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Don Marcello Cozzi sull’inchiesta sanitaria: “il peggiore reato di cui la politica possa macchiarsi è l’attentato alla speranza”

“Finirà magari come dieci anni fa, ai tempi di Toghe lucane. O forse come le tante altre grandi inchieste che almeno negli ultimi quindici anni hanno coinvolto la politica lucana. Scopriremo alla fine di esserci ritrovati dinanzi all’ennesima cantonata della magistratura, l’ennesima bufala giudiziaria, l’ennesima tempesta in un bicchiere d’acqua. Nessun comitato di affari, nessun centro di potere, nessun sistema occulto. Arriverà magari, alla fine, un giudice che dirà che è stata tutta una bolla di sapone, e tutto sarà archiviato, o forse andrà in prescrizione prima. E poi sarà tutto dimenticato. E tutto ricomincerà come prima, come se nulla fosse successo, come se quei fatti non fossero accaduti, come se quelle telefonate non ci fossero mai state, come se quei pizzini non fossero mai circolati di mano in mano, come se quei nomi non li avessimo mai letti”. Così don Marcello Cozzi, componente della segreteria nazionale di Libera.

“Ecco, questo è il punto. Al di là dei rilievi penali sui quali saranno le autorità competenti a doversi pronunciare, quello che ci interessa di questa storia non è solo il finale giudiziario, ma piuttosto quale lezione ne vorranno trarre i lucani.

Perché ci ritroviamo per l’ennesima volta dinanzi alla rappresentazione più decadente e deprimente di una politica esercitata non come servizio al bene di tutti ma come attività per interessi di pochi; un sistema di potere che è diventato cultura; una logica clientelare come fosse una sorta di ammortizzatore sociale; scorciatoie per privilegiare pochi che diventano normalità a danno di tanti; ma anche la legittima richiesta di un posto di lavoro che viene trasformata in grimaldello per ottenere consenso politico. Insomma, per dirla con Papa Francesco: “il dramma di una politica focalizzata sui risultati immediati”, per diventare essa stessa “responsabile del proprio discredito a causa della corruzione e della mancanza di buone politiche pubbliche”. E poi, come se non bastasse, ancora una volta alcuni stessi nomi di sempre ad esercitare il proprio ruolo al servizio dello Stato come se la cosa pubblica fosse cosa propria, come se il proprio ruolo fosse zona franca da ogni responsabilità, come se ci si fosse autoinvestiti in proprio di una immunità a vita: tanto la giustizia non li toccherà mai!

Noi non sappiamo se un giudice domani riscontrerà delle responsabilità penali nei comportamenti degli indagati, ci sembra però di intravvedere fra le innumerevoli carte di questa storia un reato che nessun codice penale contempla: un attentato alla speranza, che in tempi come questi di rassegnazione sociale e di depressione culturale, e di tanta gente che cerca disperatamente punti di riferimento che incoraggino ad andare avanti nonostante tutto, è il peggior reato del quale certa politica si possa macchiare.

E del quale il tribunale della storia ne terrà conto. Sempre che i lucani lo vogliano”.

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