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Combattere l’invecchiamento: in arrivo una pillola che ci permetterebbe di allungare la vita?


Come raccontato sulle pagine di Science, un équipe di ricercatori  coordinata da David Sinclair, ha identificato i processi molecolari che consentono alle cellule di riparare i danni al dna causati, per l’appunto, da invecchiamento e radiazioni. Un secondo équipe di scienziati dello Erasmus University Medical Center, in Olanda, che hanno messo a punto – e testato con successo su topi da laboratorio – un trattamento in grado di indurre al suicidio le cellule anziane. I dettagli della scoperta sono stati pubblicati sulla rivista Cell.

 Un meccanico per il dna
Cominciamo dallo studio pubblicato su Science: gli autori del lavoro hanno condotto una serie di esperimenti su topi identificando un passaggio cruciale nel processo molecolare che permette alle cellule di riparare il dna danneggiato da invecchiamento e radiazioni. Le cellule del corpo, infatti, hanno la capacità innata di riparare il dna – lo fanno, per esempio, ogni volta che ci esponiamo al sole – ma tale caratteristica declina con l’avanzare dell’età: l’équipe di Sinclair ha scoperto che un metabolita, il Nad+, gioca un ruolo fondamentale nell’intero processo.

I topi trattati con un precursore del Nad+, infatti, hanno mostrato una capacità superiore rispetto agli altri nel riparare i danni al dna causati da esposizione a radiazioni o invecchiamento.

 “Le cellule dei topi vecchi”, ha detto Sinclair, “sono risultate, dopo una sola settimana di trattamento, pressoché indistinguibili da quelle dei topi giovani. Riteniamo di essere veramente vicini a un farmaco anti-invecchiamento efficace e sicuro. Se i prossimi esperimenti dovessero andare bene, il farmaco potrebbe arrivare sul mercato già tra cinque anni”. Perfino la Nasa si è detta interessata alla ricerca, soprattutto in vista di future missioni umane su Marte, quando si renderà necessario proteggere gli astronauti dalle radiazioni nocive dello Spazio.

Cellule anziane addio
Gli autori dello studio pubblicato su Cell, invece, hanno seguito un altro approccio, studiando i meccanismi con cui il corpo si sbarazza delle cellule senescenti, quelle che hanno smesso di riprodursi. Tali cellule si accumulano con l’invecchiamento, giocano un ruolo importante nella guarigione dalle ferite e nell’arresto dei tumori e rilasciano sostanze chimiche che provocano infiammazioni dei tessuti. I ricercatori, coordinati da Peter de Keizer, hanno messo a punto un farmaco – un peptide – che induce selettivamente al suicidio tali cellule, agendo sul bilancio delle sostanze presenti al loro interno.

Il trattamento è stato testato su diversi gruppi di topi di laboratorio: il primo costituito da animali anziani (con un’età equivalente a novant’anni umani), il secondo composto da animali geneticamente modificati in modo da invecchiare molto rapidamente e il terzo da animali invecchiati precocemente per effetto di chemioterapia. E i risultati sembrano essere incoraggianti: in diversi animali si è osservato infatti un recupero delle funzioni epatiche (che tendono a declinare con l’invecchiamento) e il raddoppiamento della distanza percorsa correndo sulla ruota. Keizer, comunque, ha ammesso di aver osservato anche effetti meno significativi, il che suggerisce che il trattamento debba ancora essere perfezionato, e di non aver osservato effetti collaterali, “anche se va detto che i topi non possono parlare”.

FONTE SANDRO IANNACCONE WIRED.IT

FOTO COPERTINA DI GETTY IMAGES

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