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Il Coronavirus al tempo delle fake news, l’informazione educhi all’uso corretto della notizia


Nel 2020 internet e il mondo dei social  ci appartiene, ci appartiene a tal punto che cerchiamo qualsiasi notizia su google. Siamo dei “google dipendenti” senza vergogna e siamo felici quando diciamo ad un amico: “cercalo su google” o altri motori di ricerca che troviamo sul web. Il web ci ha quasi resi invincibili, senza scomodare Umberto Eco, possiamo dire che ci sentiamo molto più intelligenti avendo internet dalla nostra parte, che poi internet ci ha reso anche “ipocriti“: beh questo è un discorso che andrebbe approfondito con sociologi e libri che parlano dell’argomento.

E’ arrivato questo virus: covid-19. E’ arrivato e ci ha sbattuto in faccia la vera realtà che se vogliamo vivere tranquilli dobbiamo finalmente ascoltare ciò che dicono i medici e non gli intellettuali da social.

 

Perchè crediamo a tutto quello che il web ci propina?

Facciamo un passo indietro agli inizi del 2020: incendi in Australia, crisi Iraniana, crisi Libica, scioglimento dei ghiacciai con temperature raggiunte in Antartide mai registrate finora e poi è arrivato lui il Coronavirus che ci ha traumatizzati facendo scoppiare il finimondo. Tralasciando che questo 2020 finora faccia quasi schifo, il punto è un altro: tutte queste notizie hanno portato con se tonnellate di fake news a cui non avendo – purtroppo – la controprova siamo portati a credere e a condividere.

Alcune notizie sicuramente hanno delle fondamenta di verità e non tutto deve essere classificato come fake news ma la domanda di fondo resta e qualsiasi risposta io dia resta opinabile.

La Fake News viene dall’inglese e significa notizia falsa, fasulla.  Talvolta si tratta di vere e proprie burle di buontemponi, in altri casi invece sono minuziosamente studiate a tavolino ed hanno lo scopo di agire sull’opinione pubblica.

L’interesse pubblico è un criterio fondamentale del buon giornalista ma ci ritorneremo.

L’argomento delle fake news è portato alla ribalta in questo periodo perchè grazie a Internet ed ai Social Network, rispetto un tempo ora è decisamente più facile far circolare notizie false.

 

Perchè ci sono persone interessate a diffondere fake news?

La prima motivazione che mi viene in mente è quella economica: titoli fuorvianti su temi forti e attuali possono indurre le persone a cliccare per leggere quella notizia, il clic genera traffico sul sito che ospita la notizia falsa e questo traffico viene monetizzato dal sito. Per chi ha praticità con il web marketing saprà che i clic portano visualizzazioni e le visualizzazioni portano gli sponsor pubblicitari ad investire in quel sito e quindi porta un guadagno al gestore del sito stesso.

Altre motivazioni possono anche essere, ahimè, più subdole e pericolose. Diffondere notizie parziali o senza fondamento alcuno possono pilotare l’interesse pubblico e – quindi l’opinione del lettore – su questioni delicate, ad esempio: il riscaldamento climatico oppure di carattere politico. La stessa notizia vista sui profili social di politici di diversi schieramenti stanne certo che sarà diversa in base al pubblico di riferimento di quel politico.

Il sistema delle fake news viene utilizzato anche per perpetrare veri e propri attacchi personali, soprattutto sui social. Un post su facebook creato ad hoc e spinto a dovere per diventare virale crea un danno incredibile e la cosa più grave è che chiunque può generare contenuti fasulli. Non facciamoci ingannare facilmente; il dubbio, quando ci viene chiesto o leggiamo banalmente di condividere una foto, ce lo dobbiamo porre. Diventare bersaglio di caccia alle strega non piace a nessuno e ricordiamo per chi forse non lo sa: pubblicare diffondere a mezzo social contenuti diffamatori è un reato punibile anche con la detenzione (articolo 595 del codice penale – diffamazione).

Nel mondo del giornalismo, vale anche per chi scrive, molte notizie si cercano e si verificano sui social. La verifica delle fonti è un criterio fondamentale per noi giornalisti. Molto spesso, però, il mondo social viene usato anche per attaccare colleghi e personaggi pubblici, seguendo l’errata convinzione secondo cui sarebbero «ambienti privati» in cui è possibile dire qualsiasi cosa in libertà, come a casa propria. Questo tipo di comportamento è censurabile sotto il profilo disciplinare, pur volendosi richiamare ad un uso privato dei social, è molto difficile distinguerlo dall’uso «pubblico». Quindi cari amici state attenti a ciò che scrivete e veicolate sui social,  vale per i giornalisti ma vale per tutti i frequentatori social.

Quando troviamo e leggiamo notizie che all’apparenza sembrano sensazionali con titoli nascosti che creano una sorta di pentimento (indignazione) a non condividerli, ecco proprio quelle notizie sono da non condividere. Accertiamo sempre che il sito in cui leggiamo la notizia sia accreditato ed affidiamoci al buon caro e vecchio Google per approfondire e trovare riscontri. Google è l’eroe di questa era anche se è il primo veicolatore di notizie false.

Abbiamo anche un sito che smaschera le fake news: bufale.net,  un portale molto ben fatto che mette in evidenza le principali notizie false che girano in Internet, nei social network e nelle app di messaggistica istantanea come Whatsapp.

 

Coronavirus e fake news

L’emergenza che ormai coinvolge tutto il mondo e da venerdì scorso sta destabilizzando il sistema sanitario e sociale italiano va affrontata su diversi piani. Il ruolo con maggiori responsabilità è dell’informazione sulla base della verifica delle fonti e attendibilità delle stesse.

Nell’ultima settimana le fake news vengono diffuse e veicolate senza criterio, condivisione sui social che portano purtroppo alla disinformazione creando psicosi e allarmismo inutile.

E’ notizia dei giorni scorsi della diffusione di un foto-montaggio, creato su siti nei quali è possibile farlo, con una schermata manipolata di canali di informazioni che faceva riferimento ad un caso conclamato di coronavirus in Basilicata. Notizia ovviamente priva di ogni veridicità. Diffusione che è diventata virale creando confusione e panico. La polizia postale ovviamente è vigile sulle fonti di questa cattiva informazione.

Da qui il richiamo all’esigenza di una corretta informazione a tutto il mondo giornalistico, per evitare la commistione di “notizie più social network” che creano sul piano del lettore quella disinformazione a cui spesso ne paga le conseguenze il buon giornalismo che fa davvero ottimo uso della dialettica per diffondere la vera informazione medica.

Il giornalista educa il lettore, conduce il lettore verso una strada da fargli percorrere. Una strada che tocca a tutti noi scegliere, giornalisti e lettori, per evitare di inseguire il sensazionalismo tipico dei social senza perdere di vista quell’unicum in cui l’informazione deve educare all’uso corretto della notizia.

 

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