La Regione dovrebbe incassare per le royalties del petrolio, al 2021, circa mezzo miliardo di euro, anche in previsione dell’entrata in funzione di Tempa Rossa (Total), a cui dovrebbero aggiungersi fondi straordinari come i 39 milioni di euro da Eni per “sanare” quello che è stato un disastro ambientale di proporzioni incalcolabili anche sull’immagine della Basilicata e sulle sue produzioni di qualità. Non c’è cifra che possa compensare quanto ha provocato lo sversamento di petrolio a Viggiano.
Ma soprattutto non è possibile, come accade per le royalties annuali, continuare a sprecare queste cospicue risorse per sanare i bilanci di qualche ente come l’Arpab che non ha certo brillato di efficienza nel dare risultati di analisi in contrasto con quelli di altri enti e strutture o per finanziare progetti all’Unibas per corsi di laurea con pochi studenti come ad esempio Geologia, o venire incontro al dissesto finanziario di alcuni Comuni o tappare buchi di bilancio regionale, nonostante osservazioni e richiami venuti nel corso degli anni dalla Corte dei Conti.
Come per le risorse derivanti dalle royalties “ordinarie” (7% più 3%) anche queste “straordinarie” (39 milioni) devono essere gestite per creare innanzitutto sviluppo ed occupazione. Non si deve sottovalutare ancora che la nostra prima vera emergenza è la disoccupazione. Bisogna quindi far diventare la nostra regione attrattiva per le imprese, favorendo localizzazioni ed investimenti, investendo sulle infrastrutture, riducendo le spese per approvvigionamento energetico e attraverso lo snellimento burocratico.
La verità è che durante l’intera legislatura non si è voluto definire criteri e modalità per l’impiego delle royalties diversi dal passato. Al di là di buoni propositi, ripetuti periodicamente, non è avvenuta nessuna discontinuità con la tradizionale gestione all’insegna della polverizzazione di queste risorse.
Non si è voluto accogliere la mia proposta che risale al 2014: modificare la legge regionale 40/95 e quelle successive (LR 40/1999 e LR 18/97) per l’utilizzo dell’aliquota relativa all’estrazione petrolifera dai giacimenti in Val D’Agri che individuano, attraverso la tabella “A”, i comuni beneficiari ricadenti nel comprensorio della Val d’Agri e successivamente ne hanno ampliato il numero con l’inserimento di pochi altri “fortunati”. La questione è di grande attualità e non può essere più considerata un tabù da non infrangere, magari solo per non scontentare alcuni sindaci. I risultati sono evidenti a partire dal mancato controllo dell’impatto delle attività petrolifere sul territorio, l’ambiente e la salute dei cittadini, mentre è prioritario pensare all’uso più efficace ed equo delle royalties da tradurre in posti di lavoro, opere infrastrutturali e progetti concreti di sviluppo, specie turistico, agricolo e agro-industriale.
Solo in questo modo i lucani dei nostri 131 Comuni avranno una percezione della questione petrolio sicuramente non negativa. E allora rinnovo la sollecitazione a mettere da parte ogni ipocrisia e a trovare il coraggio di affrontare la questione nella consapevolezza, ampiamente diffusa tra le nostre popolazioni, che la normativa sulle royalties è nata male ed applicata peggio, tanto che ha generato un comportamento discriminatorio non solo fra i Comuni dalla Val d’ Agri ma anche e soprattutto rispetto al restante territorio Lucano che pure, come dimostra la questione ambientale della Valbasento, tuttora irrisolta, continua a pagare gli effetti negativi della produzione petrolifera senza alcun beneficio diretto o indiretto.