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Il rafano lucano, le sue proprietà e le sue bontà


Il suo nome in codice è Barbaforte, un “forte” per la barba! Da tutti chiamato rafano, mentre per le genti del Nord, è il cren. Pochi lo sanno, ma anche la Basilicata ha la sua Barbaforte. Questa radice piccante si coltiva nel lagonegrese, in Val d’Agri e nell’area del Vulture e lo puoi gustare fresco da gennaio a marzo.

La storia del rafano
Il mistero di questa speciale radice aromatica non circonda solo il suo sapore ma anche le sue origini. Alcuni sostengono che il rafano abbia avuto origine in Medio Oriente e poi attraverso il Mediterraneo si sia esteso verso il Nord. Più probabile, secondo me, è l’ipotesi che vuole la Russia orientale e l’Ucraina quale patria del rafano: il segreto sembra rivelarsi già nel nome utilizzato in Germania e in Veneto, infatti cren deriva da Kren-kren-kreson il termine russo con cui si identifica questa pianta e, in riferimento alla forma fallica della radice, è il la versione scurrile dell’organo genitale maschile. Ed ecco spiegato anche il motivo della presenza del rafano nella cucina lucana dal Medioevo in poi: è molto probabile che in Basilicata sia giunto assieme agli uomini del Nord, i Normanni, e che, viste le caratteristiche climatiche e la grande abbondanza d’acqua, abbia attecchito un po’ dappertutto sul territorio lucano. Questa radice sorge spontaneamente soprattutto in luoghi freschi e ricchi d’acqua, proprio come l’Appennino lucano dove sorge spontaneamente, tanto che a Potenza è chiamata il “tartufo dei poveri”. L’acqua è l’elemento fondamentale che fa crescere il rafano ed è anche il 95% della sua composizione, oltre a proteine, fibre e  un’alta concentrazione di vitamina C, se viene consumato crudo.

Le proprietà salutari del rafano
Il rafano appartiene alla famiglia delle Crucifere, come i cavoli e i broccoli, e possiede tutte le proprietà degli altri membri di questa famiglia, ovvero aiuta la salute del cuore combattendo due dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari: il colesterolo e i trigliceridi. La radice aromatica possiede anche proprietà antibatteriche e antibiotiche, è molto efficace contro le infezioni gastrointestinali prodotte da cibo contaminato (fra cui anche il pericolosissimo batterio Escerichia Coli), contro le infezioni del tratto urinario, le faringiti e le infezioni del tratto respiratorio. Nella cosmesi naturale e in ambito della medicina popolare, il rafano è impiegato come rimedio blando contro le macchie della pelle, le dermatosi dell’herpes e l’alopecia.

L’uso del rafano in Basilicata
In Basilicata, visto il clima, il rafano è una pianta stagionale ed è dunque sorto il problema di come conservare questo speciale dono della terra, sia come spezia sia come potente medicina. Da secoli l’estratto di questa radice è usato dalle nonne lucane in forma di succo o come decotto macerato nel vino bianco per sconfiggere anemie e rachitismo, reumatismi e sciatica. Altro uso officinale che da secoli si tramanda è quello di antiscorbutico, emolliente ed espettorante.

La salsa di rafano
In Basilicata il rafano si usa per lo più grattugiato fresco su primi piatti con ragù di carne o si conserva sottolio per poi essere grattugiato all’occorrenza anche durante l’anno. Ma la cosa più squisita per me e che davvero esalta il sapore di carni, ortaggi e verdure, bolliti, carni alla griglia, pesce, piatti a base di uova e salsicce è la salsa di rafano. L’unico inconveniente sono le tante lacrime da versare per assaporare questa misteriosa radice, che appena sbucciata e grattugiata comincia a emanare il suo potere aromatico che agisce su occhi e gola. Solo tante lacrime aprono la strada a tanti sorrisi e così è l’insegnamento del rafano: se non piangi non impari a ridere… e riderai di gusto insaporendo i tuoi piatti con questa salsa! Ora ti spiego come prepararla:

raschia la corteccia del rafano con un coltello fino a far emergere la sua luminosa pelle bianca;
grattugialo o fanne pezzettini e frullali, se non riesci a sopportare la lacrimazione;
unisci un etto di pane grattugiato per ogni 250 grammi di radice, un cucchiaio di olio extravergine di oliva, mezzo bicchiere di aceto di vino bianco, un po’ di sale e un cucchiaino di zucchero;
mescola bene per ottenere una pasta omogenea e la tua salsa è pronta.

Se vuoi conservare la tua salsa di rafano, mettila in vasetti di vetro, copri la parte terminale con dell’olio extravergine d’oliva fino a riempirli e mettili in frigorifero. Ogni qualvolta la usi, ricordati di ricolmare con l’olio e di rimetterla in frigo.

Curiosità sul rafano
Sapevi che la famosa salsa verde giapponese, il wasabi al di fuori del Giappone è preparata con una miscela di rafano, senape, amido e colorante verde? Solo il rafano riesce a sostituire la radice della Wasabia japonica, molto rara e costosa.

Sapevi che prima dell’arrivo delle altre spezie come il pepe, lo zenzero o la senape, il rafano è stato per molti secoli l’unico condimento piccante di molti cibi? La sua importanza è così fondamentale che a Baiersdorf, in Baviera, esiste il “Il museo più piccante al mondo” dedicato al rafano, barbaforte, cren insomma quello che la leggenda vuole essere pesato in oro dagli Dei “Il ravanello vale il suo peso in piombo, le barbabietole il suo peso in argento, il rafano il suo peso in oro.”

FONTE QUI

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