Salute

Covid-19: a che punto siamo con il vaccino?


Quando arriva il vaccino contro il coronavirus? 118 progetti in tutto il mondo e 8 passati alla fase due. Oxford sembra la più vicina all’ultima fase di test: a settembre le dosi. Ma anche in Italia si lavora a due prototipi pronti nel 2021

Dopo aver raggiunto il traguardo della Fase due, ci si prepara a capire quando potremo ritornare alla vita pre-coronavirus. Tutte le ipotesi rimangono nell’ordine del possibile e si rimane in attesa di ciò che solo potrà stabilire una linea di demarcazione tra il prima e il dopo: il vaccino Sars Cov-2.

In questi mesi si sono ricorse notizie dapprima sussurrate, poi sempre più precise riguardo i prototipi del vaccino. La Cina è stata forse la prima a lavorare per lo sviluppo di un vaccino per contrastare il coronavirus. Attualmente in Cina esistono 3 vaccini in fase 1 e 2 di sperimentazione. I vaccini cinesi si basano tutti sul tradizionale metodo del virus inattivo, rispetto ad altre strade più innovative che riguardano i vaccini genetici basati su Rna o DNA. Sul meccanismo dei vaccini genetici, l’epidemiologo Pier Luigi Lo Palco ci spiega che “il principio si basa sulla possibilità che, una porzione selezionata di materiale genetico derivato dal virus inneschi la produzione da parte delle cellule del soggetto vaccinato della proteina di superficie del virus (la famosa proteina ‘spike’)”.

Il virus, il caldo e l’autodistruzione

Se fin dall’inizio il faro dell’opinione pubblica e dei media è stato puntato sui progressi della ricerca per arrivare presto a un vaccino per il coronavirus, altrettanta attenzione è stata data alle tesi, non sempre supportate da evidenze scientifiche, sulla possibilità che il virus scomparisse da solo o sparisse con il caldo. Che la stagione estiva sia un momento in cui il classico virus influenzale subisca un arresto nella diffusione dei contagi è risaputo, ma abbiamo ormai capito che questo è dovuto non alle temperature più alte, che secondo alcuni disintegrerebbero il virus o ne indebolirebbero la carica virale, ma semplicemente d’estate cambiano quei comportamenti sociali che d’inverno sono tra le concause del contagio da influenza stagionale. In estate trascorriamo più tempo all’aperto e la prima condizione favorevole alla diffusione dei virus respiratori, sono proprio i luoghi chiusi e affollati, peggio se con scarso ricambio d’aria.

L’altra posizione che ha innescato dibattiti e polemiche è stata: il coronavirus sparirà da solo? Se questo fosse vero sarebbe una grande notizia! A questo punto non ci sarebbe più bisogno neppure di un vaccino e basterebbe solo aspettare. Già, ma quanto? E quali sono le riprove scientifiche che verificano questa affermazione? Senza studi riconosciuti validi dalla comunità scientifica internazionale, tutto rimane un’opinione e allora l’unico modo di avere certezza sull’immunità al virus rimane il vaccino.

Dunque, escludendo tesi non scientifiche e fake news sul coronavirus che in questi mesi hanno affollato il web e i giornali, siamo tornati al punto di partenza e tutti continuiamo a chiederci: quando arriva il vaccino Sars CoV-2? Chi saranno i primi a usufruirne?

Il vaccino di Oxford: a settembre pronte le prime dosi

Dei 118 vaccini per sconfiggere il Sars CoV-2, l’Organizzazione Mondiale della Sanità conferma che solo 8 sono passati alla fase clinica, ovvero alla sperimentazione sull’uomo. Le ultime notizie danno conto dei passi da gigante fatti dal progetto del Jenner Institute dell’Università di Oxford in collaborazione con la IRMB di Pomezia. AZD1222 è il nome scientifico del vaccino di Oxford contro il coronavirus, entrato già da un mese nella fase due (somministrazione a volontari umani), e lanciatissimo verso la fase tre, ultimo step prima della produzione.

Chi lavora al progetto dell’Università di Oxford

Jenner Institute istituto di ricerca fondato nel 2005 in collaborazione tra l’Università di Oxford e l’Istituto Britannico per la salute degli animali. L’istituto è associato al dipartimento di medicina di Nuffield (divisione di scienze mediche dell’ateneo britannico) e riceve sostegno economico attraverso le donazioni della Jenner Vaccine Foundation. Lo Jenner Institute lavora allo sviluppo di vaccini ed effettua studi clinici per molte malattie tra cui malaria, tubercolosi, ebola.

IRBM: azienda italiana (Pomezia), attiva nel settore della biotecnologia molecolare. Tra le più importanti aree di sviluppo dell’istituto c’è la scoperta di nuovi farmaci per le malattie infettive. Nei laboratori IRBM fu scoperto il vaccino italiano enti-ebola.

Astrazeneca: multinazionale biofarmaceutica britannica. Si occupa di ricerca, sviluppo e commercializzazione di farmaci per numerose patologie. Per ora i test sui volontari procedono bene e nessuno ha manifestato evidenti reazioni non desiderate. I macachi sui quali si erano fatti i primi test non si sono ammalati, come si diceva. Gli animali che hanno ricevuto la dose di vaccino non hanno sviluppato i sintomi polmonari, ma è rimasta traccia del Covid-19 nel naso con possibile conseguenza di rinite. Astrazeneca avrebbe già concluso accordi per la produzione di 400 milioni di dosi di cui 30 milioni in prelazione al governo inglese.

