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Geologi di Basilicata: “presidi territoriali come mezzo di contrasto al dissesto idrogeologico”

Si è svolto un nuovo appuntamento con l’attualità geologica organizzato dall’Ordine dei Geologi di Basilicata, dall’EFMEA, dall’Ordine degli Ingegneri e dal Collegio dei Geometri di Potenza sulla “Protezione del territorio: Tecniche di prevenzione del dissesto idrogeologico e sistemazioni fluviali”. Alla luce delle recenti evoluzioni della materia, si è focalizzata l’attenzione sulla corretta progettazione di opere di sostegno a basso impatto ambientale e rinforzo dei terreni con scarse capacità portanti. Si è discusso delle tecniche d’intervento ed opere a basso impatto ambientale, dei modelli di calcolo, degli aspetti costruttivi e delle normative nazionali. Una corretta gestione del territorio passa inevitabilmente dall’abbinamento di competenze di natura tecnica, giuridica, amministrativa e scientifica.

La Regione Basilicata è una delle regioni italiane a più alto rischio idrogeologico. Gli ultimi studi (Progetto IFFI – Dipartimento Ambiente Regione Basilicata 2016) hanno censito circa 8711 frane presenti sul nostro territorio di cui, in riferimento allo stato di attività e cinematica, 3523 frane attive (41%), 1427 quiescenti (43%) e 3761 inattive (16%). Per quanto riguarda la classificazione e tipologia dei fenomeni franosi il 30.82% è rappresentato da colate lente, lo 0.2% da colate rapide, il 7% da scorrimenti, il 3.6% da crolli, il 2% da frane complesse e la restante parte da fenomeni superficiali diffusi tipo creep.

In tale contesto, date le caratteristiche geologiche, geomorfologiche ed idrogeologiche del territorio e la molteplicità tipologica dei fenomeni franosi, la Regione Basilicata può essere considerata un vero e proprio laboratorio naturale dove testare tecniche d’intervento innovative attraverso l’impiego di materiali ad alta tecnologia. Le proprietà di questi materiali permettono la loro applicazione su diverse problematiche grazie alla loro resistenza dei materiali e caratteristiche tecniche, alla possibilità di associare materiali inorganici a sostanze vegetali naturali, alla facilità di posa e messa in opera.

Oggi è riconosciuto il giusto rilievo e la legittima importanza alla vasta gamma di prodotti innovativi presenti sul mercato, inserendoli e tenendone conto già nelle prime fasi progettuali. Chiaramente il loro utilizzo non può prescindere da una corretta definizione del modello geologico-tecnico del sottosuolo, basato su indagini, prove dirette e indirette, rilievi, analisi di laboratorio, ecc. Ad esempio non è possibile progettare delle terre armate su un’area in frana senza conoscere le caratteristiche geometriche del corpo di frana, senza un rilievo geomorfologico di dettaglio, senza conoscere le spinte in gioco, le caratteristiche geotecniche e litostratigrafiche dei terreni di fondazione, senza una valutazione areale della pericolosità geologica del sito e dell’interazione del versante con l’opera prevista.

Parlare di progettazione e di dissesto idrogeologico in questo periodo significa parlare della piattaforma RENDIS, progetto di un “Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo (ReNDiS)” che l’ISPRA svolge, per conto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, sull’attuazione di Piani e programmi di interventi urgenti per la mitigazione del rischio idrogeologico finanziati dal Ministero stesso.

In questi giorni il Dipartimento Infrastrutture della Regione Basilicata sta chiudendo la revisione dei progetti inseriti nella piattaforma RENDIS per un totale di circa 580 progetti solo in minima parte esecutivi.

A tal proposito, la riattivazione da parte della Regione del “Fondo rotativo per la progettazione” destinato alle amministrazioni locali previsto nell’art.50 della L.R. n.5 del 2015 e approvata con DGR 1158 del 2015 è una delle priorità principali che permetterebbe ai comuni di dotarsi di un parco progetti mirato alla mitigazione del rischio idrogeologico.

Importante, inoltre, è la ripresa della L.R. 23 del 2005 sul Comitato Regionale per la valorizzazione delle Ordini, Collegi e Associazioni Professionali in molti casi ancora distanti dalle decisioni e dal supporto che la consulta può dare sui temi inerenti l’uso e la salvaguardia del territorio.

Gli ultimi eventi calamitosi che hanno colpito la Regione Basilicata (es. alluvione meta pontino 2011/2013) e l’Italia intera (es. Sisma Italia Centrale) hanno evidenziato l’importanza della figura del Geologo e più in generale del libero professionista nelle attività di supporto alla Protezione Civile locale e nazionale.

L’attivazione dei Presidi Territoriali  come mezzo di contrasto al dissesto idrogeologico attraverso l’impiego di geologi (e non solo) per una lotta preventiva al dissesto idrogeologico e idraulico, come coadiuvante alle azioni di Protezione Civile sia in “tempo di pace” che in “fase di emergenza”.

Agli interventi strutturali di mitigazione del rischio idrogeologico, vanno affiancati quindi, interventi non strutturali, tanto più importanti quanto minori sono i fondi a disposizione per il risanamento di aree in dissesto.

L’attivazione dei presidi territoriali permetterebbe alle amministrazioni locali di gestire in maniera diversa le criticità di allertamento regionale per il rischio idrogeologico, idraulico e relativi scenari di evento così come previsto nella Legge n.100 del 2012 inviate dalla Protezione Civile Regionale.

La proposta dei presidi territoriali, costituiti da gruppi di tecnici qualificati, va proprio in questa direzione, sorvegliare il territorio come delle vere e proprie “sentinelle” interfacciandosi direttamente con l’Amministrazione Comunale e con la Sala Operativa Regionale.

Gli Ordini sono parte attiva di un sistema che pone il professionista nel ruolo di intermediario tra la componente politica ed il cittadino interpretando a pieno il ruolo sociale che deve svolgere un ordine professionale come contributo concreto alle azioni di governance che devono attuare le autorità di governo regionale.

Il grido di allarme è forte, bisogna intraprendere misure atte a prevenire eventuali calamità per mettere in sicurezza il territorio. Le conseguenze dei cambiamenti climatici, unite all’eccessiva antropizzazione del suolo necessitano di una pianificazione delle politiche territoriali finalizzata alla mitigazione del rischio idrogeologico. Questo è importante per evitare che ci siano conseguenze, non solo strutturali, ma soprattutto di vite umane.

 

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