Un nuovo test, che è stato sviluppato da un team di scienziati provenienti da Australia e Giappone, potrebbe rilevare l’Alzheimer 20 anni prima dell’inizio dei sintomi. Gli scienziati sono sempre più vicini a realizzare un esame del sangue rivoluzionario dopo aver scoperto un nuovo modo di rilevare uno dei segni più precoci della patologia degenerativa. Per decenni gli scienziati in tutto il mondo hanno cercato di sviluppare delle analisi del sangue per rilevare l’Alzheimer precocemente nella speranza di sostituire le costose e spesso invasive scansioni del cervello e punture lombari attualmente utilizzate per diagnosticare la forma più comune di demenza. Un team di scienziati australiani e giapponesi ora afferma di avere sviluppato il più accurato test per individuare uno dei principali indicatori del morbo di Alzheimer, un accumulo anomalo di una proteina del cervello conosciuta come beta-amiloide. Uno dei ricercatori Colin Masters, professore di Neuroscienze presso l’Istituto di Florey a Melbourne, sostiene che il test del sangue è più accurato del 90 % di ogni esame dell’Alzheimer, ed è basato su uno studio che ha coinvolto 252 pazienti australiani e 121 giapponesi. Può rilevare la concentrazione di beta-amiloide nelle persone senza alcun segno esteriore di Alzheimer, tra cui la perdita di memoria, come pure quelli con sintomi moderati e demenza completa. Il Morbo di Alzheimer inizia lo sviluppo circa 30 anni prima che i sintomi evidenti emergano. Mentre fino al 40 % degli australiani oltre i 70 anni sono considerati a rischio del morbo di Alzheimer, le aziende farmaceutiche non hanno avuto molto successo per affrontare le cause sottostanti. La nuova analisi del sangue ha incrementato le speranze per la possibilità di aiutare lo sviluppo di nuovi farmaci a causa della sua capacità di identificare le persone più a rischio del morbo di Alzheimer – i partecipanti perfetti per studi clinici di nuove terapie. Anche per quelli a rischio di morbo di Alzheimer potrebbe dare un prezioso contributo nel rallentamento dell’insorgenza regolandone il sonno, l’esercizio fisico e la dieta. I dettagli del nuovo test, che è stato sviluppato dal premio Nobel dottor Koichi Tanaka presso la società di tecnologia medica giapponese Shimadzu Corporation, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Nature. Utilizzando tecniche di spettrometria di massa ad alta tecnologia, gli scienziati giapponesi e australiani hanno identificato i pazienti con un “peptide rouge” nel loro plasma sanguigno, che indica un accumulo di beta-amiloide nel cervello. Il professor Masters, che ha trascorso 30 anni alla ricerca di un test sul morbo di Alzheimer, ha detto che la spettrometria di massa è stata più sensibile e precisa a rilevare i livelli di beta-amiloide che le scansioni del cervello di animali e punture lombari. Insomma, una nuova speranza nella lotta di questa temibile malattia che al di là degli effetti positivi della diagnosi precoce nei pazienti, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” potrebbe aprire nuove frontiere nelle ricerche per combatterla e debellarla.
Giovanni D’Agata