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La Rivoluzione comincia da Paterno?


E’ da poco iniziata la campagna elettorale per rinnovare i consigli comunali di alcuni paesi in valle, con gli annessi comizi che, almeno per qualche settimana, animano i nostri piccoli borghi.

Inutile dire che si tratta di uno dei momenti che suscitano maggiore interesse, almeno nel sottoscritto. Prima di tutto perché durante questo periodo si sente parlare pubblicamente di ciò che ci sta più a cuore: vale a dire la nostra valle. E in secondo luogo perché è un momento di confronto vero, e forse, aggiungerei, anche un’ occasione per misurare il reale interesse dei candidati mediante la valutazione delle idee proposte e degli scopi stessi che li inducono a candidarsi.
In questo senso, credo sia abbastanza mortificante constatare che in alcuni paesi sia stata presentata una sola lista. Oltre a fare un danno alla democrazia, interpreto tutto ciò come una mancanza di una reale e concreta voglia di mettersi in gioco per dare un contributo alla propria terra. Salvo poi lamentarsi in giro per le piazze e i bar dei paesi. Ma forse anche questo aspetto fa parte del nostro humus.

Probabilmente, non riuscire a presentare più liste non è solo un problema legato a logiche politiche, ma forse, voglio essere ottimista, una constatazione del fatto che guidare un comune non è facile, richiede impegno, sacrificio, trasparenza, e tante altre caratteristiche che spesso non si posseggono. Dunque, non presentare altre liste può esser letto anche come un segno di maturità, un riconoscimento dei propri limiti. Se è così, rispetto la decisione.

Tuttavia, questa non è la sede per fare polemiche. Voglio invece soffermarmi su quella che mi sembra l’idea più rivoluzionaria di questa campagna elettorale, e cioè il progetto di una Città della Val d’Agri. Idea presentata nel programma della lista n.3, di Paterno, guidata da Franco Trivigno.
Sicuramente non si tratta di una proposta nuova, per carità.

Quanti di noi hanno vagheggiato che questa valle diventasse una unica città? Quante volte ne abbiamo parlato? Presentare un progetto del genere in un programma politico, però, non mi risulta sia mai stato fatto. Dunque, già solo per questo motivo, possiamo ben dire che questo gruppo presenta degli elementi innovativi di non poco conto.

In ogni modo, la questione è di vitale importanza per la nostra valle. Si sente parlare in continuazione di spopolamento, di emigrazione, di paesi che perdono le loro potenzialità. Ma soprattutto, uno dei temi a me più cari, è quello della giustizia. In Val d’Agri esistono disparità importanti per quanto riguarda la distribuzione delle ricchezze (vedi royalties), nonostante, come sappiamo, le conseguenze delle estrazioni ricadano su tutti noi. E’ quindi fondamentale cercare di creare degli equilibri maggiori, e che rispondano alle esigenze di tutte e tutti. In questo senso, credo sia necessario agire al più presto per trovare risposte adeguate a problemi pressanti: piazze vuote (anche perché molte persone sono andate via), opere non terminate, abbandono e mancanza di cura per strutture pubbliche, decadimento dei servizi (vedi l’ospedale), e così via.
Una delle risposte a queste problematiche potrebbe essere proprio quella di iniziare a pensare a una valle unita.
Di sicuro si tratta di un progetto complesso, difficile e che richiede tempo, ma credo sia arrivato il momento di parlarne seriamente. Dove possiamo arrivare, presi individualmente, come piccoli paesi di poche migliaia di persone che hanno pochissimo potere di contrattazione? Come possiamo pensare a qualcosa di utile, per noi e le future generazioni, se non abbiamo la capacità e i numeri per farlo? Come riusciremo a salvaguardare le nostre strutture, ospedale in primis, se non uniamo le nostre forze? In che modo potremo crescere (a livello di peso politico, ma anche economico) se molto spesso siamo divisi da vecchi campanilismi, o da interessi di amministratori che si scontrano tra di loro, magari perché sono espressione di forze politiche diverse? E mentre continuano queste divisioni, il tempo passa e nulla cambia.

Abbiamo bisogno di idee rivoluzionarie, abbiamo bisogno di nuovi orizzonti. E il progetto Città della Val d’Agri ne propone uno fondamentale. E’ il momento di mettere in campo tutte le nostre forze progressiste per metterlo in pratica.
E’ di prioritaria importanza che si torni a parlare di idee, di progetti per il futuro, e non che la politica sia unicamente l’espressione di logiche di potere, di nepotismi da antico regime o di “familismo amorale” come direbbe Edward Banfield (in realtà lo diceva alla fine degli anni ’50, ma se il problema è ancora attuale forse dobbiamo farci due domande). Quanti ci promettevano cambiamenti, non hanno fatto altro che riportare in auge delle logiche antiquate e dannose per la nostra terra: quelle reazionarie, che tanto male hanno fatto e continuano a fare.
La politica è di tutte e tutti. E tutte e tutti noi siamo chiamati a dare il nostro contributo per dei cambiamenti seri e necessari.

La Città della Val d’Agri, per quanto possa sembrare utopistico, rappresenta invece un progetto di cui abbiamo bisogno. Ed è tempo di iniziare a parlarne, perché tra non molto ci ritroveremo a dover fare i conti con problematiche ambientali importanti, con la fine delle estrazioni e con il depauperamento delle nostre risorse e dei nostri servizi. Mentre coloro che ci promettevano un cambiamento saranno probabilmente a Potenza o a Roma, da dove continueranno a ripeterci sempre la stessa solfa, ma nei fatti non sarà cambiato molto.
Dobbiamo tornare a credere in nuovi valori, e progettare nuove utopie.
Per questo, onore a chi ha il coraggio e la voglia di inserire nel proprio programma qualcosa di apparentemente insolito, ma che è una vera e propria Rivoluzione. Questa rivoluzione viene da Paterno, un paese che si propone con una nuova forza e con idee importanti come quella della Città della Val d’Agri. Non credo sia un caso che questo nuovo vento provenga da lì.

Non ci resta che augurarci che le persone comprendano l’importanza di dare fiducia a chi vuole davvero fare qualcosa di buono.

Francesco Petrone
Docente di Filosofia e Storia
Autore del romanzo Le vene della mia terra

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