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Qual è la minaccia più grave a livello globale? Gli italiani nominano il clima

A che punto siamo sugli accordi sul clima dopo la conferenza COP24?


Qual è la minaccia più grave a livello globale? Prima del terrorismo e della crisi economica, gli italiani nominano il clima. I dati in una ricerca Ispi.

Per la prima volta, i cambiamenti climatici sono in cima alla lista delle preoccupazioni degli italiani. Lo dimostra il sondaggio che Ispi, l’Istituto per gli studi di politica internazionale, anche quest’anno ha affidato a Ipsos per capire come si pongono i nostri connazionali di fronte ai grandi temi della politica internazionale.

Alla domanda Qual è la minaccia più grave a livello globale?, infatti, i cambiamenti climatici sono citati addirittura dal 28 per cento degli intervistati. Una percentuale che nell’ultimo anno è più che raddoppiata, staccando visibilmente tutte le altre opzioni. Al secondo posto c’è il terrorismo islamico, che nel 2015 (all’indomani degli attentati di Parigi) preoccupava addirittura il 38 per cento degli italiani, una quota che quest’anno è scesa fino al 16 per cento. A seguire, le tematiche di stampo economico e sociale: le disuguaglianze nel mondo (13 per cento) e la crisi economica (11 per cento).

Al summit sul clima in Polonia

è stato approvato il Katowice Climate Package, il manuale di istruzioni per applicare l’accordo di Parigi. È il risultato di una Cop complicata, a causa di complessità tecniche e di un contesto internazionale difficile. Dopo oltre due settimane di negoziati tesi, è stato adottato il testo che indica la strada per affrontare e ridurre i cambiamenti climatici.

Cosa è stato approvato e cosa no (per ora)

Il compito principale della Cop24 era di adottare il cosiddetto “regolamento di Parigi” (Paris rulebook): una serie di regole e linee guida comuni necessarie per mettere in pratica l’accordo sul clima del 2015 e trasformarlo in un quadro globale operativo.
Le discussioni a Katowice e durante i precedenti vertici sul clima si sono concentrate su dettagli molto tecnici e complessi, tra cui diverse questioni spinose, come i criteri di trasparenza che i Paesi devono rispettare per comunicare gli impegni di riduzione delle emissioni, e le disposizioni in materia di finanza climatica. Questioni che hanno reso incerto il successo della Cop24 fino alle ultime ore.

L’intesa raggiunta a Katowice (ribattezzata Katowice Climate Package) istituisce un sistema comune di rendicontazione delle emissioni e di valutazione dei piani climatici nazionali (NDCs), che si applica a tutti i Paesi. Un risultato per nulla scontato dato che durante i negoziati precedenti, dal 2015 in poi, gran parte delle tensioni emergevano dalla tradizionale differenziazione (in termini di impegni e responsabilità) tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo. Secondo gli osservatori, la cooperazione tra i negoziatori europei e la delegazione cinese è stata decisiva per superare lo stallo.

In un documento di 133 pagine, le decisioni prese a Katowice stabiliscono che i Paesi devono usare i criteri di rendicontazione e metriche conformi alla prassi dell’IPCC, e scadenze temporali comuni per le misure da attuare a partire dal 2031. Le informazioni sugli impegni climatici nazionali saranno raccolte in un registro pubblico, che verrà creato nel corso del 2019. Nel frattempo, si continuerà ad utilizzare l’attuale registro provvisorio gestito dall’UNFCCC (NDC Interim Registry). Gli impegni nazionali includeranno dettagli aggiornati sulle misure di mitigazione e adattamento e sul sostegno finanziario all’azione per il clima nei Paesi più poveri.

L’intesa comprende anche linee guida sul processo per stabilire nuovi obiettivi in ​​materia di finanziamenti per il clima dal 2025 in poi, e disposizioni per includere aspetti relativi a perdite e danni causati dai cambiamenti climatici sia nel global stocktake previsto nel 2023, sia nelle norme di rendicontazione e trasperenza.

Lo stallo sul funzionamento dei sistemi di scambio di emissioni post 2020 (relativo all’articolo 6 dell’accordo di Parigi) ha rischiato di fare deragliare i negoziati della Cop24 fino alle ultime ore. L’accordo di Parigi prevede che i Paesi possano usare anche “meccanismi di mercato” per raggiungere gli obiettivi nazionali di mitigazione, ma a Katowice è stato impossibile trovare un accordo sui criteri per evitare il doppio conteggio delle riduzione delle emissioni, garantire l’integrità ambientale delle misure sottostanti le quote e rendicontare i trasferimenti  in modo trasparente. Secondo media e osservatori, il Brasile ha spinto per regole meno stringenti sul sistema di scambio delle quote, nonostante la forte opposizione di molti altri Paesi. La definizione delle norme relative all’articolo 6 è stata rinviata alla prossima sessione UNFCCC, nel giugno 2019, con l’obiettivo di completare il quadro normativo alla Cop25.

