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Cia: anno nuovo all’insegna del problema antico (cambiamento climatico)


Il nuovo anno si apre (anche per effetto delle intense piogge di stagione) all’insegna del problema antico del cambiamento climatico che, secondo gli esperti, fra il 2030 e il 2040 aumenterà la probabilità di danni da ondate di calore dal 5% del 1990 sino al 49,5%, provocando una riduzione del reddito netto medio per alcune tipologie di aziende agricole-zootecniche tra il 5% e il 13%, superiore ai margini economici di sostenibilità dell’impresa. Per cui è necessario, in particolare, migliorare l’interconnessione tra ricerca, imprese agricole e politica che vadano tutte nella stessa direzione”.

Per la Cia-Agricoltori Italiani “serve una strategia unitaria, gli agricoltori hanno piena consapevolezza dei cambiamenti climatici, quello che non hanno sono risposte. E se i dati del 2017 parlano dell’anno più secco degli ultimi due secoli con danni stimati pari a circa 2 miliardi di euro gran parte dovuti alla siccità, solo in ottobre sono mancati in Italia 19 miliardi di metri cubi di acqua piovana. L’impatto del cambiamento climatico in agricoltura non può essere facilmente generalizzato. Alcune produzioni – spiega la Cia – sono calate, altre migliorate in qualità e diminuite in quantità (uva da vino), altre migliorate in qualità e quantità (olivo da olio). In ogni situazione c’è chi vince e chi perde. Ma complessivamente il sistema perde, soprattutto quando c’è una forte specializzazione delle produzioni in pochi distretti. Mancano interventi strutturali da parte degli agricoltori e per questo dobbiamo aiutarli con strumenti tecnologici e modellistici previsionali nuovi”.

In prima linea per mettere un freno allo sterminio dei boschi, autentiche miniere di sviluppo sostenibile, sono gli agricoltori: sono loro, infatti, a svolgere “da sempre un ruolo essenziale – spiega la Cia – nella protezione di queste straordinarie fonti di ossigeno e di biodiversità, fungendo da ‘guardiani’ delle attività antropiche e valorizzando così il ruolo degli alberi come regolatori degli ecosistemi”. Ma il settore primario offre un altro aiuto alla lotta ai cambiamenti climatici. “Dagli scarti di agricoltura e allevamento si ricavano ogni anno 20 milioni di tonnellate di biomasse legnose, destinate alla produzione di energia termica o elettrica a impatto zero – ricorda la Cia – Questa scelta ha fatto risparmiare all’ambiente 24 milioni di tonnellate di CO2, una quantità pari all’anidride carbonica emessa da 4 milioni di automobili a benzina che fanno il giro completo della Terra. Ma si deve fare di più per sviluppare ulteriormente un settore che, con un fatturato di oltre 6 miliardi di euro l’anno, da solo vale la metà del giro d’affari dell’intero comparto delle rinnovabili, confermandosi così non solo ‘a emissioni zero’, ma anche economicamente competitivo”.

Sono argomenti affrontati a Tricarico nell’evento a 40 anni da Borgo Taccone e contenuti nella Carta di Tricarico con al centro la tutela del reddito dei produttori di fronte alle crisi di mercato o legate alle calamità naturali e ai cambiamenti climatici, e il ruolo della cooperazione agricola nella gestione delle migrazioni. Le crisi di settore che stiamo vivendo non sono più dovute solo al mercato, ma anche ai fenomeni naturali, come i terremoti, e i cambiamenti climatici. Questo impone una riflessione e spinge i Governi ad agire da subito per fornire strumenti concreti agli agricoltori e tutelare il loro reddito in tutto il mondo. È il momento delle risposte.

Gli agricoltori lo sanno bene. I cambiamenti climatici richiedono nuovi strumenti di gestione del rischio e cresce la necessità di assicurarsi contro allagamenti, bombe d’acqua, frane e siccità. Tutti eventi che mettono in pericolo le aziende, come anche le case, i musei, gli ospedali, e che riportano in primo piano una vecchia professione oggi super richiesta. Quella dell’attuario. Gli attuari infatti, da vocabolario, si occupano di determinare l’andamento futuro di variabili demografiche ed economico-finanziarie, cercando di anticipare la realtà del domani. Attualmente in Italia ce ne sono appena mille. Nel mondo stanno superando le 100 mila unità, di cui 23mila solo in Europa. Ma sono numeri destinati ad aumentare, così come le assicurazioni per proteggersi dalle calamità naturali.

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