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Cerealicoltura lucana, Cia: “rischio dimezzamento”. Ass Cupparo: “modello filiera risposta efficace alla crisi”


“Per contribuire ad affrontare la crisi cerealicola, determinata da fattori internazionali, primo fra tutti la guerra in Ucraina e i grandi quantitativi di grano fermi nei porti ucraini, stiamo seguendo il modello della filiera produttiva (cerealicola) in grado di garantire tutti i soggetti interessati, dal produttore, a chi si occupa di commercializzazione, al trasformatore”. È quanto sostiene l’assessore per le Politiche Agricole, Forestali ed Alimentari, Francesco Cupparo ribadendo l’impegno a monitorare l’evoluzione della situazione, come sollecitato da agricoltori e cerealicoltori, oltre che dalle imprese dell’agroalimentare lucano per individuare le misure necessarie.

“La base di partenza – aggiunge Cupparo – è il bando regionale (2018) con il quale sono state finanziate, con il PSR 2014-2022, due filiere cerealicole per circa 7 milioni di euro in grado di produrre investimenti per 14 milioni e il IV Bando nazionale Mipaaf per le filiere agroalimentari che siamo impegnati a co-finanziare, colmando il vuoto finanziario ereditato, con una filiera cerealicola formata prevalentemente da imprese lucane per 12 milioni di intervento progettuale. Siamo convinti, dando seguito a scelte delle due programmazioni Psr precedenti e ancor più attraverso la programmazione del nuovo quinquennio, che è questa la strada da seguire per tutelare innanzitutto i cerealicoltori verso la giusta remunerazione in base all’alta qualità del nostro grano. I contratti di filiera sono dunque lo strumento migliore di garanzia per le regole contenute nella determinazione dei prezzi e per il conferimento ai trasformatori favorendo inoltre la diversificazione delle produzioni, proprio come sta accadendo in parte tra i cerealicoltori del Materano per rispondere con immediatezza alla domanda delle imprese di panificazione e di prodotti da forno”.

“Pur riconoscendo che la nostra è una risposta parziale alle grandi problematiche che fanno parte del sistema di globalizzazione dei mercati internazionali e delle speculazioni – continua Cupparo – è tra l’altro questo un modo per promuovere ed accrescere il ‘made in Basilicata’ e quindi il consumo di prodotto lucano. In questa strategia, che seguiamo con l’Autorità di Gestione Prs Basilicata, è fondamentale la volontà dei nostri cerealicoltori e titolari di aziende di trasformazione a mettersi insieme e a fare rete irrobustendo l’attuale filiera produttiva. Questo è quello che intendiamo e possiamo fare. Alla Commissione Europea chiediamo, invece, misure urgenti come la modifica del tetto massimo per gli aiuti di Stato, in modo da sostenere le imprese sui maggiori costi di carburanti, mangimi e fertilizzanti. Servono modifiche alla Pac e al Psn 23-27, spostando temporalmente gli obiettivi al fine di superare la crisi incrementando la produttività agricola. In tal senso servono anche maggiori superfici per coltivare mais, grano, soia e girasole, cercando di limitare i danni alla nostra produzione agroalimentare d’eccellenza e alla zootecnia. È urgente la disapplicazione delle superfici a riposo e degli obblighi di diversificazione culturale. Fondamentale la deroga alla disciplina degli aiuti di Stato”.

Per la siccità e le elevate temperature degli ultimi giorni la produzione cerealicola lucana potrebbe essere dimezzata. I più colpiti sono i cerealicoltori del Vulture-Melfese, dell’Alto Bradano e della Collina Materana. L’allarme viene da Leonardo Moscaritolo responsabile GIE-cerealicolo della Cia-Agricoltori e vice presidente della Cia Potenza. La “tempesta perfetta” come ormai, purtroppo, è ampiamente diventato un diffuso luogo comune – aggiunge – riguarda la combinazione tra gli effetti climatici e il caro gasolio agricolo, i costi di produzione anche per i cerealicoltori come per tutti gli agricoltori alle stelle. Una situazione drammatica e di emergenza che richiede misure d’emergenza comunitarie, nazionali e regionali che vogliamo discutere al prossimo Tavolo Verde in Regione.

Intanto, per scongiurare una colossale crisi alimentare, per la Cia, bisogna sbloccare subito il grano fermo nei porti ucraini. Non ci si può permettere una “guerra del pane” globale, che avrebbe ulteriori effetti destabilizzanti per tutti sia a livello geopolitico che economico. Così Cia-Agricoltori Italiani, in merito ai piani messi in campo per liberare circa 25 milioni di tonnellate di grano di Kiev, stoccato nei silos e ora anche a rischio marcimento per via del caldo eccezionale.

Occorre evitare ogni nuova escalation e fare di tutto per raggiungere al più presto un accordo che porti alla ripresa dell’export di grano bloccato nei porti del Mar Nero e destinato soprattutto ai Paesi dell’Africa, che sono quasi totalmente dipendenti da queste risorse -osserva Cia-. In diverse aree del continente africano le tensioni sono già iniziate, la carenza di cereali si aggrava e aumenta il pericolo povertà.

D’altra parte, oltre il 50% del grano gestito dal Programma alimentare della FAO arrivava, abitualmente, dall’Ucraina -ricorda Cia-. E l’Onu ha già avvertito che, se la guerra andrà avanti e il “granaio del mondo” resterà sotto le bombe, potrebbe salire a quota 320 milioni il numero di persone a soffrire di fame acuta nel pianeta.

Per questo motivo, Cia si unisce ai numerosi appelli già lanciati, dal premier Draghi a Papa Francesco, per chiedere di accelerare lo sblocco del grano ucraino ed evitare una catastrofe alimentare. Allo stesso tempo, i principali Paesi dovranno aumentare la produzione di grano, anche per colmare la minore offerta sui mercati internazionali. In quest’ottica, alla Commissione Ue spetterà decidere se accogliere la richiesta degli Stati membri, compresa l’Italia, all’ultimo Consiglio Agrifish, di una deroga alla rotazione per il 2023, per consentire un incremento delle semine.

Quanto all’Italia, resta prioritario intervenire in maniera strutturale per abbassare i costi di produzione, in particolare del gasolio agricolo, arrivato fino a 1,45 euro al litro. Il prezzo straordinario dei carburanti mette a rischio le trebbiature nelle aree marginali e meno produttive -sottolinea Cia- riducendo i raccolti di grano duro in una fase così delicata.

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