Chi finanzia il vaccino di Oxford

I grandi capitali sono in attesa di partecipare a uno degli affari farmaceutici più interessanti della storia recente. Attualmente il contributo più sostanzioso arriva dalla US Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA): oltre 1 miliardo di dollari per lo sviluppo, la produzione e la consegna del vaccino, a partire dall’autunno 2020. Il piano di sviluppo comprende anche uno studio pediatrico.

Altro capitale sarà investito dalla fondazione di Bill Gates, che già mesi fa, disse di voler sostenere economicamente il progetto di Oxford se gli studi avessero dimostrato l’efficacia del vaccino.

Potenziali vaccini anti covid-19 in tutto il mondo

Al momento esistono 118 vaccini in fase di sperimentazione, tra questi 8 sono passati alla fase di test sull’uomo, ovvero la fase due chiamata clinica. (in tutto le fasi sono 3). Il cosiddetto vaccino di Oxford, tra dichiarazioni e smentite, sembra sia il più vicino alle fasi finali e che addirittura possa essere pronto e disponibile per ottobre 2020. In molte parti del mondo si sta lavorando a prototipi di vaccino e la strada sembra proprio quella annunciata fina dall’inizio della pandemia, ovvero, non sarà prodotto un solo vaccino, ma saranno disponibili più vaccini.

Il vaccino adiuvante di Sanofi e GSK

L’altro studio cui affluiscono i capitali statunitensi della BARDA è quello condotto da Sanofi e GSK. Si tratta di un vaccino adiuvante che sfrutta l’antigene S-proteina COVID-19, di Sanofi, basato sul DNA ricombinante. Le previsioni sono di avviare la produzione entro giugno 2021 se le fasi di sperimentazione avranno esiti positivi. Sanofi ha 5 stabilimenti negli USA, dunque non sarebbe strano se il primo Paese a disporre delle dosi fossero gli Stati Uniti prima del resto del mondo.

Moderna: il vaccino di Boston

Sempre negli Stati Uniti, a Boston, la società farmaceutica Moderna prosegue con lo studio del proprio vaccino anti covid-19. I risultati sono molto incoraggianti. I primi test sull’uomo hanno dato esito positivo: il vaccino dimostra di stimolare la produzione di anticorpi efficaci. Stephane Bancel, amministratore delegato della società, ha dichiarato che nel mese di luglio prenderà il via la fase cruciale di verifica sulla sicurezza ed efficacia del vaccino di Boston.

Biontech e Pfizer: pronte milioni di dosi entro fine anno

Altro potenziale vaccino contro il covid-19 è il BNT162, sviluppato da Biontech e Pfizer che già prevedono la produzione di milioni di dosi entro la fine dell’anno. Il progetto è già in fase clinica e ai volontari vengono somministrati 4 diverse versioni del vaccino. I campioni di popolazione sottoposta ai test della fase 2 sono inizialmente persone tra i 18 e i 55 anni per poi passare ad anziani fino agli 85 anni. I siti identificati per la produzione sono quelli di Pfizer in Massachusetts, Michigan, Missouri e Puurs, in Belgio

Il progetto del Cibio: vaccino economico per i paesi in via di sviluppo

Esistono almeno due potenziali vaccini in fase di test in Italia. Al Centro di biologia cellulare computazionale e integrata (Cibio) dell’Università di Trento si lavora a un progetto che ha già dato buoni risultati nei topi. Il lavoro è stato avviato in collaborazione con la Bionvis Srl, start-up di Siena. Secondo Guido Grandi, direttore vicario del Dipartimento di biologia di Trento, la formula del vaccino potrebbe essere pronta a fine giugno e entro la fine dell’anno si potrebbe passare alla sperimentazione sull’uomo, ma per questo secondo passaggio è necessario ricevere altri fondi. Sempre Grandi afferma che il vaccino del Cibio è innovativo, economico e di facile produzione: ideale per la distribuzione dei paesi in via di sviluppo.

Allo Spallanzani di Roma si studia un vaccino genetico: fase clinica nel 2021

All’inizio di maggio si ha notizia che l’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Spallanzani di Roma sta lavorando a un vaccino covid-19. Al progetto partecipa anche la Regione Lazio. Se i test daranno esiti positivi si prevede di arrivare alla fase di sperimentazione sull’uomo nel 2021. Il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia spiega che si tratta di un vaccino genetico, ovvero, “ si utilizza il gene che codifica per la proteina spike che permette l’ingresso del virus nelle cellule. Questo gene, una volta entrato nelle cellule dell’ organismo, induce la produzione della proteina che a sua volta stimola la risposta immunitaria contro il coronavirus.”

Il vaccino vaccino S-Trimer: prototipo australiano sviluppato in Cina

A fine aprile abbiamo letto anche di un potenziale vaccino in arrivo dalla società di biotecnologia Clover Biopharmaceuticals, azienda australiana con sede in Cina. L’amministratore delegato Jayden Rogers conferma che il vaccino S-Trimer sta per entrare nella fase di test sull’uomo. Per la prima parte della sperimentazione clinica i soggetti volontari saranno individuati in Australia, Paese dove il contagio è stato relativamente contenuto. Se tutti i test daranno riscontri positivi il vaccino australiano, continua Rogers, sarà presto disponibile su scala mondiale grazie agli accordi con molte delle più importanti case farmaceutiche globali.

 

FONTE DIGITALIC.IT

 

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