L’inquinamento lo si percepisce nell’aria dove folate di gas inquinanti o di idrocarburi bruciati dai termodistruttori, ogni giorno ti assalgono, e l’acre odore ti toglie il respiro, oppure diventa visibile quando il gas-flaring della torcia del COVA all’improvviso spara nel cielo una enorme fiammata alta almeno 50 metri il cui calore lo senti anche a decine di metri di distanza e che ti fa temere di arrosolare come un pollo da un momento all’altro ; alla fiammata segue un denso fumo nero di idrocarburi incombusti che poi viene portato via dal vento per chilometri.
Ogni giorno decine e decine di autobotti, contenenti rifiuti tossici per l’ambiente, partono dal COVA e si avviano per località sparse in tutta l’Italia e questo ti fa riflettere sul fatto che non è solo un impatto locale quello del COVA, ma che si estende a tutta la penisola.
Ed ancora acque lattiginose che sgorgano dal sottosuolo in C/da La Rossa di Montemurro e liquidi tossici iniettati nel sottosuolo dal Pozzo Costa Molina 2 che poi si spargono fino ad arrivare agli acquiferi sotterranei. A questo tetro scenario da incubo, negli ultimi due mesi, si è aggiunto un flusso incontrollato di petrolio, proveniente dal Centro Olio di Viggiano e che ha sparso nel sottosuolo milioni di litri di petrolio. E’ un incidente grave, che forse sta causando un disastro ambientale, ma, imperterrito, il COVA ha continuato a funzionare; nonostante l’ENI cercasse alla cieca di individuare da dove proveniva la fuoriuscita di petrolio, i suoi impianti hanno continuato a pompare petrolio incuranti di aumentare il danno ambientale.
Ad oggi, dopo due mesi, anche se sono stati svuotati e fermati i due serbatoi da cui si sospetta provenga la fuoriuscita di greggio, si continua a tenere operativo il COVA, nonostante l’ENI e le Autorità (Arpab, Presidente della Regione, Sindaco del Comune) siano a conoscenza del rischio di ripetere il grave incidente di Gennaio e siano a perfetta conoscenza che anche gli altri due serbatoi in funzione siano privi di bacino di contenimento, con il fondo consumato dal petrolio, ridotto a pochi millimetri di spessore che separano milioni di litri di petrolio dal terreno sottostante.
Essi sono anche a conoscenza che sotto i quattro serbatoi sono stati realizzati, anni or sono, alcuni piezometri profondi 50 metri , su cui sono stati realizzati poi i quattro serbatoi di stoccaggio, piezometri che potrebbero costituire una via preferenziale per il petrolio verso le falde sotterranee poste a 30 e 90 metri di profondità.
L’ENI da oltre due mesi aspira il petrolio che si è sparso nel sottosuolo, ma nonostante le sue continue rassicurazioni, il petrolio si è incanalato nel canalone sotterraneo denominato “Fossa del Lupo” e procede verso valle e si infiltra tra le discontinuità del terreno, tra lo strato superficiale argilloso ed il sottostante bacino alluvionale sabbioso presente nella Val D’Agri, minacciando la ricchezza della Basilicata : l’ACQUA l’oro bianco della Basilicata.
Non c’è da stare tranquilli perché nel lago Pertusillo, bacino che disseta alcuni milioni di abitanti Lucani e Pugliesi, sono state già individuate tracce di idrocarburi da analisi fatte da alcune Associazioni Ambientalistiche.
Quello che fa indignare di più non so se sia la condotta senza scrupoli di ENI che ha realizzato un impianto, il Centro Olio di Viggiano , senza adottare le minime misure di sicurezza richieste in un impianto a rischio di incidente rilevante, come lo classifica la Legge Seveso III, oppure l’omissione incosciente e ripetuta del Presidente Pittella che , nonostante i continui incidenti e l’ultimo da definirsi incidente rilevante, non decreta la chiusura dell’impianto.
Questo atteggiamento non può essere definita solo inerzia o non applicazione del Principio di Precauzione previsto dalle norme, ma anche e soprattutto omissione grave di atti di ufficio, per il mancato blocco dell’impianto oggetto di incidente rilevante, atto previsto dalla Legge Seveso III.
Non ultimi responsabili di omissioni sono anche il MISE ed il Ministero dell’Ambiente che si sono arrogati il diritto di autorizzare il funzionamento dell’impianto per il periodo di un anno, nonostante l’Autorizzazione Integrata Ambientale del COVA ENI fosse scaduta nel Marzo 2016 ed il procedimento di rinnovo si fosse fermato nell’Agosto 2016, presso il Dipartimento Ambiente della Regione.
A completare il quadro le parole sconcertanti di De Scalzi, A.D. di ENI, che sventolando miliardi di investimenti e centinaia di nuovi posti di lavoro in Basilicata, cerca di comprare una infame “Licenza di Inquinare” che gli permetta di devastare impunemente la Valle D’Agri e la Basilicata tutta, evitando la giusta ostilità e le proteste dei Lucani .
A salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini il M5S si sta muovendo su più fronti , dalla proposta dell’europarlamentare Pedicini all’ARPAB di effettuare analisi delle acque del lago Pertusillo in contraddittorio per poter spiegare l’inquinamento del Lago, ai numerosi comunicati stampa e interpellanze presentate in sede di Consiglio Regionale dai Consiglieri Leggeri e Perrino e dai parlamentari Mirella Liuzzi e Vito Petrocelli.
Se sarà necessario chiederemo l’intervento della Magistratura per evitare ulteriori disastri causati dal perverso connubio ENI-PD che, prima vende i territori alle lobby petrolifere , poi copre con un silenzio omertoso l’inquinamento ambientale ed, infine, garantisce loro la continuità dell’attività anche in presenza di incidente.
Ing. Antonio Alberti