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Il garage di Steve Jobs e di Bill Gate ci hanno regalato l’evoluzione del mondo, il garage di Vincenzo D’Onofrio da Sant’Arcangelo ci ha regalato EROI.

Gli eroi son tutti giovani e belli, recitava una canzone molto conosciuta e molto popolare di Francesco Guccini. Eroe(i) è la parola più scritta e più letta da giovedì 4 luglio scorso; da quando a Roma, in via dei Gordiani, quartiere Prenestino, è scoppiato un deposito di GPL presso un distributore di carburanti. Francesco D’Onofrio, capopattuglia della polizia di stato viene annoverato tra gli eroi del Prenestino per aver fatto il proprio dovere con senso di responsabilità e con sprezzo del pericolo per poter aiutare e contribuire a mettere in salvo quante più persone possibili e, nel mentre, resta gravemente ferito ed ustionato proprio perché nella fase di attività di soccorso, durante l’incendio, si è verificato lo scoppio dei serbatoi con un boato che è stato avvertito in tutta la capitale.

Torna di nuovo il concetto di dovere confuso con eroismo e, in un mondo che naviga nell’indifferenza e nella paura del contatto sociale, sapere che c’è gente che ha nel DNA il concetto di solidarietà, di sacrificio, di dovere ci porta a meravigliarci.

Già in occasione del Confinamento per via del COVID (lockdown) riportai quando segue:

Eroe, nell’era moderna, è colui che, di propria iniziativa e libero da qualsiasi vincolo, compie uno straordinario e generoso atto di coraggio, che comporti o possa comportare il consapevole sacrificio di sé stesso, allo scopo di proteggere il bene altrui o comune. Mentre nella mitologia di vari popoli primitivi, eroe significava essere semidivino al quale si attribuiscono gesta prodigiose e meriti eccezionali; presso gli antichi, gli eroi erano in genere o dèi decaduti alla condizione umana per il prevalere di altre divinità, o uomini ascesi a divinità in virtù di particolarissimi meriti.

Dovere: obbligo morale di fare determinate cose o concretamente ciò che l’uomo è obbligato a fare, dalla religione, dalla morale, dalle leggi, dalla ragione, dallo stato sociale ecc. 

Francesco D’Onofrio, alla giornalista Rai che gli fa domande risponde:<< …mentre c’erano le fiamme alcune persone erano ancora intrappolate tra fumo e fiamme e con il mio collega vice ispettore, Marco Neri, ci siamo detti, dobbiamo andare, e mentre cercavamo di portare in salvo quante più persone possibili c’è stato lo scoppio .>> Alla domanda: <<lo rifaresti>>, Francesco ha risposto senza esitazione: <<Si, siamo addestrati per questo>>. Ecco dunque l’eroe, la persona che ha il senso della disciplina e del dovere.

Ora chiediamoci dove nasce questo senso del dovere e questa capacità di sottostare a criteri di disciplina in maniera così rigorosa. Sicuramente dall’addestramento, ma certamente da un curriculum familiare di tutto rilievo e di tutto rispetto. Perché D’Onofrio, per quanti vivono in Basilicata e per quanti praticano i programmi TV che parlano di Sport anche al di là del calcio, sanno di Terryana e di Orsola D’Onofrio campionesse Internazionali  di Karate, e di Karol Maria D’Onofrio che pratica il calcio in serie C.

Vincenzo D’Onofrio è l’eroe dietro le quinte, colui che circa quarant’anni addietro, in un garage, ha messo su una scuola di Karate. E nei paesi meridionali, ancor di più dell’entroterra di Basilicata, dava il segno di appartenere ai giovinastri “senza cacchi per la testa”. Vincenzo, invece, praticava con passione, convinzione e determinazione uno sport diverso, estemporaneo per il contesto,  ma che contribuiva – secondo i canoni di alcuni soloni del tempo – a crescere giovani rissosi e attaccabrighe.  Tutt’altro; Vincenzo, papà di Francesco, costruiva animi forti, eviscerava le insicurezze di tanti ragazzi del tempo facendoli esprimere in uno sport d’attacco ma usato solo per la difesa, ma soprattutto per la cura del corpo e dell’anima. Ecco, dunque, l’eroe che costruisce eroi; costruisce non giovani attaccabrighe, ma animi forti ed al contempo gentili, ragazzi dalla tempra solida e dalla morale di spessore. Capaci di urlare sul tatami dimostrando con il katà che la forza non è nell’aggredire ma nel sapersi difendere. L’urlo del karateka è l’emblema della deterrenza per evitare il combattimento e schivare gesti di violenza.  La polizia di stato ha acquisito Francesco già temprato, già solido nell’animo e nella mente, già consapevole che << quando c’è da decidere decide>> e giovedì 4 luglio Francesco ha deciso dicendo insieme al suo collega Ispettore: << …dobbiamo andare>>.

Francesco, dicevo, ha nel DNA la follia di Vincenzo, la caparbietà di praticare una disciplina estemporanea e la consapevolezza che dovere e disciplina sono la normalità a tal punto che praticandola, in un mondo sordo e distratto, ti porta ad assumere lo status di Eroe.

Grazie, dunque a Francesco che ha saputo fare ciò che c’era da fare nel momento in cui se ne è presentata la necessità e grazie a Vincenzo D’Onofrio che ha costruito, attraverso le lezioni che ha impartito nella sua palestra, giovani sani e belli, perché da quel garage/palestra sono passati tanti giovani che hanno acquisito e migliorate le loro capacità di praticare il dovere e la disciplina.

Gianfranco Massaro – Agos

   

 

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