Gli artigiani, spesso piccoli produttori, orientati sulla qualità del prodotto, il cui stereotipo è la bottega, ultimo baluardo di un sistema produttivo romantico, arti che ci definiscono come popolo, si esprimono attraverso il dna del territorio, con le tante peculiarità a cui restituiscono forma e valore.
L’artigianato appare oggi quel settore verso cui dirigere maggiore attenzione a causa delle difficoltà cui versano le imprese, pesantemente danneggiate dal blocco di tutte le attività produttive in questa emergenza sanitaria. La sofferenza vissuta in questi mesi di lookdown ha colpito tutti i settori, dal manifatturiero ai trasporti, i comparti più rappresentativi delle imprese artigiane vanno dalle costruzioni, con una flessione del fatturato di 3,2 miliardi, imprese edili e lavoratori del comparto, fino alla manifattura con una flessione di 2,8 miliardi (metalmeccanico, legno, chimica, plastica, tessile-abbigliamento, calzature, ecc.), e ancora i servizi alla persona (parrucchieri , estetiste..) e l’ampia sfera di artigiani che prestano lo loro opera nell’ambito dello spettacolo, affiancano agli artisti fortemente lesi dalla pandemia vi è tutta la parte meno in vista ma fondamentale (acconciatori – scenografi- addetti alle luci, alla fotografia, ai costumi, ecc.)3,2 miliardi, imprese edili e lavoratori del comparto, fino alla manifattura con una flessione di 2
Non è superfluo ricordare che senza le imprese artigiane non esisterebbe il “Made in Italy”, le imprese in Italia sono un milione e trecentomila e danno lavoro a 3 milioni di lavoratori, l’alto numero di culture artigiane, lascia intendere come questo settore sia capace di produrre un reale vantaggio competitivo, ripartire dunque riconoscendo nel valore culturale dell’artigianato, un valore economico e di comunità, che può essere sfruttato sia dal “piccolo” artigiano, su cui fonda spesso la sua sopravvivenza, sia dalle medie e grandi imprese. Riappropriarsi dunque di quella capacità creativa, propria del nostro Paese, che ha conquistato la stima del mondo intero, significa ripartire da un grande progetto culturale e sociale, con un’inversione di tendenza, la riscoperta degli antichi mestieri, praticati dai nonni e, successivamente, abbandonati dai padri in cerca di attività più redditizie, oggi rappresentano un’occasione ambivalente per i giovani.
Il potenziale economico dell’artigianato è elevatissimo, basilare che il concetto venga instillato nelle nuove generazioni, abituati a vederlo relegato nelle vecchie botteghe polverose, oberate di oggetti. Il numero delle eccellenze nazionali di artigianato che da Nord a Sud rischiano l’oblio desta preoccupazione, la CGIA ha elencato 25 vecchi mestieri artigiani che rischiano di scomparire “definitivamente“ dalle nostre città e dai paesi, molti dei quali considerabili veri e propri Beni Unesco, è messo a repentaglio un patrimonio dell’umanità che invece potrebbe avere un importante rilancio, risvegliare l’interesse autentico verso queste professioni, diviene una corsa contro il tempo, prima che tutto scompaia completamente. Sempre più spesso resta solo l’obbiettivo di una macchina fotografica, uno dei fotografi, Francesco La Centra, che ha orientato il suo interesse in una ricerca continua verso quella umanità connaturata al territorio, rivela quanto sia improbabile cogliere istanti fortuiti, fatti di persone dai gesti armonici e minuziosi, fermare quella manualità che si dissolve per l’assenza di nuove leve che siano pronte a prendere il posto dei vecchi artigiani, una umanità che muta senza riconoscere il giusto valore dei mestieri e delle arti applicate.
Considerati i molti settori in cui i giovani possono trovare una via soddisfacente nel loro ingresso al mercato del lavoro, è possibile comprendere l’entità della possibile ricchezza, tramandare le tecniche produttive e i segreti dei diversi mestieri, puntando sul ricambio generazionale attraverso la ri-costruzione di un’offerta formativa, si pensi ad esempio ai percorsi di alternanza scuola-lavoro o il recupero di quella dimensione dell’apprendistato e dell’andare a bottega, momenti fondamentali per la comprensione autentica del mestiere tradizionale, che oggi si fonderebbero con il sapere digitale. Investire dunque nuove energie nell’artigianato, attraverso progetti di filiera che esaltino il talento creativo combinato con quello imprenditoriale, in un dialogo progressivo verso le nuove frontiere dell’e-commerce e dello storytelling.
