Società e Cultura

Iniziativa presso il Salone del libro a Torino dedicata alla rivista di Sinisgalli


Il salone del libro di Torino ha fatto da cornice anche all’iniziativa “Civiltà delle Macchine ieri e oggi. Da Leonardo Sinisgalli la sfida per un nuovo umanesimo digitale”, promossa dalla Fondazione Leonardo Sinisgalli (FLS), in collaborazione con la Presidenza del Consiglio regionale della Basilicata, per celebrare i 70 anni della rivista trimestrale edita dalla Fondazione Leonardo. Presso lo stand, messo a disposizione degli editori lucani dalla massima Assise territoriale per la XXXV edizione della fiera, si sono dati appuntamento studiosi e conoscitori del poeta ingegnere.  “Una pubblicazione non inerte, non snobistica” pensata per “facilitare l’osmosi tra l’arte e la tecnica, la poesia e la scienza, …allargare l’area delle suggestioni, delle meraviglie, dei miti del secolo” sono le parole dello stesso Sinisgalli, la cui mission era ed è quella di “far convergere sulla macchina, espressione anch’essa del genio e dell’intelligenza dell’uomo, e sulla civiltà di cui la macchina è diventata protagonista, lo sguardo incrociato dell’artista e del tecnico”.

Interessante il momento di riflessione scaturito su ciò che ha significato e continua a significare la rivista aziendale della Finmeccanica, fondata nel 1953 dal poeta-ingegnere Leonardo Sinisgalli (e da lui diretta fino al 1958), che ha visto gli interventi di Mimmo Sammartino, presidente della Fondazione Leonardo Sinisgalli (FLS), di Biagio Russo, membro del Comitato tecnico scientifico della FLS, Marco Percoco docente dell’Università Commerciale Luigi Bocconi, Mario Greco, direttore artistico della rivista “FuoriAsse” e di Cooperativa Letteraria e Luigi Beneduci, direttore della Fondazione Leonardo Sinisgalli. Ha introdotto la discussione il coordinatore, Pierluigi Maulella Barrese, coordinatore della Struttura, informazione, comunicazione ed eventi del Consiglio regionale della Basilicata, ponendo l’accento sulle caratteristiche della rivolzuione digitale in atto, un nuovo paradigma che sembrerebbe ridisegnare i confini della conoscenza. Se da un lato, infatti, la cretività e l’intuito rimangono attributi esclusivamente umani, dall’altro emergono forme di intelligenza artificiale che, in qualche modo, riproducono la prerogativa dell’uomo di anticipare, comprendere e gestire gli avvenimenti. Un quadro di opportunità ed evidenti rischi, nel quale si aprono inimmaginabili scenari a favore dell’uomo e, insieme, criticità i cui esiti sono da verificare. Un nuovo umanesimo digitale, nel quale l’uomo è chiamato ad imprimere la giusta direzione allo sviluppo tecnologico, un approccio di cui l’opera e la parabola professionale di Leonardo Sinisgalli appaiono come profetici”.

