“Per ricevere a domicilio le prestazioni degli infermieri le famiglie italiane spendono, di tasca propria, 6 miliardi e 200 milioni di euro all’anno e questo la dice lunga sulla capacità del sistema sanitario nazionale di provvedere a nuovi e vecchi bisogni di salute dei cittadini”.
A sostenerlo è Michele Napoli, Presidente del Gruppo Consiliare Forza Italia di Basilicata, in merito a quanto emerge da una ricerca del Censis sul “ mercato delle prestazioni infermieristiche private “presentata oggi a Roma.
“Le prestazioni”, precisa Napoli,” riguardano soprattutto prelievi del sangue, iniezioni, medicazioni, flebo ed attività di assistenza notturna, cioè quei servizi che in condizioni normali dovrebbero essere erogati nell’ambito della dimensione territoriale dell’assistenza sanitaria e che gli italiani sono costretti a procurarsi da soli, testimonianza eloquente di un modello sanitario universalistico che è tale solo sulla carta”.
“Lo studio del Censis” aggiunge l’esponente di Forza Italia, accanto alle suddette gravi criticità contiene anche elementi positivi, rappresentati dalla grande fiducia che tutti gli italiani, senza distinzioni tra Nord e Sud, ripongono in quanti esercitano la professione infermieristica, a giusta ragione considerati dagli utenti i veri protagonisti dell’assistenza sanitaria.
“I dati del report Censis”, per Napoli,” sottolineano la necessità da parte delle istituzioni di dare risposte concrete alle dinamiche di progressivo invecchiamento della popolazione e di crescente cronicizzazione delle patologie perché se l’evoluzione sanitaria esige che quanti sono affetti da asma, broncopneumopatia, diabete, cardiopatia ischemica, demenza senile o da malattie reumatiche siano curati con l’assistenza residenziale o semiresidenziale piuttosto che con quella ospedaliera, occorre che tali servizi siano resi effettivi”.
Esattamente quello che a tutt’oggi non può dirsi ancora realizzato in Basilicata, dove, a fronte della riorganizzazione dei servizi ospedalieri, stenta a decollare la dimensione territoriale dell’assistenza, perché non si investe nelle risorse umane, cioè medici ed infermieri, vero fattore di crescita del sistema sanitario lucano