È auspicabile che maggiori sforzi vengano fatti a livello istituzionale per fronteggiare i danni molto gravi provocati dalle chiusure delle attività e per favorire la nascita di nuove imprese, ideare percorsi di formazione, condivisa da parte delle istituzioni, e dei tanti attori oggi coinvolti (università, fondazioni, associazioni di categoria e non profit, imprese, esperti, enti e soggetti dei territori), che non può prescindere da sperimentazione e ricerca. Il Decreto Rilancio per sostegno alle imprese, ha predisposto aiuti sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili o agevolazioni fiscali, integrando i primi interventi con i Decreti ‘Cura Italia’ e ‘Liquidità’”, contiene una vasta serie di misure sollecitate da Confartigianato fin dai primi giorni di marzo, Il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti commenta il Decreto Rilancio e sottolinea la necessità che l’efficacia dei provvedimenti non venga compromessa dai tempi lunghi di erogazione e dalle complessità burocratiche. Tra innovazione e nuove tecnologie, bisogna ripartire, che per l’Italia intera corrisponde a concentrarsi sul futuro con aperture anche alla contaminazione con altre filiere, ma tenendo ben ferme le proprie radici e la relazione con i vecchi artigiani che sono, gli unici, ultimi depositari dei mestieri, mettere in pratica passioni, restituendo “all’intelligenza delle mani” per recuperare quella specificità e “custom made” quella dignità che la rivoluzione industriale ispirata ai canoni che lo “scientific management” ha allontanato.
Chi è dunque il Nuovo Artigiano, come trasforma le sue idee, come trasforma la materia, l’oggetto d’arte oltre ai manufatti acquistano visibilità attraverso le storie di chi le ha realizzate, lavorando sugli immaginari collettivi, facendo emergere il lato spesso invisibile del lavoro artigiano attraverso i processi di produzione. Se penso ad un nuovo modo di vedere l’artigianato, penso alla straordinaria passione di Marcus Pace, un esempio della possibilità di aver successo in questo settore, un giovane laureato che dal sud ha esportato “l’arte di fare camicie” nella competitiva Milano, una figura professionale molto apprezzata, in grado di offrire prodotti sartoriali su misura di alta qualità alla propria clientela, fortemente legato a quella che lui ritiene la sua terra, la Lucania, o ItaloLucano come ama definirsi, dove ha acquisito quella capacità italiana di fare impresa artigiana, basata sull’attenzione per la qualità, sull’unicità, sotto il profilo del design e dei prodotti proposti, un designer che affiora attraverso le competenze e la forza dell’identità dei luoghi. Non ci sarà da stupirsi se nei prossimi anni il fenomeno che vede i giovani, anche quelli in possesso di titoli di studio di livello avanzato, tornare a dedicarsi ai mestieri di un tempo continuerà a crescere.
I nuovi Mestieri d’Arte stanno già cambiando il modo di comunicare l’artigianalità, tornano a raccontare storie di persone e territori, e se da un lato nei prossimi anni la nostra vita sarà sempre più permeata da tecnologia e robotica, il mondo del lavoro subirà una crescente richiesta di professionalità basate su competenze umane, che le macchine non possono rimpiazzare, in primis la manualità. Le imprese sociali nate in realtà difficili del Mezzogiorno che catturano l’interesse e la volontà dei giovani vedono nell’artigianato e nella bellezza una via concreta per dare forma ai loro sogni, un processo di innovazione sociale dove a prevalere non sia il “saper fare” del singolo ma la capacità collettiva di partire, attraverso l’immaginazione (design thinking) e la creatività (problem facing), da un’intuizione comune, e svilupparla sino a trasformarla in una pratica diffusa. , saper far bene, per star bene” e coincide con il monito del filosofo Edgar Morin: “…Oggi i giovani sono chiamati ad affrontare un compito ancora più ampio: la salvezza del genere umano. Hanno una missione grande davanti a loro e dobbiamo educarli ad apprendere e a maturare una conoscenza adeguata ad assolvere a questo compito fondamentale a cui sono chiamati…” quel “nuovo umanesimo” su cui ormai da tempo si sta lavorando, da cui dipende lo sviluppo sostenibile, nella consapevolezza che nessun uomo è un’isola, riconducibile a temi sempre più contingenti quelli della persona e del pianeta.
Carmen De Rosa