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Gallicchio Capitale Europea per un giorno. La storia del pastorello


Entra in scena, come capitale della cultura 2019, Gallicchio, piccolo comune dell’entroterra Lucano. Lo fa con molta sobrietà e frugalità. Sceglie un format che si adagia nel contesto paesaggistico con la narrazione di una storia che si posa su una leggenda andina. È la storia di “Gallicchio” lo pseudonimo che viene dato ad un pastorello che, folle d’amore per una stella, si corona il capo con penne e piume di Grifone, prendendo le sembianze di un Galletto che nel gergo dialettale diventa Gallicchio. È un pastorello che si innamora di una delle stelle che di notte scendevano sulla terra a rubargli le patate. Costretto a raggiungerla nel cielo con l’aiuto di un capovaccaio che si fa cavalcare per volare nel cielo fino a raggiungere l’amata Stella. E questa è la storia fantastica, dentro la quale ognuno degli spettatori si ritrova a dover sospirare per la grandezza di un amore struggente.

Gallicchio prende lo scettro di Capitale Europea decidendo di mettere in mostra le bellezze del paesaggio così che mentre si raggiunge il luogo dove si realizza lo spettacolo – calato nel contesto senza alcuna interferenza esterna, come una pietanza ricavata da ingredienti prettamente biologici – porta il visitatore/spettatore a prendere coscienza di una bellezza speciale ed al contempo sobria. Si arriva in un luogo che è alle porte di ciò che si scoprirà essere un paradiso del paesaggio. Ci si incammina per oltre tre chilometri man mano accorgendosi che non si è più spettatori ma parte di un evento che contempla la natura; tanto da dover avanzare a passo felpato per non arrecare disturbo. Il Regista guida le persone fino a consegnarle nelle mani di una sacerdotessa che introduce in un ambiente spettacolare. Li si snoda la storia del pastorello che ha un in incipit esilarante e che passa per una struggente narrazione delle sue evoluzioni fantastiche fino ad arrivare nello slargo di Gallicchio Vetere, dove la porta sembra aprirsi al cielo, come quando Dante arriva alla sommità del Purgatorio e vede Beatrice. Siamo lì ad un passo dal cielo e scopriamo una dominanza sulla valle dell’Agri quella che la geopolitca locale definisce medio agri. Luoghi che lasciano senza fiato per la loro bellezza. E se le fantasie nostre son basse a tanta altezza, non è meraviglia; ché sopra ‘l sol non fu occhio ch’andasse; viene spontanea la reminiscenza delle tribolazioni liceali e delle struggenti studiate del Sommo Poeta e la sua Divina Opera. Siamo veramente ad un passo dal cielo. La storia fantastica di un pastorello o, meglio, “La struggente storia del pastorello Gallicchio” ci narra, nel sovrapporsi delle scene, una Basilicata fantastica, che ha luoghi incontaminati e che hanno ancora la capacità di stupire. Sembra una banalità, ma in un contrasto che scopre la necessità di ricercare un punto d’equilibrio tra industrializzazione e ambiente, proprio nel momento in cui l’antropizzazione dovrebbe creare condizioni di sviluppo, progresso ed emancipazione è cosa non di poco conto. Perché da noi, diversamente che altrove, la desolazione e la lentezza ci hanno mantenuti nella distanza come tra Achille e la tartaruga e, come in questo paradosso matematico, ora che lo sviluppo arriva siamo già, prima ancora che generi quel benessere tanto agognato, a fare i conti con l’equazione della natura per ricercarne l’equilibrio.  Ma qual è il punto di questa giornata che vede Gallicchio Capitale della cultura per un giorno! Il punto, a mio parere, è la genialità di una classe intellettuale locale che sollecitata da osservatori esterni decide di spostare l’asse della cultura sulla natura diventando, così, Capitale della Natura; e lo fa con una specificità molto attuale. No plastica, no rumore ed acustica trasversale, motorizzazione entro la soglia del minimo inderogabile e cammino di oltre tre chilometri per raggiungere i luoghi della scena. Niente che sia fuori contrasto. La natura che diventa parco scenico è la filosofia del teatro Zappa, che vive i luoghi come scenografia naturale e costruisce la narrazione teatrale dentro il contesto senza alcuna sollecitazione esterna; pertanto niente amplificazioni, niente illuminotecnica, no modifiche degli ambienti, solo adattamento delle scene e della storia a ciò che offre la natura. Troviamo, dunque, la mucca che entra in scienza tranquillamente, o il pastore che parla dei suoi problemi, la luna che illumina la scena finale con una maestria da premio oscar per gli effetti speciali. Tutto questo grazie al magico momento che la Basilicata sta vivendo con la sua capitale della Cultura, Matera 2019.  Gallicchio, dunque, è Capitale della Natura. Ciò che ha colpito è la centralità del paesaggio e non del centro abitato; niente manicaretti esposti ad arte a favore di telecamere, niente angoli struggenti ripuliti per l’occasione né vestiti storici adattati per lo scopo. Siamo nel luogo che icasticamente viene definito “Gola” e dove il Capovaccaio, il nibbio e il grifone africano nidificano ogni anno.

