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Acconto Imu 2020: martedì la scadenza della prima rata, come si calcola e tutte le novità


Come deciso nella scorsa legge di bilancio, l‘imposta sugli immobili che non sono abitazione principale nel 2020 è solo una: l’Imu diventa un unico tributo insieme alla Tasi. A conti fatti il cittadino continuerà però più o meno a pagare la somma delle due vecchie imposte anche se l’unica da pagare sarà la nuova Imu. Anche le modalità di pagamento rimandono le stesse: prima scadenza, il 16 giugno per pagare l’acconto o l’intero importo dovuto.

Quando e come si paga

Il versamento della nuova Imu viene fatto in due rate, scadenti la prima il 16 giugno e la seconda il 16 dicembre, con possibilità di versare interamente il dovuto entro il 16 giugno. Attenzione, perché in caso di versamento in due rate, a giugno si paga l’imposta dovuta per il primo semestre utilizzando aliquote e agevolazioni dell’anno precedente. In pratica, a giugno 2020 paghi la metà di quanto hai versato per Imu e Tasi nel 2019, a dicembre si fa il conguaglio in base a quanto delibera il Comune.

L’imposta è dovuta per l’anno in corso e viene calcolata in proporzione alla percentuale di possesso e ai mesi dell’anno nei quali si è protratto il possesso. Il mese si conta per intero se il possesso dura più della metà dei giorni di cui si compone il mese, ad esempio se erediti una casa il 18 aprile l’Imu è dovuta a partire dal mese di maggio.

Attenzione, in caso di vendita, il giorno del rogito ricade sull’acquirente, inoltre l’imposta del mese del trasferimento resta interamente a suo carico nel caso in cui i giorni di possesso risultino uguali a quelli del venditore.

Non sull’abitazione principale

La nuova Imu rimane un’imposta sulle seconde case. Sono escluse quindi le abitazioni principali a meno che si tratti di immobili di lusso accatastati come A1A8 o A9.

Ma cosa s’intende per abitazione principale? È bene ricordare che per abitazione principale si intende la casa in cui il possessore e i componenti del suo nucleo familiare dimorano abitualmente e hanno la residenza anagrafica. Nel caso in cui i componenti del nucleo familiare abbiano la dimora abituale e la residenza anagrafica in immobili diversi situati nel Comune, le agevolazioni per l’abitazione principale e per le relative pertinenze si applicano per un solo immobile.

Quali sono le pertinenze dell’abitazione principale? Si intendono solo quelle classificate come C2C6 e C7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna di queste categorie catastali, anche se iscritte in catasto unitamente all’unità ad uso abitativo. Per fare un esempio, chi avesse due box separati nella propria abitazione, solo uno dei due sarebbe esente dal pagamento dell’Imu.

Su cosa non si paga la nuova Imu

Ai fini dell’imposta si considerano come abitazioni principali:

  • le unità immobiliari appartenenti alle cooperative edilizie a proprietà indivisa, adibite ad abitazione principale e relative pertinenze dei soci assegnatari e quelle destinate a studenti universitari soci assegnatari, anche in assenza di residenza anagrafica;
  • gli alloggi sociali adibiti ad abitazione principale;
  • la casa familiare assegnata al genitore affidatario dei figli, a seguito di provvedimento del giudice;
  • un solo immobile, posseduto e non concesso in locazione, dal personale in servizio permanente appartenente alle Forze armate e alle Forze di polizia ad ordinamento militare e da quello dipendente delle Forze di polizia ad ordinamento civile, nonché dal personale del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, e dal personale appartenente alla carriera prefettizia, per il quale non sono richieste le condizioni della dimora abituale e della residenza anagrafica.

I comuni possono considerare direttamente adibita ad abitazione principale l’unità immobiliare posseduta da anziani o disabili che acquisiscono la residenza in istituti di ricovero o sanitari a seguito di ricovero permanente, a condizione che la stessa non sia locata. Questo tipo di agevolazione è concessa per un solo immobile.

Chi la deve pagare

La nuova imposta, come la precedente, si applica in tutti i Comuni italiani ai possessori di immobili, cioè il proprietario o il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi e superficie.

Il fabbricato deve esser iscritto al catasto e avere la rendita catastale, in caso di nuova costruzione l’Imu è dovuta a partire dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione o, se precedente, dalla data di utilizzo dell’immobile.

Se la casa è di proprietà di più soggetti, ognuno è responsabile del pagamento della propria quota di Imu, calcolata sulla base della sua situazione personale. Pertanto, in caso di comproprietà potrebbero esserci applicazioni diverse dell’Imu su ogni quota.

In caso di decesso bisogna pagare l’Imu a nome del defunto fino alla data in cui è mancato. In pratica bisogna considerare la situazione preesistente al decesso e pagare l’imposta con le regole applicabili fino a quel momento. Dalla data del decesso in poi si deve considerare la situazione degli immobili all’interno della successione perché, ad esempio, una casa poteva essere considerata abitazione principale per il defunto, ma non per tutti i suoi eredi. Fai attenzione alla data del decesso per il conteggio del mese, infatti il mese si considera per intero solo se il possesso è durato più di 15 giorni.

Quanto si paga? Dipende tutto dal Comune

Come per la precedente imposta anche la nuova Imu è un’imposta Comunale. E come tale è il Comune dove è situato l’immobile che stabilisce le aliquote in base alle quali si calcola l’Imu. Ma entriamo nel dettaglio.

  • Per l’abitazione principale di lusso (accatastata come A1, A8 e A9) e le relative pertinenze, l’aliquota base è dello 0,5% che il Comune può azzerare o aumentare al massimo allo 0,6%. Spetta però una detrazione di 200 euro da dividere proporzionalmente tra chi deve pagare l’Imu.
  • L’aliquota di base per i terreni agricoli è pari allo 0,76% e i Comuni, possono azzerarla o aumentarla sino allo 1,06%.
  • Per le case non utilizzate come abitazione principale l’aliquota di base è pari allo 0,86% e i Comuni possono azzerarla o aumentarla sino all’1,06%. I Comuni inoltre, potranno aumentare ulteriormente questa aliquota portandola all’1,14% in sostituzione della Tasi sparita dal 2020.
  • Infine per le abitazioni locate a canone concordato l’imposta, determinata applicando l’aliquota stabilita dal Comune, è ridotta al 75%.

La dichiarazione Imu

La dichiarazione IMU va presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta.

Quanto “costa” il ritardo

Dal 1° gennaio 2020 il tasso di interesse da applicare all’imposta è dello 0,05% annuo.

  • Ravvedimento sprint: se paghi entro 14 giorni dalla scadenza la sanzione è dello 0,1% giornaliero.
  • Ravvedimento breve: se paghi dal 15° al 30° giorno successivo alla scadenza, la sanzione è fissa all’1,5%.
  • Ravvedimento medio: se paghi dopo il 30° giorno di ritardo fino al 90° giorno, la sanzione fissa sale all’1,67%.
  • Ravvedimento lungo: se paghi dopo il 90° giorno di ritardo, ma comunque entro i termini di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è stata commessa la violazione, la sanzione fissa è del 3,75%. Se non c’è obbligo di presentare la dichiarazione Imu i termini scadono il 16 giugno e il 16 dicembre dell’anno successivo.

Oltre questo termine si applica una sanzione del 30% dell’imposta non versata.

fonte: ALTROCONSUMO.IT

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