Lavoro

Da Confesercenti allarme per aumento Iva: costerebbe in media 264 euro in più ad ogni famiglia lucana

L’aumento automatico dell’Iva potrebbe costare, in media, 264 euro in più alle famiglie lucane che hanno una spesa media annuale pari a 19.620 euro. La simulazione – effettuata dal Sole 24 Ore  – che parte dalle rilevazioni dell’Istat sulla spesa delle famiglie e considera l’impatto del doppio incremento programmato dal prossimo 1° gennaio (dal 10 all’11,5% per l’aliquota intermedia e dal 22 al 24,2% per quella ordinaria) rafforza la richiesta di Confesercenti: scongiurare gli aumenti Iva.

Lo sostiene Giorgio Lamorgese, presidente di Confesercenti Potenza che aggiunge: se dovessero effettivamente scattare, gli aumenti IVA imposti dalle clausole di salvaguardia avrebbero un grave impatto sui consumi, portandoci a perdere nel corso del prossimo triennio circa 885 euro a famiglia. Uno stop alla domanda interna che farebbe rallentare anche il Pil, con una riduzione di 1,1 punti della crescita stimata del prodotto interno lordo tra il 2019 ed il 2021. Una prospettiva allarmante, ma che non sembra troppo lontana: il primo passo per disinnescare le clausole, infatti, è inserire la previsione di un intervento di sterilizzazione già nel prossimo Def, il documento di economia e finanze.

Le stime sull’impatto della misura arrivano da una simulazione condotta da Confesercenti a partire dagli aumenti automatici dell’IVA previsti dalle clausole di salvaguardia a partire dal 2019: 1,5 punti in più per l’aliquota ridotta, che passerebbe dal 10 all’11,5%, e 2,2 punti aggiuntivi per quella ordinaria, che salirebbe dal 22 al 24,2%.

Le conseguenze sulla crescita della nostra economia sarebbero significative. In particolare, sulla base delle relazioni storiche si stima una riduzione della crescita in termini di Pil pari allo 0,3 nel 2019 e dello 0,4% nel 2020 e nel 2021, legata in prevalenza all’incidenza della misura sull’inflazione e sui consumi delle famiglie. L’impatto atteso sui prezzi, infatti, è di un aumento dello 0,6% già nel 2019 e dello 0,7% per entrambi gli anni successivi, per i beni di largo consumo ma anche per prodotti e servizi turistici. Una stangata che secondo le nostre analisi si trasformerebbe quasi del tutto in contrazione degli acquisti, con un effetto immediato e crescente sui consumi, che perderebbero mezzo punto già nel 2019 per arrivare a perdere quasi un punto (-0,9) nel 2021. Anche l’entità del saldo di bilancio risulterebbe ridimensionata dalla frenata generata dagli aumenti IVA.

 “L’aumento dell’IVA rischia di portare ad uno stop della fragile ripresa italiana, già data in indebolimento nei prossimi anni: per questo riteniamo che sia prioritario trovare una soluzione che eviti ulteriori stangate, per quanto costosa”, spiega Mauro Bussoni, Segretario Generale di Confesercenti. “Accantonata la sfida del voto, le forze politiche dovranno quanto prima confrontarsi con gli impegni assunti di fronte all’elettorato, ma prima ancora dovranno riflettere sulla situazione esistente. La pressione fiscale sui consumi, tra IVA, accise, bolli e quant’altro, in Italia è già molto alta. Alzare ancora il livello di imposizione porterebbe inevitabilmente ad un ulteriore frenata, lasciando sul campo, secondo le nostre stime, circa 10mila imprese del commercio, ancora in difficoltà per l’onda lunga della grande crisi. Serve una scelta politica condivisa per eliminare, una volta per tutte, questa spada di Damocle che pende sull’economia e ipoteca le leggi di Bilancio fin dal 2011”.

E aggiunge Lamorgese la Basilicata è decisamente in controtendenza per l’apertura di nuove partite Iva nel 2017: secondo i dati del Centro Studi Confesercenti su rielaborazione del Mef-Dipartimento Finanze le nuove partite Iva lucane lo scorso anno sono state 4.582 di cui 3.554 di persone fisiche, 1.066 di società di capitali e 232 di società di gestione con un decremento dell’8,3% rispetto al 2016 che risulta il più elevato tra le regioni italiane. I dati – commenta il  presidente Confesercenti Potenza – dimostrano le evidenti difficoltà a fare impresa. Per questo tra le nostre dieci proposte per il nuovo Governo del Paese ci sono alcune misure che riteniamo indispensabili ed urgenti.  La decontribuzione per i giovani è incontestabile, ma la limitazione basata sull’età, per quanto utile a contrastare il blocco all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro creato dall’innalzamento dell’età pensionabile, crea una frattura generazionale. Va previsto un ulteriore adeguamento della franchigia IRAP attualmente spettante alle piccole imprese, elevando l’importo. In tal modo, seppur indirettamente, le attività di ridottissime dimensioni verrebbero, di fatto, esentate dal tributo. Da introdurre un sistema efficace che permetta l’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro, favorendo l’uscita dei lavoratori più anziani particolarmente necessaria per le PMI.  Sempre nell’ottica della salvaguardia delle imprese di vicinato – essenziali non solo per la nostra economia e per l’attrattività turistica delle nostre città, ma anche per la qualità della vita e la sicurezza dei territori – occorre estendere a tutte le attività di vicinato mononegozio con fatturato annuale al di sotto dei 150mila euro il credito di imposta fino a 20mila euro su Imu, Tasi, Tari e sull’eventuale affitto già approvato per le librerie indipendenti.

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