di Bruno Masino
Si ripete anche quest’anno, il 31 maggio p.v., la giornata mondiale senza tabacco promossa dall’OMS al fine di contrastare la diffusione dell’abitudine al fumo di tabacco. L’iniziativa annuale è conseguenza della Convenzione quadro dell’OMS per la lotta al tabagismo che stabilisce principi ed obiettivi finalizzati a proteggere e generazioni presenti e future dalle conseguenze sanitarie, sociali, ambientali ed economiche dovute al tabagismo attivo e passivo.
La giornata di quest’anno, pur non dimenticando tutti gli effetti negativi sulla salute determinati in generale dal fumo di tabacco, pone l’attenzione sulle malattie polmonari, le malattie respiratorie croniche e quelle neoplastiche a carico dell’apparato respiratorio.
Dimensione del fenomeno in Italia
Si stima che siano oltre 11 milioni e mezzo i fumatori regolari (nel mondo i fumatori sarebbero 1,3 miliardi). Si tratta di un dato migliorato rispetto al 2005, anno in cui è stata emanata la legge sul divieto di fumo, ma si tratta di un valore ancora rilevante se si considera che, secondo l’ISS (Istituto Superiore di Sanità), in media 1 italiano su 4 nella fascia di età tra 18 e 69 anni è fumatore regolare. Dal 2008, secondo quanto riportato dallo studio PASSI 2015-2018 (Progressi delle Aziende Sanitarie per la Salute in Italia), vi è un costante decremento del numero dei fumatori e la maggioranza degli italiani (57%) non fuma o ha smesso di fumare (17%). Mediamente ogni giorno un fumatore accende 12 sigarette ed il 25% ne consuma più di 20. L’abitudine è più diffusa nelle regioni del centro-sud.
Fattori che incidono sull’abitudine al fumo
Diversi sono gli aspetti correlati al fumo di tabacco che è necessario esaminare per comprendere l’importanza di mantenere sempre elevata l’attenzione e la tensione in merito all’argomento. Il primo è legato alla percezione del rischio che i fumatori hanno con riferimento agli effetti dannosi per la salute. Se chiedessimo loro, secondo le conoscenze di cui sono in possesso ed oramai acquisite diffusamente, se il fumo di tabacco faccia male o no alla salute, tutti risponderebbero affermativamente. Il dato sulla conoscenza o meno degli effetti dannosi alla salute causati dal fumo di tabacco è confermato da molteplici studi effettuati in particolare tra i giovani nelle fasce di età in cui si è dimostrato che è maggiore il rischio di cedere all’abitudine. L’età media in cui si inizia a fumare è 17 anni con circa il 90% dei fumatori che inizia prima dei 20 anni di età.
I motivi per cui si cede all’abitudine al fumo sono principalmente legati all’influenza di amici fumatori o al desiderio di emulazione degli adulti, in quest’ultima evenienza per potersi sentire più sicuri di sé. Ritornando alla consapevolezza del rischio legato al fumo di tabacco, si può asserire che essa è condizionata dalla mancata percezione immediata degli effetti dannosi che esso provoca. A parte i disturbi che si apprezzano quando si fumano le prime sigarette, allorquando tra l’altro vi è una forte motivazione a fumare per le ragioni innanzi esposte, una volta abituatisi non si apprezzano particolari disturbi quando si fuma. Gli effetti dannosi del fumo sono soprattutto di natura cronica, cioè legati ad un’esposizione duratura nel tempo, e si confondono spesso anche con quelli derivanti da altri fattori di rischio più o meno ubiquitari. Un ruolo molto importante per continuare a fumare poi è rappresentato dalla ritualità che si viene ad instaurare per cui ci si accende la sigaretta in determinate occasioni come dopo il pranzo, dopo un caffè, in particolari situazioni di stress ed ansia, ecc., scandendo i diversi momenti della giornata.
Ma non è solo la ritualità, che è responsabile di una vera e propria dipendenza comportamentale, che gioca un ruolo importante nel continuare a fumare. Si instaurano anche una dipendenza psichica ed una fisica. Le tre dipendenze, tra l’altro, sono strettamente correlate tra loro. Infatti, la nicotina che è un alcaloide presente nel tabacco, dopo pochissimi secondi che è entrata in circolo a seguito dell’aspirazione del fumo di tabacco, raggiunge il cervello laddove è in grado di legarsi a specifici recettori che rilasciano alcuni neurotrasmettitori come la dopamina. È proprio quest’ultima che è responsabile del senso di piacere che si avverte fumando e crea una associazione positiva con il fumo che favorisce la ripetitività del gesto di fumare. Smettere di fumare può, pertanto, determinare una vera e propria sindrome da astinenza, a sua volta associata al bisogno compulsivo di fumare quando si smette. Le tre dipendenze possono essere trattate con interventi di natura diversa, ovviamente. Per la dipendenza fisica è possibile ricorrere all’uso di farmaci sostitutivi della nicotina o con altri che riescono a controllare gli effetti fisici dell’astinenza.
