Eventi in BasilicataNotizie dal Territorio

A Corleto Perticara: RADICA – FEST un festival della e per la riflessione, all’ombra di un cortometraggio (Chi ten i’ colp). Una festa nuova ed una nuova festa.

 

Ci sono momenti, nella storia delle società, che rappresentano punti di svolta. Momenti di svago, eventi politici o emergenze che inducono a riflettere.

Nel panorama delle manifestazioni estive dei paesi lucani, dove i manifesti grondano di annunci per sagre, concerti bandistici o rievocazioni storiche, iniziano ad apparire manifestazioni non finalizzate al solo svago, ma con spunti per la riflessione e come occasioni di incontro e confronto tra generazioni.

Fuori dalle nubi sui barbecue che annebbiano il percorso nei centri storici dei “Borghi lucani”, si è tenuto, a Corleto Perticara, un “Festival” sotto il nome di “Radica-Fest””. In una zona periurbana al limite tra centro abitato e la campagna aperta, allestita con stile sobrio e ben curato nel suo layout e format.

Dunque, l’idea è nata da un interrogativo socio-antropologico di due giovani talenti lucani, Antonio Nolè e Francesco Mentissi alias Rocchino, rispettivamente regista e attore protagonista. I due, osservando lo spazio che con la loro vettura “fendevano” durante un viaggio di ritorno da Matera a Potenza, hanno espresso un pensiero sulle sorti della Lucania e dei lucani: su ciò che è e che poteva essere, e su ciò che è stata. Raccolti gli amici, Lorenzo Carone, Ilenia Ginefra, Mirko Mecca, Francesco Biscione ed altre eccellenze lucane che non cito solo per ragione di spazio, sviluppano un progetto che sfocia in un cortometraggio che viene selezionato per il Marateale dedicato al cinema.

Chi ten i’ colp è un cortometraggio che nelle ombre e nelle stilettate di luce ci racconta il silenzio e la delusione. Quel “lusco e brusco” che caratterizza il lucano, capace di reagire a metà. Il lucano che agita momenti di ribellione che poi finiscono nel più storico e narrato immobilismo che lo contraddistingue. Del resto “le porte restano chiuse dentro le valige”. Quelle porte che solitamente uno chiude o sbatte quando abbandona un luogo. E tutto questo nei “frame” e nella luce vengono restituiti molto sapientemente, dal montaggio e dal “story board” inanellata con maestria e con passione. Il Silenzio resta il protagonista del racconto, benché vi siano momenti di spiccata capacità di ribellione, che la presa diretta ci restituisce molto bene. Un cortometraggio che in un taglione mostra perplessità, se non proprio risentimento, verso un atteggiamento predatorio delle risorse lucane, citando le trivellazioni ed ovviamente il petrolio, diventato per antonomasia l’elemento iconico delle tante azioni di sfruttamento della terra di Lucania. Quasi stridente in un posto dove la maggior parte dei giovani lavora “al petrolio”, ma proprio perché stridente ho colto il significato del termine “progresso”, quando “Rocchino” lamenta che “tutti quanti a dire che sarebbe arrivato il progresso […]”. Ecco la lettura che mette in pace l’animo con il luogo: la riflessione e la disperazione di “Rocchino”, che mi fa pensare al petrolio come portatore di sviluppo mentre ciò che tarda ad arrivare è il progresso. (Pasolini – ipse dixit).

Per una volta la serata non girava intorno ad un panino con la salsiccia né ad un piatto di fagioli ma intorno a spunti per riflettere e, cosa fondamentale, per confrontarsi.

Una festa che ha assunto, a tratti salienti, il tono del Think Tank per questioni socio politiche o economiche e sociali.

Un raduno che a tratti iniziali dava anche l’idea di un “Live AID” o di un rave eventofundraising”.  Il tutto dentro una cornice ed un panorama stupendo, che credo neanche i cittadini del posto avevano mai osservato con l’attenzione che il momento concedeva.

Musicisti emergenti molto bravi – al netto dei molto conosciuti Anastasio e Comete – che danno l’avvio alla serata per poi passare alla proiezione dei cortometraggi che affrontano temi importanti, quali le sorti di questa Regione, lo sviluppo e l’evoluzione, agognando un progresso che tarda ad arrivare,  in maniera che i giovani non la abbandonino più con la tristezza nel cuore.

Alla fine si rientra a casa con la serenità di chi ha vissuto momenti di tranquillità dentro spazi stimolanti per la riflessione sul futuro che ci aspetta. Quel futuro che sarà frutto di questo presente che dovrà riuscire ad immaginarlo fuori dagli schemi. Del resto l’organizzazione porta il nome di “IperUranio”, e stando ben al di sopra di “tre metri sopra il cielo” la visione è ben lungi da limitarsi al solo sguardo dell’orizzonte, perché c’è la voglia di sapere cosa si cela oltre il confine dove il cielo si unisce alla terra.

Torno a casa con l’animo in pace, procedendo adagio ed ascoltando: << […] Tutto è finito., Si smonta il palco in fretta. Perché anche l’ultimo degli addetti ai lavori C’ha a casa qualcuno che l’aspetta. Restano sparsi, disordinatamente, i vuoti a perdere mentali, Abbandonati dalla gente.>>

 Gianfranco Massaro – Agos

         

Articoli correlati

Articoli correlati