Dagli interventi dei relatori la convinzione che in questo momento in cui l’intelligenza artificiale prospera, l’attualità e la vitalità della pubblicazione è davvero straordinaria. “Civiltà delle macchine – ha sottolineato Russo – non è stata solo una rivista tecnico-culturale. Per quanto sia tra le più importanti del Novecento, rappresenta un tentativo di riflettere senza alcun pregiudizio sulle macchine in quanto portatrici di valori umani, in termini di affiancamento, in un periodo, quello del boom economico, in cui occorreva dare una visione all’industria e coniugare utile e bello. In fondo Sinisgalli è l’ambasciatore di un umanesimo tecnologico in cui la macchina resta sempre al servizio dell’uomo. La riflessione oggi è riconsiderare le nuove macchine digitali, e come accettare la loro sfida senza diventarne schiavi”. Russo ha ricordato il pensiero di Sinisgalli sulla macchina: “La macchina non era da esaltare ma da considerare a servizio dell’uomo. E diventava lo strumento per sciogliere le catene della terra. ‘Civiltà delle macchine’ è anche un invito ai non addetti ai lavori di avvicinarsi alle macchine. L’aspetto curioso è che Sinisgalli prende la patente a 45 anni e rispetto alla difficoltà ad approcciarsi ad una cultura tecnologica dice ‘abbiamo poca pazienza’. Il mondo delle macchine per lui è un mondo di grande fascino. Ad una domanda posta a Sinisgalli: ‘Vi è una macchina capace di strappare il cuore?’ lui rispose: ‘L’aquilone’. Un’immagine poetica prima che una risposta, ha sottolineato Russo, che porta ad equiparare Sinisgalli a Mirò. Russo ha concluso ricordando una citazione del poeta ingegnere che sintetizza in maniera illuminante il dualismo macchina uomo: “Tra il rifiuto delle macchine di Leopardi e l’esaltazione di Rimbaud c’è oggi una terza via per conciliare lo scisma tra scienza e poesia. La cultura ha l’obbligo di vigilare le conquiste della tecnica per scongiurare un grave rischio: la perdita della libertà delle braccia e dello spirito”.

“Sinisgalli – ha sottolineato Sammartino – guardava con fiducia e curiosità al rapporto tra l’uomo e la macchina. Lui diceva: la macchina, docile, ha il compito di aiutare l’uomo nella realizzazione delle sue opere. Nel suo lavoro. Ma il suo era uno sguardo vigile, intelligente, olivettiano. Oggi, nel tempo in cui la macchina (con l’avvento dell’intelligenza artificiale) può potenzialmente sostituire l’uomo, è possibile immaginare un cammino per dare gambe a un nuovo umanesimo digitale? Sinisgalli in quel momento in cui il paese si avviava alla ricostruzione, aveva un atteggiamento di fiducia nei confronti della tecnologia. Il tempo che viviamo oggi è quello della rivoluzione digitale, la rete offre mete che ieri erano inimmaginabili. Ma dall’altro versante dobbiamo essere consapevoli che pesano le diversità di accesso anche nelle nostre comunità, dove vi sono ancora aree non servite dalla fibra o persone che non possiedono un computer. Se l’intelligenza artificiale fa guadagnare tempo e offre nuove straordinarie possibilità, le nuove tecniche pongono un problema legato al tema della perdita di lavoro”. Ritornando a parlare di Sinisgalli, Sammartino ha sottolineato che “Nello sguardo di questa figura ricca e complessa che teorizza nella evoluione del suo pensiero la concezione di tenere gli opposti, le città e i paesi, memoria e innovazione, il luogo di origine, Montemurro, lascia il segno ma è contaminato dagli incontri fecondi che ha avuto. Sinisgalli era un contemporaneo della posterità.

Il labirinto sinisgalliano al Salone del libro di Torino

Per Marco Percoco la rivista “Civiltà delle macchine” è stato “un tentativo di mettere in contatto un elemento eminentemente umano, la civiltà, con uno apparentemente antitetico, ovvero le macchine. Per Sinisgalli, mi pare vi fosse una significativa convivenza tra cultura umanistica, ricerca, tecnica e tecnologia. Oggi, la convivenza non è più sufficiente poiché la tecnologia incide sui modi e i luoghi del vivere, influenzando la qualità della vita e creando forti disparità, soprattutto nelle nostre città. Un nuovo umanesimo digitale deve porsi domande concrete, ancor prima che etiche, che non rispondano solo a semplici quesiti circa l’efficacia delle ‘nuove macchine’, ma che alimentino politiche pubbliche che vadano a rendere gli effetti (i benefici) della tecnologia più equamente distribuiti”. Sinisgalli nel momento in cui ha pensato a ‘Civiltà delle macchine’ aveva l’obiettivo ben preciso di non mettere in antitesi le due realtà ma di metterle in contatto. Obiettivo pienamente centrato. E’ ovvio e giusto riconoscere l’evidente positività dell’innovazione tecnologica, pensiamo all’introduzione delle macchine che hanno significato un alleggerimento del lavoro e pensiamo ancora alla tecnologia nel settore della medicina che ha compiuto evidenti passi in avanti. Dinamiche che hanno prodotto effetti positivi per l’economia. Altrettanto giusto, però, è riflettere su come questi benefici vengono ripartiti. Ricordiamoci sempre che Sinisgalli diceva ‘usiamo le macchine’, quindi usiamo gli algoritmi, l’intelligenza artificiale ‘ma governiamo gli effetti’.