La dipendenza comportamentale può essere controllata attraverso comportamenti che evitino situazioni di rischio che favoriscono la ritualità del fumo, mentre quella psichica è più difficile da contrastare in ragione della molteplicità di fattori che giocano un ruolo fondamentale nel favorire l’abitudine al fumo di tabacco e, soprattutto, nel continuare a fumare. Sovente, ad esempio, si fuma in occasioni accompagnate da una forte componente emotiva che sviluppano situazioni ansiogene o con componenti depressive che trovano nella sigaretta un modo per placarle. Tutti questi aspetti rivestono un ruolo fondamentale quando si decide di smettere di fumare e la capacità di controllo è indispensabile per riuscire a raggiungere l’obiettivo. Pur essendo a conoscenza delle conseguenze economiche e sullo stato di salute, nel meccanismo che impedisce di smettere di fumare gioca un ruolo fondamentale la c.d. percezione selettiva distorta dei suoi effetti. Per tale ragione si tende a dare importanza a situazioni che giustifichino il fumo come, ad esempio, quando si esalta il fatto che qualche nostro conoscente che fuma viva a lungo oppure che qualche altro che non fumava è deceduto per malattie che anche il fumo provoca. Senza sapere che sul piatto della bilancia bisogna mettere tutti coloro che subiscono le dannose conseguenze dovute al fumo a fronte di un numero di casi minori di coloro che non ne risentono, oppure, per contro, che tra coloro che non fumano le conseguenze dannose alla salute sono meno frequenti, statisticamente, rispetto a coloro che fumano.
Cosa c’è nel fumo di tabacco
Si stima che nel fumo di sigaretta siano presenti più di 4.000 sostanze diverse, molte delle quali non ancora caratterizzate dal punto di vista chimico. Almeno 80 di esse, secondo quanto riportato dalla IARC (Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro), sono cancerogene, cioè provocano tumori. Fumando si inalano, tra le tante sostanze, il monossido di carbonio (lo stesso presente negli scarichi automobilistici e nel fumo da combustione ad es. delle stufe e che ha una tossicità legata alla capacità di legarsi all’emoglobina causando cefalea e vertigini), la nicotina (con effetto ipertensivante e aterogeno e, come già detto, responsabile della dipendenza fisica), l’acido cianidrico, l’ammoniaca, il mercurio (dannoso per il sistema nervoso e le mucose), la formaldeide (cancerogena), il catrame che contiene numerose sostanze cancerogene come il 3,4 benzopirene e idrocarburi aromatici, l’acetone, l’arsenico (cancerogeno per gli effetti sul DNA), il benzene (associato a leucemie), il cadmio (che è un metallo pesante con proprietà cancerogene ma responsabile anche di danno cardiovascolare e polmonare), l’1,3 butadiene (cancerogeno), il polonio 210 (sostanza radioattiva che danneggia il fegato e ad azione cancerogena).
Quali sono i danni alla salute provocati dal fumo di tabacco
Oramai è ben documentato che il fumo di tabacco determina molteplici effetti dannosi per la salute. Essi sono dovuti alle numerose sostanze presenti nel tabacco e nel fumo che si produce quando il tabacco brucia e che il fumatore respira.
Secondo l’ISS, il fumo di tabacco è responsabile del 15% di tutte le morti che avvengono in Italia pari a ca. 80.000 decessi (più delle vittime dovute a incidenti stradali, alcol, droghe, aids, omicidi e suicidi messi insieme), e di un terzo dei decessi dovuti a tumori. Diversi studi scientifici hanno dimostrato che chi fuma tabacco rischia di sviluppare numerose malattie, anche severe, rispetto a chi non ne fa uso. In proposito si ricorda che il fumo aumenta di ben 10 volte la probabilità di sviluppare malattie cronico-degenerative dell’apparato respiratorio come enfisema polmonare o bronco pneumopatie croniche, moltiplica per 2 il rischio di ictus cerebrale ed incrementa fino a 4 volte il rischio di infarto acuto del miocardio, oltre a determinare vasculopatie croniche come l’arteriosclerosi con conseguenze diffuse nei vari distretti corporei come degenerazione cerebrale, possibilità di arteriopatie periferiche con rischio di amputazioni agli arti, accidenti vascolari.
Naturalmente non bisogna dimenticare i rischi di sviluppare tumori in vari distretti corporei e non solo a livello polmonare, come illustrato nel paragrafo relativo alle diverse sostanze presenti nel fumo di tabacco. Il fumo diventa spesso un cofattore nel causare gli effetti negativi per la salute unitamente ad altri determinanti come l’inquinamento ambientale, la familiarità, il corredo genetico, l’età avanzata, le abitudini alimentari, ecc., che sono responsabili delle c.d. malattie multifattoriali. Secondo il Center Disease Control and Prevention di Atlanta, sarebbero ben 27 le malattie correlate al fumo di tabacco.