Giovanni Zurzolo – Regista ed ideatore dello spettacolo
Momento conclusivo dello spettacolo. Foto di Vincenzo Torzullo
Le sacerdotesse ed il pastorello “Gallicchio” – Foto Vincenzo Torzullo

Il tutto a valle di un percorso formativo che ha visto solo persone del posto impegnate in un laboratorio teatrale di primissimo livello, curato dal regista Giovanni Zurzolo, e l’organizzazione di due associazioni del posto: Presenza Etica e I Custodi del capovaccaio e con il tanto discreto quanto pregevole patrocinio dell’Amministrazione Comunale. I protagonisti veri però, sono Luigi Volpe, alias Gallicchio e le Signore che nel quotidiano svolgono altre attività e che hanno recitato, con maestria, versi e canti con la forza del diaframma e la voglia unita alla determinazione di fare bene. Ma soprattutto hanno avuto un motivo in più per rendere la vita di questi paesi degna di essere vissuta. Perché riempire gli spazi del tempo in un piccolo centro dell’entroterra Lucano, partecipando ad un laboratorio teatrale, serve a colmare quelle lacune tipiche di paesi che non raggiungono i mille abitanti; tanto che se fosse solo questo l’obiettivo già basterebbe a far quadrare i conti ed i resoconti del costo beneficio.

Come si fa a dimenticare, a spettacolo finito, l’esilarante badessa che vuole organizzare uno spettacolo e che cade, vittima della inesperienza, offrendo un divertente incipit dello spettacolo. E Luigi Volpe, “Gallicchio”, che interseca le sue farneticazioni ridondanti con Antonio, il pastore fuori scena che disturba, o Rosaria che con la sua immensa capacità di tenore e soprano ci racconta lo struggente viaggio a dorso del capovaccaio a fendere i cieli per raggiungere l’amata “Stella” o Michela Conte, che impersona Stella, e racconta il suo amore impossibile con il pastorello esortandolo a tornare sulla terra.  E poi Rosa Gesualdi, che sinuosa nelle sembianze di Electra, con voce stentorea, ci riporta le perplessità di un popolo Lucano troppo mèsto. Ribadendo il tono di Leonardo Sinisgalli quando ci ricorda che Lucani si nasce e si resta; quei Lucani che tornano, dalla Colombia o dal Brasile, dall’Australia o dall’Argentina o dagli States senza mai raccontare nulla della vita trascorsa da esuli.

E così, Gallicchio, rende omaggio al paesaggio elevandosi a “Capitale della natura” con uno spettacolo che, nella filosofia del teatro Zappa, ha rivoltato il territorio come la zappa rivolta la terra. Dietro questo sobrio ed al contempo maestoso week end c’è il lavoro del regista Giovanni Zurzolo con la preziosa collaborazione di Evi Unterthiner, Yuri Silvestri, Gemma Scarponi, Caterina Pontrandolfi, Eugen Galasso e Giacomo Giaccagli.  E con la straordinaria recitazione di Antonio Appella, Cristina Luparelli, Domenica Casalaro, Felicia De Salvo, Caterina Elefante, Grazia Pepe e la piccola Domenica Nigro. Le musiche dal vivo sono state affidate a Giovanni Guerrieri e la fotografia in presa diretta ad Andrea Rizza.

La cultura non annoia più, non crea imbarazzi né suscita sbadigli tra le platee. La cultura, finalmente, potrà dare slancio a questa civiltà che dalla sua storia dimostra di non essere seconda a nessuno. Fossero solo questi i risultati di queste giornate organizzate dalla Fondazione Matera 2019, già c’é di che sentirsi appagati.

Gianfranco Massaro – Agos

 

Da La Nuova del Sud del 17.09.2019

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