Primo PianoPetrolio in Val d'Agri e Valle del Sauro

Dobbiamo fidarci dell’impianto mobile di trattamento delle acque al COVA di Viggiano?


Da qualche giorno l’attività del COVA di Viggiano è sospesa. Per i prossimi tre mesi, quindi, l’attività di estrazione sarà anch’essa ferma a causa dello stop imposto all’Eni dalla Regione Basilicata. Però da molti giorni, centinaia di mc di acqua inquinata da petrolio e metalli pesanti e, forse anche da materiali radioattivi, vengono emunte dal sottosuolo dell’area industriale per fronteggiare la contaminazione da icrocarburi che si è spinta fino alla strada SS 958 e più precisamente fino alla “Fossa del Lupo”.

Le acque di produzione associate all’estrazione degli idrocarburi sono oggi gestite presso il COVA, cui affluiscono insieme all’olio e al gas direttamente dai pozzi. Qui vengono separate con processi fisici dagli idrocarburi e destinate alla reiniezione nella formazione geologica di provenienza. In seguito vengono trasportate con l’ausilio di autobotti negli impianti di trattamento e bonifica, previa la caratterizzazione.

Oggi, alla luce dei fatti, sarebbe di grande importanza conoscere quali sono le quantità estratte e trasportate ed è molto importante sapere quali sono i centri di trattamento presso cui queste ingenti quantità di liquidi pericolosi vengono portati.

Da ieri, per fronteggiare l’emergenza di questi giorni, è stato installato, ma non ancora in funzione, l’impianto mobile della Syndial, arrivato tre giorni fa dalla Sardegna, per il trattamento delle acque di scolo emunte, ormai ininterrottamente da circa un mese.

Eni sul suo sito internet, in un articolo pubblicato ad aprile 2106, scrive: che il ruolo della tecnologia e della ricerca nel settore energetico è anche quello di trovare metodologie atte a ridurre il consumo di acqua. Da una ricerca congiunta tra eni E&P e Syndial – società del gruppo Eni specializzata nel trattamento delle acque – è stato messo a punto un processo di trattamento innovativo delle acque di produzione che porta a un loro riutilizzo per scopi industriali. Allo scopo, è stato progettato e realizzato un impianto pilota mobile e modulare, costituito da più unità di piccole dimensioni assemblabili. Gli elementi acquisiti dal progetto pilota consentiranno di verificare il funzionamento della tecnologia e di valutare lo sviluppo di una progettazione esecutiva su scala industriale per la realizzazione di un impianto fisso di trattamento delle acque di produzione del COVA. L’impianto, della capacità di 100 m3/h, permetterà in futuro la totale autosufficienza idrica delle attività di Eni nel territorio della Val d’Agri. Qualora il test in corso confermasse la validità della tecnologia messa in campo, il COVA potrà porsi a breve termine l’obiettivo di reintegrare il 100% delle risorse idriche utilizzate nel proprio ciclo produttivo. Quindi gli elementi acquisiti dal progetto pilota consentiranno di verificare il funzionamento della tecnologia e di valutare lo sviluppo di una progettazione esecutiva su scala industriale per la realizzazione di un impianto fisso di trattamento delle acque di produzione del COVA.

La sperimentazione non si è potuta condurre in Basilicata perché la Regione ed il Comune di Grumento Nova, nel maggio 2014, ha posto il veto all’impianto pilota che, invece, ha trovato via libera nelle Marche e che sembra abbia dato, secondo Eni, i risultati attesi.

A questo punto vengono spontanee alcune domande: Chissà se questo test ha dato veramente esiti positivi? Chi c’è lo assicura l’Eni? Ci fidiamo più dell’Eni?

Chi ha autorizzato la messa in esercizio di tale impianto?

E poi: Siamo sicuri che tra qualche mese, dopo aver immesso nel depuratore ASI le acque trattate dall’impianto e successivamente scaricate nel fiume Agri e quindi nel Pertusillo non succeda più niente di grazie dal punto di vista ambientale?

Non vorremo assolutamente che tra un pò di tempo, qualcuno sollevi un problema di cattivo funzionamento di questo Impianto mobile, che per colpa di una sostanza velenosa sconosciuta e non trattata da questo impianto, si assisterà ad un vera contaminazione ambientale dell’Agri e del Pertusillo.

A riguardo di tale progetto, sulla sua pagina Facebook interviene l’ingegnere nucleare, Antonio Alberti che spiega in poche righe quali sono le criticità di questo tipo di operazione “dove si fanno trattamenti fisici e chimici, usando sostanze chimiche molto pericolose, tra cui acido cloridrico e solforico molto concentrati e soda caustica, esiste il rischio di inquinamento per incidente o all’impianto o ai mezzi che trasportano tali sostanze”.

L’impianto – aggiunge Alberti – produrrà una notevole quantità di rifiuti concentrati, pericolosi e tossici, che dovranno a loro volta essere trasportati presso idonei centri di smaltimento e pertanto la pericolosità per l’ambiente e per le persone, in caso di incidente, diventa 100 volte maggiore rispetto al trasporto dei liquidi pericolosi estratti durante la bonifica ambientale”.

Chiediamo quindi ad Eni: Perché Eni ha voluto portare questo Impianto mobile in Val d’Agri e non continuare a trasportare le acque inquinate agli Impianti autorizzati di trattamento con l’ausilio di autobotti?

L’unica risposta che ha noi viene in mente è quella del risparmio economico. Però crediamo che la salute dei cittadini della Val d’Agri venga prima del dio denaro.

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