Che cosa (non) è stato deciso alla conferenza Cop24

Un sistema di regole per misurare le emissioni: questa l’unica “faticosissima” conclusione cui sono giunte le 30.000 persone impegnate per tredici giorni alla 24° Conferenza delle Parti (COP24) che si è tenuta a Katowice in Polonia per dar seguito agli impegni che 196 Stati hanno assunto tre anni fa sottoscrivendo l’Accordo di Parigi.

Niente, per contro, sui meccanismi di cooperazione tra gli Stati per conseguirne gli obiettivi (articolo 6 dell’Accordo). Niente sugli impegni (promessi ma poi disattesi) di finanziamento dei Paesi industrializzati ai paesi in via di sviluppo.

Niente sull’adeguamento dei piani nazionali dopo gli allarmi lanciati dall’IPCC nel suo recente Special Report che la Conferenza non ha inteso far proprio ufficialmente (Galeotti e Lanza, Cop24, clima a bassa pressione, lavoce.info 18 dicembre 2018).

Chi abbia a cuore le sorti del Pianeta, Katowice sia stato poco o niente.

È quindi incomprensibile la soddisfazione espressa da parte degli ambientalisti ufficiali, a partire dal capo delle Nazioni Unite per il clima Patrizia Espinosa, che ha giudicato “eccellente” il risultato di Katowice pur se “alcuni dettagli dovranno essere completati e migliorati nel tempo”.

Mi si dica quale soddisfazione possa esservi nel leggere quanto scritto dall’European Environment Agency secondo cui in Europa:

– “i progressi verso i target su clima ed energia per il 2020 stanno attenuandosi”;
– solo “15 Stati Membri possono considerarsi in grado di conseguirli”;
– solo 5 Stati sono sulla traiettoria giusta per conseguire gli obiettivi fissati per il 2030.

Conclusioni totalmente confliggenti sia con il Piano presentato a Katowice dai rappresentanti di Bruxelles per arrivare ad azzerare le emissioni nette entro il 2050 che con gli obiettivi fissati nell’Accordo di Parigi. Accordo che fu salutato allora, vale rammentare, come un “trionfo monumentale per la popolazione e il nostro pianeta” da Ban Ki-moon Segretario Generale delle Nazioni Unite; come un “accordo che vale un secolo” secondo l’allora Presidente francese François Hollande; come un Accordo che “mette al sicuro le condizioni di vita di miliardi di persone per il futuro” a dire della Cancelliera tedesca Angela Merkel.

Anziché denunciare lo scarto tra impegni e fatti, parte degli ambientalisti si dice soddisfatto di come le cose vanno consolandosi con qualche dato sull’aumento delle rinnovabili, con le previsioni sulla penetrazione dell’auto elettrica, con il continuo innalzamento dei target di riduzione delle emissioni (senza badare se siano raggiungibili o no).

Di fronte a questa accidia vien da pensare che il peggior negazionismo non sia tanto o solo quello di chi si rifiuta di ammettere i cambiamenti climatici originati dall’uomo, ma nondimeno di chi semplifica la complessità delle cose e di chi sostiene che ogni ‘piccolo passo in avanti’ sia comunque un’ottima notizia, smentendo di fatto gli allarmi dell’IPCC e l’urgenza con cui bisognerebbe agire.

Denunciarlo sarà anche ‘riduttivo e banale’, ma è intellettualmente e ambientalmente più onesto.

Parole che contano:

I prossimi passi

Il segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ospiterà un vertice a New York a settembre 2019 per spingere i governi ad accelerare l’azione per il clima. “L’approvazione del programma di lavoro alla Cop24 di Katowice è la base per un nuovo processo di azione climatica. L’ambizione sarà al centro del Summit sul clima che convocherò a settembre. È tempo di mostrare maggiore ambizione per sconfiggere il cambiamento climatico “, ha scritto su Twitter alla chiusura dei negoziati in Polonia.

La Cop25 sarà un vertice chiave per definire i dettagli finali del rulebook, in particolare le controverse norme relative all’articolo 6. Il vertice si svolgerà in Cile dopo che il Brasile, Paese opite precedentemente designato, ha ritirato la disponibilità pochi giorni prima dell’avvio della Cop24.

La Cop26 nel 2020 sarà un appuntamento decisivo in cui i Paesi sono chiamati a presentare gli impegni nazionali da attuare dal 2030 in poi. Regno Unito e Italia hanno entrambi annunciato la propria candidatura ad ospitare la Cop26.

FONTI:

LIFEGATE.IT

AGI.IT

STARTMAG.IT

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