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“Trapanaterra”, l’emigrato è un naufrago in terra natìa

Spettacolo teatrale il 26 ottobre a Potenza


Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito.
Il mio viaggiare è stato tutto un restare qua, dove non fui mai

TRAPANATERRA nasce da un’idea di Dino Lopardo presentata per la prima volta come compito di composizione scenica durante il corso di Drammaturgia dell’Attore tenuto da Rosa Masciopinto per l’AIAD (Accademia di Arte Drammatica del Teatro Quirino di Roma).

Successivamente il progetto è stato sviluppato da Dino Lopardo come tesi di laurea in drammaturgia e sceneggiatura presso l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.

Selezionato dal Bando Cu.Ra. e sostenuto da I.DRA – Indipendent Drama Residenza e da Elsinor Centro di produzione teatrale di Firenze (Teatro Cantiere Florida) il testo è diventato un vero e proprio atto unico.

Tappe già percorse:

Ottobre 2014

VI Biennale di corti teatrali, organizzato dal Festival Potenza Teatro al Teatro F. Stabile di Potenza.

Dicembre 2014

Concorso di corti teatrali Teatri Riflessi VI, organizzato da ItercCulture al Teatro Trastevere di Roma.

Maggio 2015

Finalista al Concorso Teatri in corto al Teatro dell’Angelo di Roma.

Settembre 2016

Festival Contaminazioni dell’Accademia Silvio D’Amico di Roma; Teatro dell’Orologio.

Trapanaterra è un’Odissea meridionale, una riflessione sul significato di «radice» per chi parte e per chi resta, un’ironica e rabbiosa trattazione dello sfruttamento di una terra.

“Chi sei? Dove vai? Da dove vieni? Cosa vai cercando? Quando te ne andrai?” Sembra dire il fratello che è restato a quello che è tornato, organetto alla mano, alla terra dei padri. Il più piccolo in calosce si districa tra i tubi gorgoglianti della raffineria. Il più grande quello che è “scappato”, è un bohemienne che respira di nuovo l’aria di casa, una casa che forse non c’è più, che è cambiata.

UnPaese di musica e musicanti dove non si canta e non si balla più, nemmeno ai matrimoni. Si può solo sentire il rumore delle trivelle, la puzza dei gas e il malaffare.

Storie d’infanzia, ricordi di famiglia, canti di piazza e bestemmie: è l’ultra-locale che diventa ultrauniversale. Tutto è impastato nel dialetto, osso delle storie che s’insinua come la musica. Inutile arrabbiarsi, o forse no. Qualcuno è partito perché altri potessero crescere, perché la terra madre non ha i mezzi peralimentare le speranze di tutti. Ma di chi è il coraggio, di chi resta? O di chi torna?

IL 26 NOVEMBRE AL TEATRO STABILE DI POTENZA

Pagina facebook 

https://youtu.be/tdqGAL0_W_U

 

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