Lavoro

Confcommercio: Nel dettaglio alimentare sempre meno imprese riescono a pagare le tasse


Nel dettaglio alimentare sempre meno imprese riescono a pagare le tasse: è l’indicazione che emerge dalla ricerca realizzata da Fida-Confcommercio (Federazione Italiana Dettaglianti dell’Alimentazione) che si dice fortemente preoccupata per il presente e il futuro delle botteghe alimentari dei piccoli comuni lucani. Il 6,7% delle imprese del dettaglio alimentare ha registrato un incremento dello scontrino medio nel secondo semestre 2016 rispetto al primo semestre 2016; il 10,9% delle imprese dello stesso settore ha registrato un incremento del numero di accessi nel secondo semestre 2016 rispetto al primo semestre 2016. Ma – evidenzia la ricerca – sono i prodotti in offerta a tirare il leggerissimo incremento di fatturato che si ferma ai due capoluoghi e a pochissimi altri centri medi, mentre la tendenza è negativa nei piccoli paesi. Ancora, i titolari delle imprese del dettaglio alimentare faticano a ricevere il credito del quale hanno bisogno da parte delle banche; negli ultimi mesi del 2016 quelle che lo hanno ricevuto senza problemi sono state solo il 38,0%.  Resta una parte di imprenditori (il 56%) che si dice preoccupato per il futuro del Paese, con una pressione fiscale che non diminuisce.  Tanto che il numero delle imprese che ha avuto problemi nel pagare le tasse è aumentato (1,8% rispetto a sei mesi fa), mentre il 35,4% è riuscito a pagarle con molta difficoltà: si tratta in prevalenza di piccole imprese attive nel Mezzogiorno. “I dati emersi non ci consentono di tirare quel respiro di sollievo che le nostre imprese stanno aspettando – commenta la presidente della Fida, Donatella Prampolini Manzini – anche se abbiamo osservato un leggere innalzamento dei consumi che però rimangono sotto la soglia di espansione anche per effetto di una modifica strutturale delle abitudini dei consumatori. Dopo questi dati ribadiamo la richiesta di scongiurare l’aumento dell’Iva, perché porterebbe a un blocco dei consumi”.

“Il dato incoraggiante – evidenzia Fausto De Mare, presidente Confcommercio Imprese Italia Potenza – è che quattro imprese del commercio al dettaglio alimentare su dieci ritengono che, da qui a 20 anni, i negozi tradizionali continueranno a ricoprire il medesimo ruolo rappresentato oggi. Il  comparto – aggiunge  –  ha un compito strategico da svolgere specie nei piccoli comuni dove il negozio “generi alimentari” è in troppi casi l’unico esercizio di approvvigionamento alimentare, oltre che per la casa e per la persona. Si pensi all’indispensabile servizio per gli anziani che solo la bottega di quartiere, tra l’altro presidio di centri storici in forte degrado, può garantire. Questo grazie all’orgoglio di tanti alimentaristi ancora oggi la spina dorsale del commercio, un format destinato a restare un solido punto di riferimento per piccoli e grandi centri urbani o rurali”.

In Basilicata  la maggior parte dei negozianti che hanno chiuso negli ultimi cinque anni non si era specializzata, ma soprattutto Confcommercio punta il dito contro la liberalizzazione delle licenze che ha portato sul mercato poca professionalità, contro la liberalizzazione degli orari che non consente ai piccoli punti di vendita di alimentari di competere con la grande distribuzione e altera la concorrenza, oltre a calpestare diritti che con generazioni di commercianti avevano ottenuto. Chi ha resistito lo ha fatto con la professionalizzazione del personale, la specializzazione di prodotto e di servizio, l’innovazione; e tanto tanto tanto sacrificio.

“Per questo – dice De Mare – sollecitiamo l’Anci a farsi carico del presente-futuro delle attività commerciali al pari di ogni altro servizio essenziale per la vita dei cittadini. Oggi  sopravvive nei piccoli comuni chi è più veloce, semplice, flessibile. Per noi il dettaglio alimentare è un servizio del, per e sul territorio, di cui difende le differenti tipicità, promuove le produzioni locali, moltiplica gli effetti sui laboratori artigiani come quelli lattiero-caseari, pastifici, ecc., favorisce l’attrattività turistica come leva per lo sviluppo dell’economia locale, con importanti implicazioni legate all’identità sociale, alla vivibilità e alla qualità dei territori”.

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