La pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n.15 del 19 gennaio scorso del decreto “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011” rappresenta il primo importante strumento di tutela del latte italiano. Finalmente il latte di qualità prodotto nelle aziende della Val d’Agri come della Montagna Materana e del Marmo-Melandro che viene conferito dalle aziende di marchi più prestigiosi del “made in Italy” come le produzioni lattiero-casearie locali saranno riconosciuti e facilmente identificabili da parte dei consumatori. A sottolinearlo è la Cia Basilicata aggiungendo che il passo successivo deve essere quello della “giusta remunerazione” per gli allevatori.
Produrre un litro di latte – spiega Luciano Sileo dell’Ufficio Zootecnico Cia – arriva a costare in molti casi anche 40 centesimi di euro, ma agli allevatori viene pagato al massimo 29 centesimi: questo è un trend fallimentare. Per avere un’idea: un litro di latte è pagato alla stalla circa il 40% del costo della tazzina di caffè servita al bar. Tutto ciò è ancora più assurdo in questa fase dove, in tutta Europa, la domanda di prodotto è alta. Inoltre si raggiunge il paradosso con il latte fuori dagli accordi contrattuali, quello che gli addetti ai lavori chiamano “spot”, che viene scambiato a un prezzo di quasi 10 centesimi più alto. Una situazione – afferma il dirigente della Cia – diventata insostenibile.
Come se non bastasse il trend negativo dell’ultimo decennio con il 44,2% in meno di aziende lucane con allevamenti di vacche da latte –continua Sileo – di questo passo molte altre aziende saranno costrette alla chiusura, con effetti irreversibili sull’occupazione, sull’economia, sull’ambiente e sulla qualità dei prodotti. Gli allevatori sono esasperati, necessitano di misure concrete di sostegno e prezzi delle materie prime equi.
Analizzando l’evoluzione della struttura della zootecnia da latte nell’arco del decennio considerato, l’andamento regionale indica che a cessare l’attività sono soprattutto le aziende con meno di 50 capi, sebbene la contrazione maggiore si registri per quelle che detengono meno di 10 capi (Basilicata: -58,5%). Nella nostra regione – evidenzia la Cia – il sistema di raccolta del latte alla stalla è particolarmente frammentato, con un’evidente prevalenza di imprese private (529) sulle cooperative (89) che, tuttavia, non è abbinata ad un analogo riscontro nei quantitativi di latte raccolto: le imprese cooperative, infatti, ritirano il 14,5% in più del latte raccolto complessivamente dai privati (688.232 t di latte consegnato alle cooperative rispetto alle 600.984 t di latte consegnato ai privati).
Per la Cia altre priorità sono: Operatività immediata per la moratoria dei debiti degli allevatori; Impegno sulla promozione del latte italiano; Estensione a tutti gli iscritti all’Anagrafe nazionale bovini del premio Pac sui vitelli.