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Dal 15 ottobre in vigore l’obbligo del green pass nei luoghi di lavoro. Confcommercio: “imprese terziarie pronte”


Nonostante difficoltà oggettive la grande maggioranza delle imprese del terziario si è fatta trovare pronta oggi all’applicazione del green pass. La priorità per tutte le imprese, però, è l’uscita definitiva dall’emergenza sanitaria e in questo senso il green pass è certamente uno strumento utile. A sostenerlo è Confcommercio Potenza precisando che la posizione di Confcommercio sull’obbligatorietà del Green Pass è chiara: si parla di sicurezza. Siamo convinti che una misura di questo genere potrà portare solo benefici ai negozi, anche perché è sicurezza sui luoghi di lavoro. Infatti, in questo modo, oltre a tutelare i lavoratori, si tutela anche il cliente. Quest’ultimo sa che sta entrando in un negozio in cui si ottemperano tutte le misure necessarie per il beneficio della sua salute. Il green pass è una garanzia in più. È vero che nei negozi a dimensione famigliare l’ambiente lavorativo e dunque anche la situazione sanitaria è conosciuta, mentre c’è qualche preoccupazione per le realtà più strutturate, dove i titolari avranno a che fare con ulteriori incombenze da assolvere. In alcuni casi, pensiamo ad attività con più collaboratori, magari esterni, o che operano su più sedi, controllare di volta in volta il personale può diventare oneroso e se parliamo di attività, come quelle di ristorazione, a cui è già chiesto di controllare i clienti, capiamo bene come l’aggravio diventi importante.

Per i commercianti che hanno già tante altre problematiche da affrontare – continua Confcommercio – è un onere in più ma con le tecnologie di oggi non è un impegno gravoso, anche perché l’obbligatorietà non è per i clienti. Le problematiche sono altre. Una cosa deve essere precisata: nessun costo aggiuntivo; le imprese hanno già sostenuto ingenti oneri organizzativi ed economici per l’adeguamento dei luoghi di lavoro alle discipline concordate nei protocolli vaccinali”. E non è nemmeno una questione esclusivamente di costi, ma anche di principio “perché alla base c’è il fatto che il vaccino e il green pass sono del tutto gratuiti e la campagna vaccinale va assolutamente sostenuta e accelerata. Quindi è il lavoratore che non vuole fare il vaccino che deve sostenere i costi dei tamponi”.

FIPE-CONFCOMMERCIO. I lavoratori dei pubblici esercizi che ancora non si sono sottoposti a vaccinazione sono 35mila, 40mila al massimo. È la stima dell’Ufficio Studi di Fipe-Confcommercio, per il quale insomma, meno del 10% di chi lavora in bar e ristoranti sarebbe al momento senza green pass, quasi la metà di quanto si registra a livello nazionale negli altri comparti.

“Lo shock del primo e del secondo lockdown, che hanno visto decine di migliaia di dipendenti di bar e ristoranti restare senza lavoro per mesi, ha scatenato una reazione forte di auto protezione. Il risultato è che la stragrande maggioranza dei nostri collaboratori è corsa a vaccinarsi appena possibile. Il desiderio di lavorare senza rischi e con continuità si è rivelato più forte di qualsiasi altra considerazione”, spiega Roberto Calugi, direttore generale di Fipe-Confcommercio.

“Rimane la preoccupazione per i dipendenti non vaccinati che per accedere ai luoghi di lavoro dovranno effettuare ripetutamente il tampone. Dopo i chiari di luna del primo lockdown e i lunghi mesi di misure restrittive – aggiunge Calugi – abbiamo bisogno di ogni singolo lavoratore per poter offrire ai nostri clienti un servizio all’altezza e questa nuova complicazione, pur necessaria, non aiuta”.

Fipe sottolinea anche che “nell’ultimo mese e mezzo i titolari di bar e ristoranti si sono dimostrati straordinariamente diligenti nell’applicazione della norma che li obbliga a verificare il green pass dei clienti che intendono consumare all’interno dei locali. Su oltre 8mila controlli effettuati dai carabinieri dei Nas, le sanzioni hanno riguardato appena il 5% delle imprese. E tra queste, solo una parte sono pubblici esercizi. È la prova della serietà di un settore troppo spesso sommariamente accusato di voler eludere le regole, ma è anche la dimostrazione del desiderio di centinaia di migliaia di imprenditori di tornare a lavorare in sicurezza e con continuità. Tanto da assumersi compiti di controllo che certo non sono propri di chi si occupa di ospitalità”.

FEDERALBERGHI – Sono oltre milione e 400mila i lavoratori del turismo che dal 15 ottobre dovranno esibire il green pass per accedere ai luoghi di lavoro (circa un milione di lavoratori dipendenti e 400mila indipendenti). Per Michele Tropiano, presidente di Federalberghi, si tratta di “una misura che, oltre a tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, ci offre un’occasione importante per promuovere nel mondo l’immagine dell’Italia quale Paese sicuro. I mercati sono molto sensibili a questo tipo di messaggio, basti pensare all’impatto mediatico della campagna di vaccinazione avviata qualche mese fa in alcune isolette greche, mentre in Italia si esitava a fare altrettanto”.

“Proteggere e rassicurare dev’essere il nostro mantra, è importante che il messaggio venga diffuso tanto dalle istituzioni quanto dai singoli operatori, sia nella fase di interlocuzione commerciale che precede la decisione di acquisto sia nel rapporto quotidiano con gli ospiti già arrivati a destinazione”, conclude il presidente degli albergatori.

DECRETO MINISTERIALE OBBLIGO GREEN PASS:

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