Luigi Beneduci ha evidenziato che “Civiltà delle macchine” non fa riferimento solo alla macchina classica, quella in grado di svolgere lavoro meccanico, ma anche all’incipiente concetto dei meccanismi automatici e cibernetici. “Da questo punto di vista, risulta esemplare un esperimento finanziato nel 1956 da Sinisgalli per l’house organ di Finmeccanica: la creazione di un meccanismo che imitava la capacità elaborativa della mente umana, progettata dal cibernetico e personaggio eccentrico, Silvio Ceccato e denominato ‘Adamo II’, una piccola sezione della mente umana capace di riprodurre 23 categorie mentali. Un’anticipazione dell’intelligenza artificiale, oggi oggetto di rovente dibattito. Si tratta dell’ennesima dimostrazione dell’attitudine sinisgalliana di precorrere i tempi e avvicinarsi con curiosità intellettuale ad ogni aspetto dell’intelligenza creativa. Sinisgallli ha dimostrato ampiamente e in maniera esemplare di essere un precusore. Ben 67 anni fa aveva già colto la straordinaria potenza dell’intelligenza artificiale. La posizione sinisgalliana rispetto alle potenzialità di questa nuova frontiera si evince da un articolo pubblicato sul Corriere di informazione dell’aprile 1956, in cui commenta l’esposizione dell’avveneristico meccanismo con queste parole: ‘A me, personamente, piace moltissimo pensare che sia così facile dotare un essere di ragione e tanto difficile somministrargli un po’ di istinto’. Parole da cui si evince che la posizione di Sinisgalli era quella di un entusiasta ma dotato di un attento senso critico verso le possibili insidie legate alla macchina ancora priva delle qualità umane”.

Mario Greco ha messo in rilievo come “attraverso una rivista si possa far passare pensieri e messaggi. Per me Sinisgalli è stato come un fulmine a ciel sereno. E’ stato come alzare lo sguardo al cielo e guardare una cometa, e resstarne folgorato. Sono stato colpito dalla sua visione che va dal piccolo all’universale, tenendo sempre alta l’attenzione verso la sua terra. Mi complimento con Biagio Russo per l’opera da lui scritta, sia per il contenuto sia per la grafica utilizzata, piacevolmente contemporanea. È come se Sinisgalli ti avesse guidato. Anche il poeta ingegnere quando ha realizzato il suo progetto della rivista, ha pensato a cosa comunicare: voleva raccontare il progresso e voleva raccontarlo a tutti, non con un linguaggio tecnico ma con la poesia e con il disegno. Biagio la definisce la rivista delle riviste. E’ vero, io come direttore artistico di una rivista, ho un approccio simile a quello di Sinisgalli attraverso il multilinguaggio. È un po’ come il Semaforo di Sinisgalli, facciamo dialogare e convivere le diverse discipline. L’altra cosa che mi ha colpito è che la rivista ‘Civiltà delle macchine’ diventa uno strumento più potente della poesia per lanciare messaggi. Questo spiega la contemporaneità del poeta ingegnere e quanto noi siamo vicini a lui. L’altra cosa detta da Biagio Russo e che condivido pienamete è che la copertina deve essere qualcosa che deve suggestionare. Ed è una delle basi del mio lavoro. Non posso lavorare su un numero della rivista se prima non ho la copertina. Per me che sono un professionista di oggi, è stato importante conoscere le intuizioni e le visioni del pensiero sinisgalliano. So che posso imparare da lui perché è tutto assolutamente attuale”.

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