Nei primi cinque mesi del 2017, nel settore privato, in Basilicata le assunzioni a termine sono state 17.356 con un incremento consistente rispetto allo stesso periodo del 2016 (erano 13.194) e del 2014 (15.095) a conferma che il precariato è sempre un’emergenza. Lo sottolinea la UIL di Basilicata che d’intesa con il Centro Studi Sociali del Lavoro ha rielaborato su scala regionale i dati dell’Osservatorio sul precariato dell’Inps relativi a gennaio-maggio 2017. A confermare il precariato sono i dati sulle assunzioni a tempo indeterminato che nei primi cinque mesi dell’anno da noi diminuiscono: 4.907 contro le 5.239 del 2016 e le 7.215 del 2015. In leggero aumento invece le assunzioni stagionali (1.405 per gennaio-maggio 2017 contro le 993 del 2016 e le 469 del 2015) e le assunzioni in apprendistato (634 per questo primo scorcio del 2017 contro i 469 del 2016 e i 303 del 2015). Ma – rilevano UIL e Centro Studi – pesante è il dato delle cessazioni di rapporti a termine: nei primi cinque mesi 12.004 (erano 9.133 nel 2016 e 9.791 nel 2015). Il complesso di cessazioni segna l’aumento del 19,6% nel raffronto 2017-2016.
La UIL crede fortemente che un “buon cambiamento” non possa prescindere da due fattori fondamentali: il lavoro e l’inclusione sociale. Lavoro per il maggior numero di persone, lavoro di qualità e che garantisca certezza di reddito e inclusione sociale, come condizione per evitare che il cambiamento “lasci per strada” i più deboli. Siamo preoccupati del fatto che La Basilicata occupi una delle prime posizioni nella graduatoria per regioni dell’indice della “sofferenza occupazionale”.
C’è la conferma – sottolineano UIL e Centro Studi – che quello lucano non è un mercato del lavoro strutturato. Si anima per congiuntura di fattori favorevoli, esterni ed irripetibili nel breve periodo (nuovi investimenti FCA, reindirizzamento dei flussi turistici mediterranei dovuto alle tensioni geopolitiche). Mentre è poco percepibile e di scarso effetto l’impatto delle politiche pubbliche, specie di quelle industriali, sullo sviluppo locale e sull’occupazione indotta. Dunque precarietà, incertezza contrattuale, bonus decontributivi non strutturali, i fenomeni assunzionali in un continuo andirivieni tra ‘picchi’ e contrazioni sembrano sottolineare la relativa fragilità della struttura economica lucana.
Una doppia chiave di lettura, negatività e spiragli di miglioramento del carattere funzionale e occupazionale (nel turismo come nella grande e media industria manifatturiera). Che induce a riconoscere la determinante del cambiamento strutturale auspicato per il futuro: la ripresa delle connessioni interne al sistema sociale, letto nel suo complesso, della Basilicata.
Il crinale è quello del presidio, del governo ‘sociale’ e della accelerazione degli investimenti pubblici, ad intreccio con le istanze e le soggettività locali ‘in movimento’. Gli interrogativi: Chi tiene e come la mappa e l’agenda degli interventi, dei lavori, pur ingenti connessi al patto per la Basilicata ed ai Programmi operativi? E come si possono meglio modellare e finalizzare alla occupazione, territorio per territorio. E come si possano sperimentare con rapidità e con originalità le politiche attive che ancora sono un quaderno da compitare, come traccia di lavoro comune tra istituzioni e mondi vitali in Basilicata”.