I fattori che incidono in misura maggiore o minore sono: l’età di inizio dell’abitudine e la durata della stessa, il numero di sigarette fumate, se il fumo venga o meno inspirato. È stato stimato che statisticamente ogni 15 sigarette fumate si verifichi una mutazione del DNA che i sistemi enzimatici presenti nelle cellule non sono sempre in grado di riparare, da qui la possibilità che si abbia l’evoluzione verso la trasformazione neoplastica della cellula e lo sviluppo di tumori. Si è anche stimato che fumare 20 sigarette al giorno comporti la riduzione di 4,6 anni della vita media di una persona che inizi a fumare a 25 anni di età e, statisticamente, ogni settimana di fumo si perde un giorno di vita, come riporta il Ministero della Salute. Non esiste un numero minimo di sigarette che non comporti rischi.
Il rischio zero non esiste anche se è correlato ai fattori innanzi descritti. Da non dimenticare anche che il fumo passivo, cioè essere esposti al fumo delle sigarette fumate da altri, gioca un ruolo nel determinismo di patologie fumo-correlate. Secondo l’OMS le morti attribuibili a fumo passivo sarebbero 600.000 all’anno con un incremento del 25% del rischio di sviluppare tumori polmonari e patologie cardiovascolari rispetto ai non esposti. Tra i 600.000, i bambini sono ben 165.000, senza considerare le molteplici patologie che li riguardano a causa del fumo passivo. Oltre che essere fattore di infertilità maschile e femminile, il fumo ha anche effetti negativi sullo sviluppo del feto nelle donne in gravidanza con rischio di neonati con basso peso alla nascita e per tale ragione più vulnerabili. Le sigarette light non comportano rischi minori rispetto alle altre. Sigari e pipe non sono alternative più sicure in quanto, pur non inalando profondamente il fumo e quindi con rischi minori per i polmoni, sono responsabili di neoplasie della bocca, gola, esofago e pancreas.
Ruolo delle sigarette elettroniche
Il ruolo delle sigarette elettroniche come succedaneo delle sigarette combuste ancora non è ben inquadrato. È da non molto tempo che esse sono sul mercato e quindi non sufficiente a trarre conclusioni sugli effetti dannosi alla salute. Resta però il fatto che i liquidi utilizzati contengono diverse sostanze chimiche tra cui anche la nicotina a cui l’albero respiratorio, i polmoni e tutto l’organismo sono esposti con possibili effetti dannosi. L’OMS, infatti, ne riconosce la possibile nocività per l’organismo. È un tema che va sicuramente approfondito non senza dimenticare che esse potrebbero trovare ampia diffusione tra gli adolescenti.
Cosa succede quando si smette di fumare
- Già dopo 8 ore la concentrazione di ossigeno nel sangue torna a livelli normali
- Dopo 24 ore, si riduce l’alitosi da fumo e l’accumulo di muco nelle vie aeree
- Dopo 7 giorni, migliorano gusto ed olfatto
- Dopo alcuni mesi, sparisce la tosse se legata al fumo e migliora la compliance respiratoria
- Dopo 1 anno, si riduce della metà il rischio di malattie cardiovascolari
- Dopo 10 anni, si riduce della metà anche il rischio di neoplasie fumo-correlate
- Dopo 15 anni, il rischio di malattie cardiovascolari si allinea a quello dei non fumatori
- Dopo 20 anni, il rischio di sviluppare neoplasie polmonari, pur essendo ridotto di molto, resta ancora superiore a quello dei non fumatori.
Le 10 regole per smettere di fumare
- Fissate una data in cui smettere e rispettatela
- Evitate di riprendere una sigaretta dopo aver smesso, anche per una sola boccata di fumo
- Alienate sigarette ed accendini in vostro possesso
- Fate attenzione ai disturbi legati al fumo ed ai vantaggi derivanti dall’aver smesso, annotandoli opportunamente
- Utilizzate sostituti nicotinici se necessario per contrastare l’astinenza
- Evitate di sostare in prossimità di chi fuma chiedendo cortesemente ai conoscenti che fumano in vostra presenza di allontanarsi o smettere e rifiutate con decisione ogni invito a voler fumare
- Informate chi vi è vicino che avete deciso di smettere di fumare
- Modificate le abitudini quotidiane associate al fumo di sigaretta
- Effettuate azioni “diversive” rispetto al bisogno impellente di fumare (masticare qualcosa ad es.)
- Autoconvincetevi della bontà e della finalità dell’azione intrapresa per tutte le conseguenze positive in grado di determinare