Nuovi assalti di branchi di cinghiali ad aziende agricole della Val d’Agri sono avvenuti di notte con danni pesantissimi alle colture pregiate e alle aziende della valle. A denunciarlo è la Cia-Agricoltori Potenza riferendo che i cinghiali possono contare sull’area protetta del Parco da dove di notte raggiungono la valle e i territori di Marsiconuovo, Marsicovetere, Paterno, Grumento Nova, Tramutola, Viggiano in cerca di cibo per poi rientrare “indisturbati” e restarsene “sicuri” nel Parco Appennino Lucano. La situazione – dice Michele Bove, vice presidente Cia Potenza e dirigente Val d’Agri – come se non bastasse in Val d’Agri la carenza idrica è diventata insostenibile. Non è più tempo di indennizzi che quando arrivano dopo lunghissime attese non risolvono nulla rispetto ai veri danni provocati. Ribadiamo le proposte presentate nei mesi scorsi al Presidente del Consiglio Regionale Cicala e a tutti i capigruppo in Consiglio contenute in un documento che contiene una serie di indicazioni pratiche. Per affrontare l’“emergenza cinghiali” in Basilicata si può seguire l’esempio della Regione Umbria che con proprio provvedimento autorizza l’agricoltore in possesso di licenza di caccia a tutelare la sua proprietà e i beni agrari. La Cia parla di autentica svolta attuata dalla Regione Umbria: in caso di presenza di cinghiali sul proprio terreno, l’agricoltore dovrà rivolgersi all’Atc (Ambito territoriale di caccia) competente, il quale avrà non più 48 ore, ma solo 4, per poter intervenire; trascorso questo tempo l’agricoltore è autorizzato ad agire direttamente, se munito di licenza di caccia, mantenendo ugualmente il diritto all’indennizzo dei danni causati. E’ stata dunque accolta una delle nostre proposte su un problema che da anni denunciamo con forza: la necessità di rivedere il piano faunistico venatorio. L’area protetta non può continuare ad essere un’area protetta solo per i cinghiali e non per gli agricoltori. I cacciatori devono essere autorizzati a “battute al cinghiale”.
Inoltre la Corte Costituzionale (con sentenza n°160/2020), ha bocciato il ricorso del Tar delle Marche contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende. Respingendo il ricorso, di fatto la Consulta ha aperto alla possibilità, per tutte le Regioni, di seguire l’esempio delle Marche. E quindi autorizzare gli agricoltori in regola con porto d’armi a difendere e tutelare la propria azienda e il relativo patrimonio colturale e zootecnico”. La Regione Basilicata riprenda la decisione della Corte e adegui la norma regionale per fronteggiare l’emergenza cinghiali nei nostri territori, che vedono la presenza incontrollata e pericolosa di oltre 120 mila cinghiali (secondo le previsioni dell’Osservatorio regionale degli habitat naturali) che devastano terreni e colture e mandano in fumo lavoro investimenti e redditi”.
Sono 7 i punti chiave per invertire la rotta sulla questione animali selvatici : sostituire il concetto di protezione con quello di gestione; ricostituire presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato tecnico faunistico venatorio, a cui dare le competenze oggi divise in diversi ministeri; distinguere le attività di gestione della fauna selvatica da quelle dell’attività venatoria; prevedere la possibilità di istituire personale ausiliario, adeguatamente preparato e munito di licenza di caccia; rafforzare l’autotutela degli agricoltori sui propri terreni; prevedere un risarcimento totale del danno subito dagli agricoltori; rendere tracciabile la filiera venatoria per la sicurezza e la salute pubblica.