento, cioè il bluetooth che deve “stimare con sufficiente precisione” (circa 1 metro) “la vicinanza” tra le persone per rendere efficace l’avvertimento se si è venuti in contatto con una persona positiva al Covid-19. “I dati sulla posizione dei cittadini non sono necessari né consigliati ai fini del tracciamento del contagio” sottolinea Bruxelles, precisando che l’obiettivo delle app “non è seguire i movimenti delle persone o far rispettare le regole” perché questo “creerebbe rilevanti problemi di sicurezza e privacy”.

L’importanza dell’anonimato – Per mantenere l’anonimato, è previsto che le app utilizzino un ID (codice d’identificazione utente, ndr) “anonimo e temporaneo che consenta di stabilire un contatto con gli altri utenti nelle vicinanze”. In Europa esiste già un progetto che soddisfa questi criteri, su cui stanno convergendo Francia e Germania. Si chiama Pepp-Pt (Pan-European Privacy-Preserving Proximity Tracing) è stato messo in piedi da un gruppo di 130 scienziati e 32 fra aziende e istituti di ricerca di 8 Paesi (tra cui la Fondazione ISI di Torino). Tra i partner del progetto c’è Vodafone e Bending Spoons.

Il dibattito sull’efficacia delle app – Sull’efficacia di questi strumenti però la discussione è aperta. Non solo per questioni di privacy, ma proprio perché le tecnologie dietro queste applicazioni sembrano non aver dato sempre risposte efficienti. La Corea del Sud è stata spesso citata come modello, così come Singapore, dove sono state adottate soluzioni simili a quella scelta dall’Italia. Ma i risultati sono tutt’ora oggetto di dibattito.

FONTE ARTICOLO TGCOM24 e SKYTG24

VIDEO DEL CORRIERE DELLA SERA CHE SPIEGA IL SUO FUNZIONAMENTO

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