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Un lucano “firma” la vittoria dell’Italia ai mondiali di bowling


Da una parte — nella squadra degli azzurri — un panettiere, uno studente in procinto di laurearsi, il titolare di una paninoteca, un piccolo imprenditore edile e due impiegati. Dall’altra — nel milionario «dream team» Usa — i tre migliori giocatori al mondo. Da una parte un sestetto, quello italiano, composto da dilettanti che in questo mondiale di bowling terminato martedì pomeriggio a Hong Kong dovevano fare — secondo i pronostici — poco più che le comparse. Dall’altra la favoritissima formazione americana con professionisti che guadagnano milioni di dollari all’anno. È finita in un modo impensabile: con uno strike tutto tricolore. L’Italia del bowling stende — nella prova a squadre, quella con cinque atleti — birilli e pronostici, e a sorpresa è campione del mondo battendo i superprofessionisti a stelle e strisce. L’Happy Day azzurro va in onda in un pomeriggio che darà lustro a uno sport fino a qualche anno fa conosciuto quasi solo per i suoi passaggi al cinema – o nelle puntate della fortunata serie tv di Fonzie e amici – ma che via via è diventato passatempo anche nei fine settimana italiani. Gli azzurri del bowling (una delle 19 discipline sportive affiliate al Coni) salgono sul tetto del mondo battendo in finale per 2-0 (189-169 e 210-166) la fortissima squadra americana. «È stato un miracolo, mai come questa volta Davide ha battuto Golia», dice l’ emozionato ct Massimo Brandolini — bancario milanese — al telefono da Hong Kong subito dopo la storica vittoria.

I sei vincitori

Stefano Rossi, presidente della Federazione, elenca commosso i nomi dei sei azzurri (cinque titolari e una riserva che ha comunque giocato molto) che hanno fatto l’impresa. Eccoli, scanditi uno per uno: «Pierpaolo De Filippi» (44 anni, titolare di paninoteche tra Roma e Firenze), «Antonino Fiorentino» (lo studente laureando di Potenza), «Marco Parapini» (una specie di figlio d’arte: suo papà è stato uno dei maggiori giocatori di bowling e lui lavora al Centro Bowling «Martesana», a Milano), «Nicola Pongolini» (impiegato), «Marco Reviglio», il più grande con i suoi 53 anni e picolo imprenditore edile) «e Erik Davolio», il più giovane del gruppo, classe ‘96, panettiere. «Sono riusciti dove nessuno scommettitore era arrivato a pronosticare: vincere un Mondiale contro gli Usa — prosegue Rossi, quadro direttivo in una grande azienda chimica, la Esseco — finiti primi o secondi al Mondiale per nove volte consecutive e dopo aver battuto un’altra “grande”, il Canada, in semifinale». Gli azzurri sono arrivati tra le prime quattro dopo essersi qualificati al termine di un duro lungo girone iniziale — con tutte le 47 squadre iscritte — in cui contava abbattere più birilli. «A sorpresa, ma non troppo, abbiamo finito in testa — racconta Rossi —. Il segreto? La concentrazione. Brandolini me lo aveva detto che questo era un gruppo assai coeso…».

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